L’odierno Lampi News parla della mission di alcuni imprenditori veronesi: dimostrare con i fatti il nesso tra il business e la salvaguardia ambientale

Di: Andrea Panziera

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Nonostante l’acquisizione di una responsabile coscienza ambientalista sia quasi unanimemente considerata un processo ormai irreversibile, a volte si ha come la sensazione che l’attenzione delle persone tenda a focalizzarsi sulle macroquestioni, piuttosto che su scelte di vita quotidiane. Scelte magari meno eclatanti in termini di rimbalzo mediatico, ma probabilmente più decisive riguardo l’adozione collettiva di un modello di sviluppo sostenibile.

Nel corso di una mia recentissima lezione, ho parlato dell’applicazione nel settore agroalimentare della tecnologia blockchain. Quella che, per intendersi, tra le altre cose permette le transazioni in cripto valute. Come forse molti sanno, si tratta di una sorta di registro digitale, all’interno del quale le nozioni sono raggruppate in blocchi inscindibili e immodificabili – grazie alla crittografia – concatenati fra loro e disposti in sequenza cronologica.

In un domani che appare sempre più dietro l’angolo, tutti i prodotti di cui il genere umano fa abitualmente uso – alimentari, ma anche cosmetici, medicinali, vestiti o oggetti per la casa – recheranno sulla confezione una sorta di francobollo. Questo narrerà vita, morte e miracoli di quel bene, dalla genesi delle sue materie prime, passando per le tecniche di produzione, la conservazione, lo stoccaggio, fino ad arrivare alla sua esposizione sugli scaffali.

Basterà una banale applicazione scaricata sullo smartphone per sapere cosa ci apprestiamo a comperare, quali sostanze chimiche di sintesi sono state utilizzate nella sua preparazione/conservazione; in breve, se siamo in presenza di qualcosa che è stato ottenuto seguendo metodologie vecchie di millenni, riscoperte e fatte proprie da aziende altamente innovative.

Business e salvaguardia ambientale: un nesso possibile?

La scommessa che sta alla base della mission di tali imprenditori è quella di dimostrare con i fatti, ovvero con la qualità del prodotto finito, che oggi, utilizzando le conoscenze tecniche disponibili, è possibile fare business in modo profittevole eliminando tutte le sostanze che possono causare conseguenze nocive per la salute dei consumatori. E, prima ancora, per la salvaguardia dell’ambiente e di tutti gli elementi che lo compongono.

Troviamo un esempio virtuoso di questa lungimirante “economic vision” proprio nella provincia veronese. Qui, un gruppo di tecnici e operatori/manager ha recentemente creato una realtà produttiva che ha messo al centro del suo progetto l’attuazione al 100% del concetto di Economia Circolare. Tutti gli scarti di lavorazione dei processi di produzione primari trovano immediato reimpiego nella trasformazione in manufatti esteticamente molto gradevoli e funzionalmente utili; e il tutto con un impatto praticamente nullo in termini di materiali inutilizzati.

I settori di attività sono molteplici e spaziano dalle erbe officinali al trattamento del noce, fino alla coltivazione delle piante di iris per finalità cosmetiche. Particolarmente interessante e dagli sviluppi potenzialmente molto ampi è l’estrazione dal Noce Bianco dello Juglone.

Si tratta di una sostanza tossica, che esercita i suoi effetti attraverso enzimi che inibiscono l’attività enzimatica di specie vegetali infestanti. È pertanto utilizzabile come erbicida e antiparassitario naturale per altre colture, in sostituzione di quelle sostanze chimiche progressivamente messe al bando dalla UE. Il prodotto, per la sua capacità di colorazione arancio/marrone, è inoltre richiesto quale tintura naturale nell’industria cosmetica e tessile. Un altro impiego di grande rilevanza è quello riconosciuto per Preparati Farmaceutici e Fitoterapici. La scienza ne ha individuato le proprietà quale rimedio a patologie molto diffuse e antibiotico-resistenti. Ne è un esempio l’Helicobacter pylori, cui è soggetto oltre il 50% della popolazione mondiale.

Cr. ph. Grechi Giardini

A volte ritornano

Un’ultima annotazione. Dato per scontato il generale plauso per l’iniziativa appena descritta, che tra gli altri può vantare il merito indiscutibile di saper coniugare innovazione, rispetto per l’ambiente e redditività, mi corre l’obbligo di frenare gli entusiasmi di chi auspicherebbe riconoscimenti “di peso” per questo esempio virtuoso di imprenditorialità veronese, meglio se provenienti dalla comunità scientifica.

Non li riceveranno loro, così come non li riceverà lo Studio di Stefano Boeri per il Bosco Verticale di Milano. Il miracolo lo fa da sempre la natura, e i primi a scoprirlo furono i Nabucodonosor boys, che a Babilonia, più di 2600 anni fa, compresero che si potevano edificare giardini pensili bellissimi e tenerli liberi da infestanti semplicemente utilizzando lo juglone come diserbante naturale. Questo, con buona pace delle multinazionali dell’epoca…