La tradizione del caffè, oggi comune a quasi tutti, trova vera origine nel ‘700: un momento per prendersi una pausa, riflettere e discutere
Di: Giovanni Pasquali
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I popoli di tutto il mondo hanno qualcosa che li accomuna: la tradizione del caffè. Usus che si perpetua, spesso, dalle prime luci dell’alba fino al dopo cena, rappresentando un momento di pausa e di riflessione.
Le origini dei caffè letterari
I primissimi caffè letterari nacquero nel XVI secolo. Erano locali dove ci si raccoglieva per sorseggiare caffè e discutere di argomenti di attualità. Un momento sociale, insomma, che si trasformava in un vero e proprio rituale intellettuale e culturale.
Successivamente, in Europa, a partire dal 1700, acquisirono notorietà e diventarono il simbolo della cultura borghese. Il Settecento fu infatti il “periodo d’oro” dei caffè europei: erano il luogo d’incontro preferito della emergente borghesia, in opposizione ai salotti aristocratici.
I caffè furono anche i crocevia della vita commerciale e culturale delle città europee; in particolare, quelli italiani divennero luogo di discussioni letterarie e politiche, tanto che la più importante rivista dell’Illuminismo italiano si chiamava proprio “Il Caffè”.
La rivista
“Il Caffè” fu un periodico italiano, pubblicato dal giugno 1764 al maggio 1766. Nacque a Milano ad opera dei fratelli Pietro e Alessandro Verri, con il contributo del filosofo e letterato Cesare Beccaria e del gruppo di intellettuali soliti frequentatori dell’Accademia dei Pugni. Pur provenendo dall’aristocrazia, i fondatori del “Caffè” funsero da portavoce delle istanze culturali, sociali e politiche delle classi emergenti.
Il titolo e l’impostazione del periodico furono entrambi inediti per la tradizione italiana. Presero come esempio i periodici inglesi di Joseph Addison e di Richard Steele, come “The Spectator” (“Lo spettatore”) o “The Tatler” (“Il chiacchierone”), al fine di presentare la rivista quale punto di raccolta delle discussioni che si tenevano in un caffè, divenuto attivo luogo d’incontro per dibattere.
Peculiarità e innovazione
Il nome della rivista è di per sé molto esplicativo. Pensato in chiave metaforica, allude a un fenomeno diffuso ai tempi dell’Illuminismo, quando i caffè consistevano in luoghi privilegiati ove era possibile instaurare discussioni in modo libero, cosicché tutti potessero intervenire. Si cercava di interpellare nuovi interlocutori: non solo eruditi e letterari, bensì anche gente comune, piccoli professionisti, artigiani e donne, a cui rivolgersi e con cui dibattere senza bisogno di filtri.
La novità introdotta – intrinsecamente tramite la rivista – da Verri e colleghi fu concepire il sapere non più come qualcosa di immobile, ma come un flusso di nozioni in divenire. “Cose e non parole” era uno dei motti de “Il Caffè”. Non ci si limitava a riprodurre passivamente la realtà; la si comprendeva e la si spiegava.
Su “Il Caffè”, la gente comune poteva interfacciarsi con svariati temi: dall’economia all’agricoltura, dalla medicina alla politica; e, così facendo, diventava parte attiva di un dibattito trasversale. Il sapere e la conoscenza passarono da beni di lusso a beni comunitari, da condividere.
Il tono degli articoli risultava – e risulta tutt’ora – colloquiale e schietto: testimoniava l’intenzione, da parte dell’intellettuale, di instaurare un rapporto nuovo con il proprio pubblico, una relazione che fosse aperta, cordiale e disponibile.
Caffè, una bevanda che unisce
Sin dalla sua scoperta e diffusione, il caffè venne considerato una bevanda che favoriva la socializzazione tra coloro che la consumavano e che stimolava la conversazione. Il discorso vale tutt’oggi: tra un impegno di lavoro e l’altro, durante un momento di pausa o di socialità, tra colleghi o amici, bere un caffè rappresenta ormai un gesto consueto, ma carico di più significati.
Non a caso, i salotti letterari, nati in Europa sul finire del 1600, diedero inizio – o quantomeno vi contribuirono – all’ascesa dell’atmosfera di fermento culturale successiva, diventando testimoni della nascita di grandi capolavori e di correnti filosofiche importantissime.