Partire senza remore alla ricerca di Iryna, un’allevatrice ucraina, e dei suoi 50 cani per salvarli dall’inferno. Una storia da film? No, è vita vera, raccontata da Giulia, in arte Rouge Maudit
Di: Samuela Piccoli
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Alla ricerca di Iryna può sembrare il titolo di un nuovo film della Disney, invece è la storia di una ragazza altruista che ha deciso di partire da sola, a soli 31 anni, per andare al confine con l’Ucraina nel tentativo di cercare un’allevatrice in fuga dalla guerra insieme ai suoi cuccioli. Trovare la forza e il coraggio per affrontare un viaggio lungo e sicuramente pieno di difficoltà e pericoli, non è da tutti e mi fa ben sperare in un futuro migliore. I leoni da tastiera, coloro che danno ragione all’uno a all’altro schieramento, li lascia galleggiare nel web, lei preferisce agire. Adesso non è più tempo di parole, ma è giunto il momento di “tirarsi sù le maniche” e di aiutare chi arriva e ha perso tutto.
Giulia, in arte Rouge Maudit
Giulia, in arte Rouge Maudit è un’artista e modella italiana di 31 anni che, insieme ad altri quattro italiani, sono stati tra i primi a gestire l’emergenza animali ucraini arrivati in Italia tramite il gruppo “Italia per Ucraina”, oltre ad interessarsi da anni del recupero di cani e gatti abbandonati.
E’ partita alla volta del confine ucraino in cerca di Iryna, un’allevatrice, e dei suoi 50 cuccioli con lo scopo di portarla via dall’inferno della guerra. Tuttavia, durante il viaggio qualcosa è cambiato e lei si è resa disponibile ad aiutare quante più persone possibili. Ecco quello che ci ha raccontato.
Il viaggio verso Rawa Ruska
”Sono partita sabato 5 marzo con una macchina a noleggio per salvare Iryna e i suoi cuccioli, dopo una settimana di trattative per tirarla fuori dal suo Paese martoriato; ho viaggiato per 22 ore, con un pieno, senza mai fermarmi trovando il modo per attraversare tutte le frontiere. Sono arrivata a Rawa Ruska, il confine a nord tra Ucraina e Polonia e lì mi sono fermata ad aspettarla.
Al momento in Ucraina ci sono numerosi allevatori chiusi in casa con le loro bestiole e la situazione non è molto diversa per quelli che si occupano di animali randagi. In Italia ci sono quattro referenti, inclusa me, che si occupano di salvare gli animali e di dare supporto alle persone che fuggono. Organizziamo tutto, ma siamo singoli individui e per affrontare questo tipo di emergenze immani abbiamo bisogno di una rete di persone: traduttori e uomini e donne di buona volontà. Al momento ho referenti in tutti i confini; pensa che una coppia di parigini fa avanti e indietro dalla stazione di Cracovia per mettere in salvo i profughi.
Si è mossa tutta la Polonia: nel mio caso, la gente mi ha aiutato solo dicendo che mi trovavo lì per dare supporto e rendermi utile. Una donna polacca, infatti, mi ha assistito e, nei primi 6 giorni di bombardamenti, entrambe abbiamo dormito un’ora a notte in modo tale da essere sempre disponibili a gestire i casi di emergenza come quello di Iryna e altri simili. Quando vedi qualcuno che soffre indicibilmente, ti nasce un fuoco dentro e l’unica cosa a cui pensi è salvare quel qualcuno in ogni modo possibile.
Iryna e i cuccioli
Iryna alleva una razza di animali molto richiesta, per questo ha sempre avuto paura di essere imbrogliata. Purtroppo siamo venute a sapere che, col passare dei giorni, è stata mal consigliata da qualcuno che le ha fatto credere che avevamo intenzione di ingannarla, per questo motivo, ha fatto perdere le sue tracce, nonostante le avessimo dato ogni tipo di rassicurazione possibile anche tramite amiche comuni.
Nel frattempo due ragazze straordinarie dall’Italia mi hanno aiutata e geolocalizzata continuamente: Luisa P. e Naomi Danjela L. Siamo rimaste sveglie praticamente per 6 giorni e 6 notti nell’intento di portare via quante più persone possibili insieme ai loro animali. Di giorno guidavo e di notte, dopo solo un’ora di sonno, mi occupavo delle famiglie arrivate e le conducevo alla stazione di Cracovia per farle fuggire al sicuro.
Ero addirittura pronta ad attraversare il confine, ma non ho potuto farlo perché, inizialmente aspettavo Iryna. Se lo avessi fatto sarei rimasta bloccata in Ucraina dalle 10 ore ai due giorni senza connessione e senza rete per poter fornire notizie. Ho saputo che Iryna stava facendo una lunga coda al freddo con tutti i suoi animali per poter attraversare la frontiera. Poi, come vi dicevo, ha tagliato le comunicazioni con noi anche perché, man mano che ti avvicini al confine non c’è più supporto Internet e non si riesce più a comunicare; tutto ciò, secondo me, è stato fatto ad hoc.
