Oggi parliamo di soldi, e più precisamente di quelli del PNRR, i quali, man mano che passa il tempo, paiono sempre più a rischio

Di: Andrea Panziera

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I soldi sono tanti, milioni di milioni …. Come avranno compreso i lettori, l’incipit non è mio, ma la libera rivisitazione di un testo di Francesco De Gregori, al quale va la mia imperitura ammirazione. Di che soldi parlo? Ovviamente di quelli del PNRR, i quali, man mano che passa il tempo, paiono sempre più a rischio. Il Presidente Mattarella si è fatto interprete di questa non così remota eventualità ed ha convocato per un colloquio il primo Ministro, ma al momento le rassicurazioni sembrano più un passo formale che un elemento sostanziale. D’altronde, che il clima fra il nostro Esecutivo e le Istituzioni europee, Commissione in primis, sia divenuto più complicato rispetto a qualche mese fa è una evidenza palese agli occhi di tutti gli osservatori indipendenti e i sorrisi di circostanza non risultano sufficienti a mitigare questo mutamento nei rapporti. Siamo usciti sconfitti sulla questione dei biocarburanti, sul tema migranti abbiamo ottenuto qualche pacca sulle spalle e nulla più, infine è arrivato tutt’altro che inaspettato ma non per questo meno sonoro, il ceffone sul prestito – ponte di 400 milioni di euro concesso ad Alitalia nel 2019. Peraltro, che venisse configurato come aiuto di stato illegale era palese, essendo analogo a quello da 900 milioni concesso nel 2017 e respinto con la medesima motivazione nel 2021. Ben triste destino quello della nostra compagnia di bandiera, in nome della quale è stato chiesto ai contribuenti un sacrificio economico di oltre 10 miliardi di euro. Evidentemente gran parte della nostra classe politica ignora un concetto basilare in ogni decisione di spesa, che è quello dei costi – benefici. La salvaguardia dei posti di lavoro come spiegazione di questa dissennatezza? Probabilmente sarebbe stato più vantaggioso pagare i dipendenti del vettore tricolore chiedendo loro di restare a casa. La difesa della (malsana) concezione degli interessi nazionali? Se sì, quali e favore di chi, di grazia? In realtà, l’idea di far rinascere l’Iri sotto differenti vestigia a mio parere non ha mai completamente abbandonato la mente di molti nostri politici o amministratori della res publica, perché presentarsi come paladini dell’offerta di lavoro crea consenso, cioè voti, con annessi e connessi, anche e soprattutto in termini finanziari. Temo, anche se mi auguro di essere smentito, che la ripresa del progetto del Ponte sullo Stretto vada inevitabilmente in quella direzione. Per tornare alla questione PNRR, trovo francamente insopportabile il tentativo di scaricare i ritardi e le inadempienze che verosimilmente si stanno ora accumulando sul Governo precedente, in merito all’operato del quale la Commissione europea in più occasioni aveva riconosciuto la correttezza ed il pieno rispetto della tempistica. Il problema è semmai un altro: che a qualcuno forse non è mai stata chiara una premessa fondamentale: i quasi 200 miliardi erogati a nostro favore non sono in alcun modo stati concepiti come una sorta di regalia con annesso prestito a tassi di di favore in quanto siamo stati il primo Paese ad essere pesantemente colpito dal Covid, bensì come un implicito riconoscimento del ritardo dell’Italia nel processo di crescita rispetto alla maggior parte degli Stati dell’area euro. Quindi, questi quattrini rappresentano il supporto necessario per aiutarci a superare questo divario. Ma affinché le somme arrivino a destinazione esiste una imprescindibile condizionalità e questa si chiama “attuazione delle riforme in cantiere da anni e mai del tutto realizzate”. Chi non ha compreso questo nesso, od ha interpretato in modo difforme la filosofia del Recovery Plan, dovrebbe quantomeno rileggersi gli atti ufficiali ed attuare comportamenti e provvedimenti conseguenti. Ad esempio, abbandonare atteggiamenti palesemente contraddittori (per non dire ostili) sulla questione della concorrenza, anche se ciò implica la perdita di alcune rendite di posizione in termini di rappresentanze clientelari. Quindi delle due l’una: o si mettono in moto tutti i processi virtuosi che stanno alla base del PNRR, attuando le riforme promesse e controllando che esse vengano attuate sull’intero territorio nazionale, oppure inizieremo la solita manfrina sull’Europa cinica, etero diretta da Berlino, che vuole impoverire il glorioso popolo italico, ricco di storia e cultura e oppresso dalla tirannia liberista di Bruxelles. Nel primo caso, qualche possibilità di ridiscutere sulla tempistiche di attuazione dei programmi concordati probabilmente ci sarà, nel secondo gran parte degli agognati 200 miliardi rimarranno nei forzieri della BCE. Che poi, la fine anticipata del Governo presieduto da Mario Draghi abbia in qualche modo allarmato le Autorità europee può essere sicuramente un fatto. Così come non va esclusa la naturale conseguenza, ovverosia la sopravvenuta cautela in attesa di valutare, dati e fatti alla mano, la valenza specifica del nuovo Esecutivo. Ma ogni politico degno di questo nome dovrebbe sapere che il prestigio e l’autorevolezza non sono sinonimi di posizione ma di credibilità acquisita e la strada verso questo obiettivo non è né breve né facile e tutte le mosse per arrivarci saranno valutate con attenzione e non verranno fatti sconti o perdonati errori. Il vittimismo o il patriottismo alla carbonara non rientra, ahimè, fra i requisiti apprezzati o richiesti.