La maggioranza dei parlamentari ripete da giorni il medesimo concetto: ribadiamo il nostro sostegno a Kiev, ma senza l’invio di truppe
Di: Andrea Panziera
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La stragrande maggioranza dei parlamentari italiani e, credo, di quelli degli altri Paesi dell’Unione Europea ripete da giorni come un mantra il medesimo concetto: ribadiamo il nostro sostegno al fianco di Kiev, ma senza arrivare all’invio diretto di truppe. Segue la quasi comune denuncia delle “elezioni farsa”, in cui tutti i potenziali candidati avversari di Putin, sono stati preventivamente silenziati, con le buone ma soprattutto con le cattive. La nostra Premier, nel corso di una delle ultime sedute tenute al Senato ha testualmente dichiarato: “Approfitto di questa occasione per ribadire, come fatto ampiamente dal ministro Tajani, che la nostra posizione non è favorevole in alcun modo” all’ipotesi di un intervento diretto di truppe di Paesi Ue in Ucraina, poiché potrebbe essere “foriera di una escalation pericolosa da evitare ad ogni costo”. “Spero che il Parlamento sia compatto nel rispondere con noi sul punto”. Un esponente del suo partito si è spinto molto più in là, affermando che “la pace non si fa alzando la bandiera bianca anche se lo dice un Papa; io ricordo un altro Papa, il quale diceva invece che la patria si difende in tutti i modi e anche imbracciando i fucili. Questo è un santo, papa Giovanni Paolo II, e lo diceva per la sua Polonia”. Ed ha aggiunto che ” non si fa nemmeno, ipotizzando interventi militari per i pruriti muscolari di uno che si presenta piuttosto femmineo e mi capite di chi parlo”. Il riferimento, invero sgrammaticato e decisamente fuori luogo, al Presidente francese Macron non poteva essere più esplicito nonché di infimo livello ed è stato censurato da altri esponenti del suo partito. Siamo dunque in presenza di una linea di politica estera lineare, responsabile ed efficace? Mi sia permesso di avanzare qualche dubbio, che cercherò di rendere esplicito e motivare in forza di fatti e circostanze oggettive e non con mere convinzioni personali. Mi chiedo in primo luogo come si possano conciliare le più volte reiterate dichiarazioni di sostegno all’Ucraina, a onor del vero assai tiepide da parte di alcune forze politiche, con l’insufficiente consegna di strumenti di difesa che le consentano di opporsi in modo efficace agli attacchi dell’invasore. Chi parla di pace come unica strada “hic et nunc” avrebbe il dovere di dire a quali condizioni ci si dovrebbe arrivare; rebus sic stantibus, si tratterebbe di una resa, con la cessione di circa un quinto del territorio ucraino alla Russia. Ma anche nell’ipotesi che Kiev, obtorto collo, accettasse una soluzione di questo tipo, chi pagherebbe i danni materiali causati dalla guerra, che secondo concordi stime prudenziali ammontano a diverse centinaia di miliardi di euro? Si vuole condannare l’aggredito a decenni di fame, miseria, disperazione, a cui seguirebbe l’inevitabile diaspora migratoria, ammesso e non concesso che ci siano Paesi disposti a farsi carico di questa immensa popolazione di disperati? E poi, come può essere credibile il novello nano zar, che è aduso omaggiare i suoi oppositori interni con bevande aromatizzante al Novichok o al Polonio, relegarli in refrigeranti terme siberiane con tanto di finale a sorpresa, oppure facendo sperimentare a qualche boiardo in disgrazia la non volontaria pratica del suicidio assistito? La sua biografia e i suoi atti, passati e recenti, attestano che per lui ogni parola data vale meno di quella di una meretrice, la quale autocertifica la propria illibatezza. Forse solo alcuni immemori hanno dimenticato che poche settimane prima dell’avvio della cosiddetta “Operazione Speciale” l’attuale inquilino del Cremlino parlava di normali manovre militari, negando in più occasioni ogni intenzione bellicista. E se dopo aver imposto all’Ucraina la pax dettata da Mosca si aprisse il caso Transnistria, la piccola enclave russofona ai confini della Moldavia, chiuderemmo anche l’altro occhio, giustificando la sopravvenuta miopia con il rischio della terza guerra mondiale? Ed infine, come interpretare le parole di queste ore, pronunciate dopo la terribile strage perpetrata in un auditorium di Mosca, con quasi 150 vittime, che fra le righe promettono una spietata vendetta verso Kiev? La colpa va comunque fatta ricadere sull’Ucraina, anche se l’eccidio è stato rivendicato con un video dall’ISIS e gli attentatori viaggiavano su un auto con targa bielorussa, il cui confine si trova non distante dal luogo dell’arresto. Non siamo già in presenza dell’ annuncio di una imminente escalation? Mi chiedo se esista e quale sia il limite di questo progressivo e volontario avvicinamento alla cecità di molti leader e buona parte dell’opinione pubblica occidentale; in tutta sincerità, dalla galassia sedicente pacifista, che tale si definisce “a prescindere”, finora non sono riuscito a trovare nessuna risposta realmente convincente a queste domande. In un interessante articolo sull’Huffington Post si evidenzia come, tra la fine della Seconda guerra mondiale nel 1945 e la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991, la guerra tra le democrazie occidentali facenti parte dell’Alleanza atlantica e il blocco comunista egemonizzato dalla Russia non si trasformò mai da “fredda” a “calda” grazie al principio della dissuasione. Il filosofo francese Raymond Aron la spiegava in questo modo: “La dissuasione dipende tanto dai mezzi materiali di cui dispone lo Stato che vuol fermarne un altro, quanto dalla risolutezza che lo Stato oggetto di dissuasione attribuisce a quello che lo minaccia di una reazione”. In altri termini, funzionò proprio perché l’Occidente non mostrò di aver paura della guerra. Persino di una guerra nucleare. Invito i lettori ad una riflessione: quanta parte dell’ espansionismo putiniano è stato incoraggiato dalle manifestazioni di debolezza dell’Occidente? Egli ha occupato la Crimea dopo che le forze occidentali si erano mostrate così deboli da chiedere il suo aiuto in Siria. Ed ha invaso l’Ucraina dopo la caotica ritirata degli Stati Uniti dall’Afghanistan. È per questo motivo che la risposta giusta alla minaccia nucleare agitata da Putin sarebbe stata un’analoga minaccia nucleare. È per questo che la possibilità avanzata dal presidente francese Emmanuel Macron di schierare truppe di terra come estrema ratio per difendere l’Ucraina avrebbe dovuto essere raccolta e condivisa nell’ambito dei paesi Nato. Invece sì sono sfilati quasi tutti, Italia in testa. E defilandoci abbiamo palesato la nostra debolezza, i queruli bla bla di una coesione europea di là da venire. Tutto ciò ha fornito un assist ed un inaspettato conforto alle ambizioni imperialiste dell’autocrate russo, secondo il quale la più grande tragedia del Novecento non fu né l’Olocausto né le due guerre mondiali, ma il dissolvimento dell’ex URSS, di cui lui sogna di ripercorrere i (ne)fasti di un tempo. La Pace, quella vera, giusta e duratura, la si sottoscrive con chi la vuole davvero e deve sempre garantire condizioni di equità e giustizia per tutti gli attori sul terreno. Altrimenti è un’altra cosa, una mera finzione ad uso e consumo di presunte “anime belle” , invero autentiche cattive coscienze.