Il matrimonio sta morendo. È quanto riportato dai dati Istat, che sembrano non lasciar scampo all’unione che per secoli ha costituito le fondamenta della società
Di: Mariapia De Carli
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Il matrimonio è morto, sepolto, oramai una formalità senza senso. Mentre l’abito bianco e lo scambio degli anelli fanno ancora sognare tanti giovani tramite gli schermi della TV, i dati sembrano non lasciare scampo a quell’unione tra uomo e donna che non solo ha costituito per secoli le fondamenta della società, ma ha incarnato desideri e obiettivi di moltissime persone.
Il matrimonio secondo l’Istat
Secondo l’Istat, le coppie che vanno a rotoli nel nostro Paese sono in crescita ogni anno. Le separazioni legali si attestano oggi intorno alle 100.000, a differenza delle 92.000 registrate nel 2015. Peraltro, in quest’anno, con l’introduzione del divorzio breve, si sono riscontrati 82.469 divorzi, ovvero il 57% in più rispetto al 2014. Quelle di tipo consensuale rappresentano l’83% del totale, mentre le separazioni giudiziali sono la parte minoritaria. Con la nuova legge, corre veloce il numero delle coppie che scioglie legalmente l’unione matrimoniale.
Un simile trend non riguarda solo l’Italia, ma tutto il mondo occidentale. Oltralpe, nella “rivoluzionaria” Parigi, il filosofo Attali sostiene da una decina d’anni la fine della coppia e della monogamia, teorizzando il “poliamore”, una relazione multipla che meglio si addice alla dinamicità sociale contemporanea.
Ma il quadro più disincantato e spiazzante arriverebbe proprio dal nostro Paese. Lo dice la parola stessa: il “matrimonio” indica le garanzie formali per una madre rispetto al “patrimonio”, in una società che fino all’altro ieri era organizzata per ambiti di competenza (maschi in campo sociale, femmine nel mondo domestico).
Da almeno mezzo secolo lo scenario è mutato. Lo sposarsi e il procreare si sono trasformati da doveri a diritti eventuali, da impegno pubblico a contratto privato nel presente. Ciò ha comportato una svalutazione dell’unione matrimoniale con annessa perdita di significati e scopi, lasciando ai singoli la scelta di come gestire la sfera sessuale e amorosa a prescindere dalla capacità di assumere responsabilità. Parole che sembrano stridere con la realtà: infatti, i matrimoni tra vip, celebrities e reali diventano sempre più spesso un evento mediatico; e i programmi su spose e abiti bianchi vincono a mani basse le gare di ascolti.
L’epoca della disunione
A dire il vero, il processo è iniziato almeno un secolo fa. L’epoca moderna si caratterizza per la “disunione”, nonché per la riduzione del senso di appartenenza a una comunità. L’accento è posto sull’individuo, sul diritto a “essere se stessi”, che ha dato la possibilità a un numero sempre maggiore di persone di seguire le proprie inclinazioni e preferenze senza l’obbligo di rispondere agli altri del proprio comportamento. E la tecnologia ha fatto il resto: ha portato tale disgiunzione all’estremo, sganciando il sesso dalla procreazione, il feto dalla gravidanza, la gravidanza dalla maternità, e via dicendo.
Di fronte a questo quadro, il futuro può arrivare ad assumere aspetti fantascientifici. Nella società perfetta immaginata da Huxley è l’ingegneria genetica a stabilire a priori la quantità e la tipologia di individui da produrre in provetta in funzione dei ruoli a cui sono destinati, escludendo ogni interazione intima tra le persone. Invece, il romanziere Forster ha descritto, in un futuro imprecisato, un universo con al centro la Grande Macchina, colei che governa e determina gli atti e i pensieri degli abitanti, a loro volta relegati in celle singole su aeronavi e inabilitati a qualsiasi esperienza diretta, tra cui sesso e affettività.
Ci stiamo arrivando. Tecnologia e intelligenza artificiale, incubatrici e provette, ibernazione e protesi, robot androidi e cloni sembrano preludere a tante greggi di pecore Dolly dalle sembianze umane. Ma in tutto questo, qualcuno che non vuole arrendersi c’è. Nasce in America la moda del “matrimonio in post-it”: per unirsi, bastano le firme degli interessati su un foglietto e tanto amore. Chissà, forse non ogni speranza è perduta.