Al confine polacco
Al confine polacco, molte persone aspettano i loro parenti senza sapere se arriveranno, o se rimarranno bloccati in Ucraina. Non è detto che tutti riescano ad uscire dal Paese: se i documenti sono scaduti la polizia ucraina non li fa passare. Inoltre, non in tutti i confini ti lasciano uscire se hai un tot di bestiole al seguito. Per questo motivo spesso li lasciano là: la stazione di Kiev è piena di animali abbandonati poiché la gente è costretta a salire sui treni o sugli autobus con una borsa ciascuno di dimensioni molto piccole. Ci sono volontarie coraggiose che, nonostante il pericolo di bombardamenti, cercano di recuperare tutti gli animali abbandonati dai padroni in questo momento di terribile emergenza.
Mi hanno riferito dall’Italia che al confine passavano praticamente solo gli Ucraini. In sei giorni ho visto solo una persona di colore uscire dal Paese nonostante i flussi continui. Tutti i controlli implicano lunghissime ed estenuanti file che né i polacchi, né i rumeni fanno; le fanno solo gli ucraini. Le nazioni cuscinetto effettuano controlli minuziosi, ma rapidi, a differenza della polizia ucraina che li allunga notevolmente, costringendo la popolazione a file chilometriche al gelo.
Al confine di Rawa Ruska passano i più poveri, arrivano in autobus o a piedi, mentre quello con la Polonia viene attraversato principalmente da chi può pagare, specialmente gli uomini. La gente è sotto shock, non parla e i pochi che lo fanno dicono che se la Russia avesse voluto avrebbe ripreso l’Ucraina in sette giorni, ma non l’ha fatto perché ci sono i civili tant’è che i corridoi umanitari ad oggi aperti mi risultano essere solo da parte della Russia e questo ha delle implicazioni umane molto serie. Tanti pensano di tornare a casa dopo un paio di settimane… lo sperano, ma io sono molto dubbiosa.
Cibo e trasportini per gli animali
Prima di partire ho contattato l’Enpa di Trieste che mi ha dato alcuni trasportini, io, invece, ho comprato cibo e altro materiale utile per l’emergenza e sono partita con la macchina carica. Al confine ho usato tutto ciò che ho portato con me per aiutare gli animali in difficoltà cercando di sensibilizzare i volontari presenti sul luogo. Insieme abbiamo creato un punto distribuzione per fornire cibo e gabbiette a chi arrivava con i propri cuccioli stremati dalla fame e dalla sete.
Quasi tutti sono fuggiti portando gli animali in braccio, senza guinzaglio e senza cibo. Mentre ero là è arrivato un bambino con un pappagallino inseparabile sotto la giacca, lo coccolava tristemente e a me ha fatto moltissima tenerezza. Ho visto attraversare il confine anche gli orfani di guerra. Alla stazione di Cracovia ho voluto raccontare la vita dei profughi partendo dalle foto dei loro animali. Non me la sono sentita di ritrarre la profonda tristezza delle persone per una forma di rispetto nei loro confronti.
Il viaggio di ritorno
Nel mio viaggio di rientro, ho portato a Trieste una famiglia ucraina in attesa che le assegnassero un’abitazione. Abbiamo fatto una sosta a Vienna dove una ragazza ci ha ospitato nella sua casa senza chiederci nulla in cambio. Si è creata un’incredibile rete di solidarietà: singoli individui mi hanno supportato durante tutto il percorso. In primis Luisa e Naomi, che mi sono state vicine dandomi indicazioni e geolocalizzandomi continuamente visto che ero partita da sola.
Ho lasciato questa famigliola in albergo, le avrebbero consegnato la casa il giorno dopo; pensa che era la prima volta che risiedevano in un hotel nella loro vita. Ho dovuto spegnere immediatamente la tv perché le immagini della guerra li hanno fatti scoppiare in lacrime. Ora sono al sicuro e i loro sorrisi mi ripagano di tutta la fatica.
Riflessioni di Giulia… e le mie
Sono un’artista e in questo momento non sto lavorando, le persone che hanno voluto aiutarmi sono in difficoltà tanto quanto me, ma mi sono state vicine perché a loro volta capiscono cosa vuol dire soffrire. Una rete solidale che sarebbe meraviglioso continuasse anche dopo le continue emergenze. C’è chi distrugge e chi costruisce, c’è chi tende le mani per creare reti di solidarietà e usa le braccia per avvolgere le persone, c’è chi preferisce imbracciare un fucile per spezzare legami. Una volta finito tutto questo orrore dovremo ricordarci le parole di Leone Ginzburg, dopo essere stato torturato dai nazisti, a Sandro Pertini nella prigione di Regina Coeli: “Guai a noi se domani […] nella nostra condanna investiremo tutto il popolo tedesco. Dobbiamo distinguere tra popolo e nazisti”.