A circa 20 giorni dalle Elezioni per il Parlamento europeo, si percepisce la netta contrapposizione delle due idee sull’ Europa del futuro

Di: Andrea Panziera

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Forse mai come in queste settimane, a circa 20 giorni dalle più importanti Elezioni per il Parlamento europeo dell’ ultimo quarto di secolo, si percepisce la netta contrapposizione delle due idee sull’ Europa del futuro, o per meglio dire, la distanza tra coloro i quali propongono di riformarla affinché un futuro lo abbia per davvero e chi invece ne vuole demolire i principi cardine dalle fondamenta, per lasciarne un simulacro pallido e inconsistente. L’unico pensiero che accomuna queste 2 posizioni è la condivisa constatazione che, rebus sic stantibus, la Ue così com’è non può sopravvivere. Per alcuni, tale scenario costituirebbe una tragedia, per gli altri invece sarebbe meraviglioso, avviando i singoli Stati nazionali verso il migliore dei mondi possibili. Una analisi più attenta mostra che, almeno in una certa misura, le appartenenze all’uno o all’altro di questi schieramenti travalicano le classiche appartenenze ai tradizionali gruppi politici ed in una qualche non secondaria fattispecie si è in presenza di strane ma evidenti assonanze di pensiero, che in altri campi suonerebbero come vere e proprie eresie. Quindi, sarebbe improprio dire che una certa idea dell’ Europa del futuro è patrimonio comune di tutte quelle forze le quali abitualmente vengono collocate in questo o quello schieramento. Probabilmente, con una sola evidente eccezione, che trova nel Presidente francese Macron ed in tutti coloro i quali ne condividono a grandi linee i principi – guida, gli indiscussi promotori della necessità di procedere quanto prima ad una incisiva e radicale azione riformatrice, con lo scopo di dar vita ad un’Unione europea molto più forte e coesa di quella attuale, estendendone poteri e autonomia d’azione. “L’Europa è mortale e può morire”. Se un tempo, per l’inquilino dell’Eliseo, era la Nato a soffrire di una patologia che l’aveva quasi condotta ad uno stato di “morte cerebrale”, adesso nella stessa condizione potrebbe presto trovarsi l’Unione Europea, che deve quanto prima risvegliarsi dal torpore e dalla paralisi, indotto dagli interessi contrastanti e paralizzanti dei singoli Stati membri. Nelle parole del leader transalpino, anche se non vengono fatti nomi e cognomi, si può evincere chiaramente l’accusa rivolta ad alcuni Paesi di avere una concezione “cash cow” nei rapporti con le Istituzioni comunitarie. Mungo la vacca europea fin quando posso e mi metto di traverso su tutto quello che non alimenta il mio tornaconto. La guerra in Ucraina ha chiaramente segnato un punto di svolta ed ha contribuito a far nascere e alimentare una consapevolezza: in un mondo in cui i principali player attivi sullo scenario internazionale non escludono nulla, non bastano più le relazioni commerciali amichevoli a mantenere buoni rapporti con i nemici o a creare e consolidare quelli con gli amici, vecchi e nuovi, perché dopo il 2022 il terreno di gioco ha cambiato la sua dimensione e modificato regole prima accettate da tutti. Accordi e promesse precedenti, inclusi i convincimenti rispetto ad un ordine mondiale cristallizzato su un presunto reciproco interesse allo status quo post caduta del muro di Berlino, sono naufragati dopo l’invasione russa e la palese longa manus del Cremlino nelle vicende dei Paesi dell’ex impero sovietico . La Georgia è solo il caso più evidente, ma ricordiamo quanto accaduto in Bielorussia dopo le ultime elezioni. Come prima conseguenza, la formazione di un esercito comune europeo diviene qualcosa di vitale e di necessario, anche nel caso auspicabile che negli Usa a novembre non vinca Trump. Questo sia come difesa del Vecchio Continente, che per rafforzare il blocco occidentale, minacciato dall’alleanza dei regimi autocratici, Cina ed i suoi vassalli, Russia, Iran e gli altri membri dei Brics. Chi non la pensa così e, lo ripeto, non esiste omogeneità di schieramento politico, ha in mente una soluzione che va nella direzione opposta: pensa di rafforzare ancora di più il c.d. non meglio delineato “interesse nazionale” dei singoli Stati, per sostituire l’Unione europea con una fantomatica Lega delle Nazioni, libere di muoversi e di contrattare singolarmente con Usa, Russia, Cina, Iran; magari, aggiungo io, bruciando sul tempo o in danno dei partner europei. A questo punto è lecito porsi una domanda, ineludibile per chiunque sia dotato di una seppur minima parte residuale di buon senso: a prescindere dalla logica chiaramente levantina di questa visione, del tipo “io frego lui, che frega l’altro”’, non si rischia in questo modo di condannare il nostro Continente, in un periodo neanche tanto lungo, ad un declino inesorabile, ovvero ad una sudditanza economica prima e politica poi, da Paesi illiberali? Insomma, di ridurci ad una mera entità geografica, nella quale i nostri avversari giocano su più tavoli sfruttando le loro convenienze e le nostre debolezze? E su quali anticorpi potremmo contare per opporci a questo destino, se ogni piccolo Staterello va per conto suo? Chi propone di usare la bandiera dell’Unione come coperta e toglierla dagli edifici pubblici nazionali, forse si sta già portando avanti ma a me, lo confesso, non viene affatto da ridere.