Di: Andrea Panziera

Che dire? Speriamo che quello appena iniziato sia un buon anno, anche se le premesse non sono affatto incoraggianti. Le ombre rosse a cui faccio riferimento nel titolo non sono una citazione o un rimando al celeberrimo western di John Ford; esse alludono ai colori che si scorgono neanche tanto in lontananza e che descrivono come meglio non si potrebbe il clima pre-bellico che si intravede in molte parti del mondo.

Come se non bastasse il conflitto inter-libico alle porte di casa nostra, foriero di conseguenze nefaste sia da un punto di vista economico, visti i nostri interessi nell’area, che umanitario, con possibili imponenti flussi migratori verso le nostre coste, l’attacco U.S.A. sul suolo irakeno che ha provocato la morte del generale iraniano Soleimani rischia di scatenare una guerra di dimensioni planetarie. Appare infatti evidente che l’Islam tutto, non soltanto l’Iran o l’Iraq , si mobiliterà per vendicare quello che si configura come l’omicidio di un importante esponente politico di uno Stato estero senza che esista uno status di belligeranza. Omicidio oltretutto perpetrato in un Paese terzo teoricamente alleato e tenuto all’oscuro su quanto stava accadendo.

“Una decisione preventiva”, ma non è sufficiente

Non ho elementi per esprimere giudizi sulla figura del generale Soleimani. La motivazione della decisione che ha portato alla sua uccisione sarebbe soprattutto di carattere preventivo, volta cioè a scongiurare ipotetiche azioni criminose che lo stesso avrebbe pianificato entro breve tempo. Non sono stati forniti dettagli su quali fossero queste azioni criminose; tuttavia, un’operazione così clamorosa e dagli effetti potenzialmente devastanti dovrà necessariamente essere chiarita a breve, con prove inattaccabili e non con generiche dichiarazioni di rischi in fieri da scongiurare. Ripeto: tutto può essere, ma il precedente delle fantomatiche “armi di distruzione di massa”, la cui non presenza era nota ai servizi di intelligence di ogni latitudine, suscita qualche dubbio più che legittimo. E lo stesso fa l’approssimarsi del voto sulla procedura di impeachment .

Una ulteriore considerazione: risulta che nessuno degli alleati americani sia stato avvertito in anticipo dell’attacco. Ciò indica incontrovertibilmente che l’attuale amministrazione U.S.A. non si fida di nessuno, men che meno dei Paesi europei, le cui prese di posizione spesso sono viste con fastidio e irritazione.

E l’Italia?

In queste ore molti ironizzano sul nostro scarso peso. Qualcuno parla di irrilevanza nello scacchiere internazionale. Può essere, ma chi fa del sarcasmo dovrebbe chiedersi se nei consessi che contano goda di maggiore credibilità. A occhio e croce, non mi sembra che le cose stiano esattamente in questi termini. Purtroppo il problema è che noi nello scenario mediorientale siamo esposti su molti versanti. Rischiamo infatti più degli altri nell’immediato per la nostra presenza militare in Iraq, Libano ed Afganistan, e in seguito per le quasi inevitabili ripercussioni economiche. Per l’appunto, i nostri rapporti commerciali con gli Stati dell’area sono importanti e consolidati da tempo.

Non voglio allarmare i lettori, ma temo che si stia scoperchiando il vaso di Pandora e che quello che ne uscirà non sarà affatto piacevole. La Storia insegna che la pratica della eliminazione fisica dell’avversario come mezzo di risoluzione delle controversie fra Stati, aldilà di ogni giudizio etico, è foriera di catastrofi. Così, anche i potenziali vincitori sono destinati a patire molte sofferenze.