Oscure trame in stato di avanzata elaborazione, aventi l’obbiettivo di sovvertire la volontà popolare così come accadde 12 anni or sono

Di: Andrea Panziera

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Essendo trapassato da molti anni, non può scriverne la sceneggiatura ma sono certo che lo avrebbe fatto diventare un successo internazionale. Per chi non lo avesse intuito, parlo di Steno e del suo celeberrimo “Febbre da cavallo”. L’unico dubbio è sull’attribuzione dei ruoli, non di tutti in verità. Quello di “Mandrake” spetta di diritto a chi, incurante dei numeri, la spara ogni giorno sempre più grossa, alzando la puntata delle promesse palesemente irrealizzabili. Mentre “Er pomata”, l’amico fedele incapace di opporsi alle boutade del capo, suo sodale nel vortice delle scommesse a perdere, appare più difficile da individuare, perché nella Cinecittà parlamentare l’interprete in commedia cambia a seconda del contesto e della posta in gioco. “Er ventresca”, ovvero il creditore credulone, è un personaggio un po’ fuori copione, perché la pazienza dei Mercati nella realtà non va stuzzicata con promesse o idee farlocche, pena una reazione violenta, improvvisa e quasi sempre dirompente. Questa, invero non così paradossale analogia, mi è venuta i mente leggendo le parole di alcuni uomini politici che riparlano di oscure trame in stato di avanzata elaborazione, aventi l’obbiettivo di sovvertire la volontà popolare così come accadde 12 anni or sono all’epoca della famosa “crisi dello spread”. Mi riferisco alla mai sopita, ricorrente nonché fantasiosa “teoria del complotto”, ordita e perfezionata da non meglio identificati potentati finanziari internazionali allo scopo di far cadere l’allora Presidente del Consiglio in carica e sostituirlo con un Governo tecnico vicino ai loro interessi. E’ bastato che il differenziale di rendimento del nostro BTP rispetto al BUND tedesco toccasse i 200 punti, per rievocare i fantasmi di un passato inglorioso, che aldilà delle molte interpretazioni stravaganti, altro non rappresenta se non l’inevitabile scena conclusiva di una poco brillante stagione politica. Peraltro, la reazione piccata e un po’ scomposta di alcuni esponenti delle nostre Istituzioni, basata su un uso volutamente errato dei numeri, dimostra che il nervosismo è latente e scaturisce da una situazione di progressiva e preoccupante difficoltà sul versante dell’Economia. Affermare che anche l’Esecutivo precedente aveva vissuto periodi di forte rialzo dello spread, culminati con una temporanea ed episodica puntata a quota 250, significa dire consapevolmente una mezza verità, quella che fa più comodo. Allora i tassi di mercato erano prossimi allo zero, se non addirittura negativi e quindi l’impatto di quel valore sui Conti Pubblici incideva per molto meno della metà rispetto ad oggi. Omettere tale particolare può forse ingannare qualche simpatizzante o cittadino disattento, ma di certo non coloro i quali, quotidianamente, per mestiere valutano il grado di affidabilità di un Paese. Soprattutto se molto indebitato come il nostro. La circostanza che la Grecia ci abbia sopravanzato nei giudizi degli operatori, aldilà di ogni altra considerazione, dovrebbe far riflettere non poco sul “sentiment” di cui attualmente gode la nostra Finanza Pubblica a livello internazionale. A complicare il quadro di riferimento sono le prospettive a breve – medio termine relative all’evoluzione dei tassi di interesse e più in generale della congiuntura economica. Nella sua ultima riunione la Federal Reserve ha lasciato i tassi invariati, ma ha fatto intendere che con ogni probabilità essi scenderanno molto lentamente nel prossimo futuro. La Lagarde sta più o meno dicendo le stesse cose, il che significa solo una cosa: a meno di una improvvisa comparsa di una deriva recessiva o di un forte e inaspettato rallentamento del tasso di inflazione, anche a livello europeo verrà seguito lo stesso percorso. Tradotto: per un Paese grandemente indebitato come il nostro l’onere sul Debito Pubblico sarà crescente ed inciderà in misura importante sulle decisioni relative ai programmi futuri di spesa. La recente presentazione della NADEF (Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza), propedeutica alla futura Legge di Bilancio, nei numeri relativi all’anno in corso ricalca e fa proprie queste considerazioni, mentre postula un aumento degli interventi finanziati in Deficit per oltre una decina di miliardi sia nel 2024 che nel 2025, pur in presenza di previsioni di crescita del PIL riviste al ribasso da tutti i più importanti uffici studi degli Organismi internazionali. Le stime del nostro Governo indulgono invece a maggiore ottimismo per qualche decimale di punto; se ciò non accadesse, il combinato disposto dell’adozione di misure le quali provocano un significativo incremento del deficit, abbinate a un andamento economico inferiore alle attese farebbero percepire ai mercati un aggravamento del rischio – Italia, con tutte le conseguenze che i lettori sono di certo in grado di immaginare. E’ possibile evitare questo scenario non proprio piacevole? Forse sì, a condizione che si abbia il coraggio di parlare il linguaggio della verità , come con qualche titubanza e non poche difficoltà endogene sta cercando di fare il Ministro dell’Economia; si ripongano nel cassetto i proclami elettorali ad “usum delphini” e la prima pietra posta ad inizio lavori di qualche faraonica opera pubblica, annunciata fra squilli di trombe e rulli di tamburi, rimanga anche l’unica.