L’intervista all’associazione Qui e allora – Curare e prendersi cura ONLUS: l’integrazione di medicina e psicologia nel trattamento dei problemi di salute

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Di cosa si occupa l’associazione Qui e Allora – Curare e Prendersi Cura ONLUS?

“Siamo un’associazione fondata già da qualche anno da un medico, con specializzazione in nutrizione, farmacologia e counseling, da uno psicoterapeuta e psicoanalista e da un docente di scuola superiore. Nello specifico, ci occupiamo di situazioni di salute fisica e/o psicologica per le quali è necessario un intervento nutrizionale, farmacologico o psicologico. Abbiamo anche un’attività di formazione e divulgazione, con incontri su temi diversi nell’ambito dei “Salotti di Qui e Allora”. Ovviamente, al momento lavoriamo anche via Skype o Zoom. Le nostre attività sono reperibili sul nostro sito“.

Qual è la vostra caratteristica professionale?

“Siamo convinti che sia fondamentale integrare competenze mediche e psicologiche nel trattamento dei problemi di salute delle persone. Uno sguardo particolare va agli adolescenti e, nello specifico, ai disturbi alimentari che flagellano questo periodo della vita. Per questo abbiamo coinvolto anche una docente di scuola superiore”.

Da dove nasce l’idea di organizzare i due incontri “È solo la fame che ci spinge a mangiare?”?

“Ogni giorno, nella pratica clinica, vediamo persone che per dimagrire hanno perso la capacità e il piacere di mangiare seguendo e assecondando i segnali che il nostro corpo ci manda attraverso i sensi. Mangiamo ingabbiati dai numeri e dalle categorie degli alimenti, dall’idea di cibo che fa bene o che fa male. Ne consegue un senso di preoccupazione e di ansia che sfocia nel senso di colpa nelle situazioni in cui, invece, ci facciamo trasportare dal piacere. Prova ne è che definiamo queste situazioni “sgarri”, quindi addirittura una mancanza nell’osservanza del dovere.

Questa modalità è angosciante, perché toglie l’individualità e il piacere nella scelta del cibo, che viene invece utilizzato seguendo un piano prestabilito, razionale, spesso neppure personalizzato e che difficilmente è una risposta a ciò che il nostro organismo chiede in quel momento. E tantomeno appaga il senso del piacere. Mangiamo con la mente, non con i sensi, perché abbiamo fatto del cibo un meccanismo di ricompensa o di punizione: se ci concediamo un gelato, saltiamo la cena. Spesso, il risultato è che abbandoniamo il piano perché spinti dagli attacchi di fame o perché usiamo il cibo come valvola di compensazione. Dunque, aumentiamo di peso, anziché diminuire, e soprattutto ci sentiamo incapaci e colpevoli.

I due incontri che proponiamo hanno lo scopo di presentare un modo di alimentarsi più libero per perdere o mantenere il peso. Un modo in cui si sceglie il cibo in risposta 1) ai segnali di fame, che variano da individuo a individuo, 2) ai segnali di sazietà e/o di appagamento, limitando il più possibile i condizionamenti mentali. In particolare, cerchiamo di liberare il cibo dall’influenza di alcune emozioni che rendono l’alimentazione qualcosa di non sereno. Il cibo non deve essere né una ricompensa né una punizione: ciò che mangiamo deve saziarci, appagarci, e deve farci sentire bene fisicamente e psicologicamente nel rispetto del peso”.

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