Oggi viviamo in un modo popolato di figure, reali e di carta. Quando eravamo bambini, però, vivevamo in un mondo popolato solo da figurine
Di: Giuseppe Milotta
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Oggi viviamo in un mondo popolato di figure, reali e di carta. Quando eravamo bambini, però, vivevamo in un mondo popolato solo da figurine. Oggi nell’incontrarsi ci si chiede: “come stai?”. Allora la domanda era: “hai le figu?”. Sto parlando, ovviamente, delle mitiche figurine Panini, quelle dell’Album (la maiuscola è d’obbligo) che, per noi, a partire da settembre diventava ragione di vita. Finirlo era la meta, arrivarci un vero problema. La possibilità di acquistare le famose “bustine” era, infatti, assai limitata. La parsimonia dei nostri genitori nello “sganciare” costituiva un ostacolo insormontabile. Non capivano, davvero non capivano come per noi un simile acquisto non fosse capriccio ma necessità. Ed ecco che allora, per necessità e per istinto, si tornava al baratto. Giravamo con enormi pacchi di “doppie”, pronti a sfoderarli per un cambio che ci consentisse di finire “la pagina”, incollandovi la “figu” mancante con il Vinavil, quella mefitica colla che ci impestava mani e vestiti e che immancabilmente scatenava l’ira funesta delle nostre madri. Il rituale era sempre lo stesso. Ci si poneva uno di fronte all’altro e si squadernavano le reciproche proprietà. Cominciava il concerto dei “celo, celo, celo, celo, no!”. Quel “celo” costituiva davvero il nostro cielo, il nostro desiderio, la nostra speranza. Più i mesi passavano, più la raccolta proseguiva, meno figurine mancavano a completare l’Album, più il valore dei pezzi “assenti” aumentava, con un tasso di inflazione superiore a quello di una repubblica delle banane. Pensateci, la nostra generazione è stata l’ultima ad avere visto il mondo ancora in bianco e nero. La televisione praticamente non esisteva, e se esisteva non era cosa per noi. Le facce dei giocatori le potevamo vedere e sognare solo attraverso le figurine, E quelle “figu” che ci aprivano finestre su una vita sognata, ancora irreale, ma che cominciava a colorarsi. Mi ricordo… esistevano non solo “figu” facili e “figu” difficili, ma anche “figu” introvabili, vere e proprie perle nere nel campo del collezionismo, capaci di tramutarsi da sogno in ossessione. C’è stato un tale per cui Parigi valeva bene una messa. Per noi, invece, era Pizzaballa a valere assai più di Parigi, più di ogni altra cosa, più di tutto. Pierluigi Pizzaballa, detto “Pizza”, un portiere entrato nel mito non per la sua presenza tra i pali, ma per la sua assenza nelle bustine. Dignitosissimo estremo difensore di Atalanta, Roma e Milan, persona gentilissima e davvero a modo, per noi non era un essere umano, ma una figurina letteralmente introvabile, forse inesistente, tanto da raggiungere sul mercato quotazioni iperboliche. Altro che il mio regno per un cavallo, il mio regno per Pizzaballa. Ricordo ancora le domeniche mattina davanti al giornalaio. Con mio fratello compravamo dieci bustine (100 lire in totale) e le aprivamo con la tensione di un giocatore di poker che ha puntato il suo futuro ed il suo intero patrimonio su una scala reale ad incastro. Ogni volta una delusione, solo doppie, doppie e ancora doppie. L’assenza continuava e non solo per me ma per tutti noi, tanto da indurci a pensare che in realtà Pizzaballa non esistesse, che fosse un nome uscito dall’Ade per turbare i nostri sonni. Non potevamo finire l’Album, il posto di Pizzaballa rimaneva desolatamente vuoto, una sorta di memento mori. Finché un amico, più grande di me e, perciò, ben più smaliziato (non solo nella raccolta delle figurine), decise di scrivere alla Panini per averne una copia. E fu così che si scoprì l’arcano (maggiore o minore, fate voi). La figurina di Pizzaballa non si trovava perché non esisteva! Quando il fotografo ufficiale della Panini si era recato nel ritiro dell’Atalanta per ritrarre i giocatori, Pizzaballa era assente per infortunio, non era mai stato fotografato e, perciò, la sua figurina non era mai stata stampata. Alla Panini nessuno se ne era accorto, ma sarebbe bastato chiedere a noi e gli avremmo spiegato tutto. Mesi e mesi ad aspettare Godot, a gettare al vento i nostri soldi invece che investirli in ghiaccioli, a vedere tradita e disillusa la nostra speranza di completare l’Album. E invece, caro Pierluigi Pizzaballa, semplicemente “Pizza”, tu esistevi davvero e lottavi insieme a noi, anche se non lo sapevi. Sei stato trascurato, ti hanno deriso, insultato e trattato come un reietto (certo il nome aiutava), nessuno si era accorto della tua assenza, ma è stato proprio quella a farti entrare nel mito. Tanti altri giocatori sono stati dimenticati. Tu, invece, continuerai ad esistere per sempre. E quale sia la morale di questa vicenda, sempre che ve ne sia una, ognuno lo decida per sé.