Nelle vicende storiche di ogni secolo nulla è nato per caso. Neanche i peggiori regimi dittatoriali del secolo scorso sono un incidente occasionale
Di: Andrea Panziera
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Di una cosa sono certo: nelle vicende storiche di ogni secolo nulla è nato per caso. Neanche i peggiori regimi dittatoriali del secolo scorso, così come le attuali autocrazie disseminate in ogni parte del globo, sono un incidente occasionale. La loro scaturigine deriva da precise motivazioni politiche, economiche e sociali; non capirlo significa leggere la storia con gli occhiali di un alieno piombato sul nostro pianeta a sua insaputa. Quindi, il problema non è quello di disconoscere l’esistenza di precise cause nei conflitti, nei sommovimenti dei popoli, nelle guerre, ma di individuare quali sono e perché hanno cagionato lacrime, dolore e morte. Ma, a ben guardare, la questione è un tantino più complessa e non si può risolvere pronunciando generiche frasi di equilibrismo cerchiobottista, stando un po’ di qua e un po’ di là giusto per non scontentare nessuno e lasciarsi aperta qualche via di fuga dialettica, adottata alla bisogna nel caso in cui ci si renda conto di averla fatta fuori dal vaso. Per chi non lo avesse intuito, mi riferisco alle tante dichiarazioni sul conflitto fra lo Stato di Israele e la fazione terroristica di Hamas; in primis, quella del Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres e, in quadrata legione, di uno stuolo di politici di variopinto colore, in Italia ed in molti altri Stati. Nel mio precedente Post it, ho espresso molto chiaramente il mio giudizio sul premier Benjamin Netanyahu e sulle idee di espansione coloniale dei suoi alleati di Governo, di gran lunga il peggiore da quando esiste la Nazione ebraica. Detto ciò, sul campo si scontrano uno Stato democratico ed una organizzazione fondamentalista e terroristica, il cui unico fine sancito nel suo statuto e ribadito da uno dei suoi massimi esponenti in queste ore, è la distruzione fisica della popolazione di religione ebraica e di tutte le Istituzioni che la rappresentano. La cosa che non hanno ben compreso i manifestanti “pacifinti” ed i loro riferimenti politici multicolors è che ad Hamas, della ipotesi da tempo perseguita da molti statisti, i quali si possono tranquillamente annoverare come convinti democratici, per capirci quella che va sotto il nome di “due Popoli due Stati”, non gliene importa assolutamente nulla. Anzi, la vivono come il peggiore degli incubi, una eventualità da avversare in tutti i modi possibili. Basta rileggersi la storia dal 1947 in poi per comprendere chi e come ha avversato la nascita di una Nazione palestinese autonoma. Ma se vogliamo focalizzarci sui tempi più recenti, incluso l’attuale, non possiamo negare che gli uomini – bomba di Hamas si facevano esplodere sui mezzi pubblici, nei locali, e ovunque si addensassero dei civili israeliani ogniqualvolta le trattative relative alla nascita di una entità statale palestinese autonoma prendevano quota. Lo stesso copione si è ripetuto lo scorso 7 ottobre: gli accordi di Abramo si stavano estendendo al più importante Paese arabo e bisognava fermare questa prospettiva, sabotandola con l’ attuazione di un’operazione criminale clamorosa, le cui conseguenze sarebbero state prevedibili e inevitabili. Per chi non l’avesse ancora capito, il disegno strategico di Hamas prescinde dal colore dei Governi di Tel Aviv e dagli interessi dei Paesi arabi mediorientali; certo, le intemperanze dei coloni fanno gioco per eccitare il sentimento antiebraico del popolo palestinese, ma le sue azioni terroristiche verrebbero perpetrate in ogni caso. La sua ragione di vita è la medesima di Al Qaeda o dell’Isis, così come è identico l’obiettivo finale che vuole raggiungere: uccidere tutte le persone che professano credi religiosi differenti ed instaurare il nuovo Califfato che introduca la sharia come unica forma di legislazione a cui tutti devono uniformarsi. A riprova di questa intenzione neanche tanto dissimulata, vi è la nazionalità delle vittime: cittadini provenienti da ogni parte del mondo, spesso poveri lavoratori stranieri, massacrati senza alcun distinguo o sentimento di pietà . Questo non significa concedere all’esercito di Israele carta bianca riguardo alla operazione militare a Gaza e negli altri territori abitati dai Palestinesi. L’imperativo categorico deve essere quello di evitare massacri di civili, partendo dalla consapevolezza che con ogni probabilità molti di loro saranno usati come scudi umani da Hamas, in molti casi trattenuti in prossimità delle postazioni dei miliziani contro la loro volontà. Ma ad ogni evidenza, riconoscere una qualche forma di legittimazione ad una organizzazione terroristica, che si è macchiata di efferati omicidi, accettandone il ruolo di interlocutore, non è in alcun modo possibile e non si può chiedere alle vittime di questi eccidi di farlo. Chi non comprende questa scelta, suo malgrado nei fatti condivide “hic et nunc” il pensiero e la prassi politica di tutte quelle autocrazie che nel migliore dei casi relegano i fautori di ogni forma di dissenso nelle lande più sperdute dei loro Paesi, ovvero somministrano a quei malcapitati diete il cui principale ingrediente è qualche sostanza radioattiva, oppure incentivano la pratica dei “suicidi assistiti”. Volenti o nolenti, una scelta di campo si impone ed anche con tutte le sue imperfezioni, quella che si schiera con le democrazie occidentali mi sembra la più sensata e razionale.