Si parla tanto di destinazione, ma sappiamo veramente cosa sia? Ne abbiamo parlato con Paolo Grigolli, Direttore generale dell’Azienda per il turismo della Val di Fassa

Di: Maria Mele

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Paolo Grigolli vanta un’esperienza pluridecennale nel mondo del turismo, nella progettazione e sviluppo di azioni di ricerca-intervento e formazione manageriale, è docente di Destination Management allo IULM di Milano e all’Università Parthenope di Napoli e curatore dei libri Turismi responsabili e Destination Management (R)evolution, editi da Franco Angeli.

we. Paolo puoi spiegarci come nasce una destinazione?

Prima di tutto va chiarito che la destinazione è creata dalla domanda e non dall’offerta. Questo concetto, apparentemente semplice, enunciato del professor Pietro Beritelli dell’Università di San Gallo, rivoluziona in realtà il concetto di turismo al quale siamo abituati, da più di 60 anni.
Per rispondere alla domanda, quindi, la destinazione nasce quando i diversi turismi la riconoscono come tale. Inoltre, quanto maggiore sarà la diversificazione dei flussi turistici, tanto migliore sarà la vita della destinazione e sarà possibile il passaggio – semplificando con uno slogan – dal turismo di massa alla massa di turismi. La vera sfida per i soggetti pubblici e privati che lavorano sui territori consiste nell’acquisire questa consapevolezza.

Foto di Jacek Mleczek, Vyacheslav Bobin – Pexels.

we. In che senso parli di rivoluzione del concetto di turismo?

In Italia dagli anni Sessanta del secolo scorso in poi abbiamo applicato al turismo l’economia di scala e il modello industriale, che bada più alla quantità che alla qualità. Il mantra era attrarre turisti proponendo a tutti la medesima vacanza che in montagna è ancora legata allo sci alpino e al mare al relax sulla spiaggia. Mano a mano che evolve il modello, emerge che è necessario offrire esperienze personalizzate di qualità da rendere disponibili in maniera efficace. Dobbiamo chiederci: come fruiscono del territorio le diverse tipologie di turisti? E, in base alla risposta che ci diamo, gestire i flussi opportunamente, curando con maggior attenzione l’accessibilità ai territori. Serve quella che noi chiamiamo governance strategica del turismo, con una forte attenzione alle policy di sviluppo territoriale.

Foto di Josh Withers – Pexels.

we. Stiamo parlando di cambiare metodo!

Certamente. I territori hanno soprattutto bisogno di un metodo che li aiuti a leggere se stessi e la propria traiettoria di sviluppo. Le costanti evoluzioni del mercato ci hanno dimostrato quanto sia necessario per le destinazioni e per gli operatori indirizzarsi verso processi dinamici e market oriented. Il concetto di DMO (Destination Management Organization) è, di fatto, un nuovo modello organizzativo. Abbiamo necessità di una pianificazione strategica, di migliorare la capacità competitiva delle destinazioni, introducendo una metodologia applicabile e replicabile e, soprattutto, dobbiamo ridare un progetto alle comunità. L’Io del singolo cittadino/imprenditore diventa Noi solo se c’è un progetto. Le destinazioni hanno bisogno di questo.

Foto di Rachel Claire e Riccardo Vespa – Pexels.

we. Con più di 7500 chilometri di coste, il turismo balneare ha una posizione importante nel mercato turistico nazionale. Come vedi il futuro di questo comparto?

Nel turismo balneare, che ha trainato dagli anni Sessanta il nostro mercato del turismo, da tempo ormai le maggiori criticità sono due: l’evoluzione della proposta e ovviamente il tema delle concessioni balneari. Ancora una volta gestire i flussi è il tema più importante: l’overtourism nasce da una scarsa gestione dei flussi e una limitata capacità di misurare i fenomeni turistici. Per combattere l’overtourism è inoltre importante far sviluppare una maggiore capacità propositiva legata al mare e far dialogare al meglio le attrazioni a ridosso della costa, connettendo le diverse esperienze e gli attori coinvolti. Solo mettendo insieme le esperienze si perviene a un risultato vantaggioso per tutti. Sulle concessioni il discorso è assai complesso, ma ciò che sta accadendo deve farci riflettere: stanno arrivando soggetti stranieri molto strutturati che mettono in evidenza una capacità organizzativa, supportata da certificazioni sugli standard di qualità, che muoverà il mercato e tutta l’offerta di servizi dovrà necessariamente adeguarsi.

Articolo originale su WellMagazine.it