La curiosità verso la “Staffetta di cucina ciocheciò” ci sprona a sfogliare la prima pagina di questo libro dall’identità incerta

Di: Elisa Pitino

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Il libro La Staffetta di cucina ciocheciò, se non fosse per le 160 pagine contenenti esclusivamente 80 ricette (provenienti da 15 paesi di 4 continenti), potrebbe essere categorizzato come un libro di narrativa, più che culinario. Di fatto, sono le storie raccontate dagli autori Roberto Ferretti, Anna Monaldi, Claudio Porchia, Marisa Saggiotto e Yoko Moriyama l’ingrediente principale.

La prefazione a cura di Benedetta Rossi

Insieme agli autori è presente anche Benedetta Rossi, che introduce ai lettori il
libro in questione: giustamente, chi meglio di lei, casalinga che passa le proprie giornate in cucina, per raccontare
il periodo culinario durante il lockdown?

Da una parte, è innegabile che, se La Staffetta di cucina ciocheciò trattasse argomenti al di fuori della cucina, la presenza della signora Rossi potrebbe giocare un ruolo determinante; ma considerando il volume per ciò che effettivamente è, ossia un’opera finalizzata a comunicare un argomento culinario, una prefazione a sua firma tende invero a scoraggiare la lettura dei più esperti.

Personalmente, non la ritengo una cuoca, tantomeno la persona più indicata a parlare di cucina, ma piuttosto
una appassionata di alimentazione. Da intenditrice del settore, sapere che gli spettatori del suo programma
televisivo Fatto in casa per voi (disponibile su Food Network, canale televisivo italiano) vengono istruiti alla preparazione di una lasagna con besciamella già pronta all’uso, o che gli viene insegnato a fare una torta salata
semplicemente srotolando quanto si trova al banco frigo del supermercato, mi fa decisamente
rabbrividire.

Comunque, ciò non toglie che il suo “pollice in su”, motto con cui è diventata famosa, rappresenti l’essenza della cucina genuina promossa da La staffetta di cucina ciocheciò – seppur talvolta confusa con la goffaggine.

Diverse tematiche per definire La staffetta di cucina ciocheciò

Secondo gli autori, cucinare con ciò che si ha in casa e trasmettere
il messaggio di una cucina improvvisata può riflettersi anche su altre tematiche. Tra queste, gli sprechi alimentari, la sostenibilità ambientale e il settore turistico. Un bel frullato di temi diversi per trattare un solo argomento, insomma.

A questo punto della lettura, la confusione è veramente tanta; viene quasi lecito domandarsi quale sia in
realtà lo scopo dell’opera, se raccontare quanto sia bello condividere una passione, incuriosirci con 80
ricette o sensibilizzarci su tematiche sociali.

Una luce in fondo al tunnel, la sommelier giapponese dell’olio Yoko Moriyama, forse l’unica a mostrarci come la
Staffetta di cucina ciocheciò sia il passaggio di un testimone virtuale, raffigurato dalle varie ricette che ispirano ogni giorno cuochi amatoriali che condividono la stessa passione.

Ma era veramente importante parlare di tutt’altro, prima? L’argomento poteva, e doveva,
essere chiaro fin da subito
. Il risultato è scontato: chi è presente dall’altra parte della pagina, ogni singolo lettore, fa veramente fatica a seguire il filo logico dell’opera.

Presi singolarmente, i vari capitoli sono interessanti e sicuramente attuali, ma si presentano tra di loro
inverosimilmente scollegati. Ne consegue una confusione eccessiva, al punto che capire quale
sia il messaggio di base, l’intenzione degli autori, risulta molto difficoltoso.

In compenso, durante la lettura, la vista viene allietata dalle illustrazioni del cartoonist Tiziano Riverso.