Esiste una parola che possa rappresentare in modo completo il carattere degli italiani? Personalmente, opterei per “fantasia”

Di: Andrea Panziera

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Mi sono spesso chiesto se esiste una parola che possa rappresentare in modo completo il carattere degli italiani. Forse ce ne sono tante, alcuni diranno addirittura troppe. Ognuna di esse coglie degli aspetti peculiari, ma forse nessuna riesce a darne una raffigurazione esaustiva. Ma se proprio dovessi fare una scelta, sicuramente opterei per “fantasia”.

Lo confesso, spesso rimango affascinato (e non di rado allibito, in ogni sua possibile declinazione) dalla capacità dei nostri connazionali di filtrare la realtà con gli occhi e la mente votati all’immaginifico, al puro esercizio onirico, alla costruzione di mondi paralleli che nulla hanno a che vedere con ogni entità possibile. Insomma una, consapevole o meno, fuga dal principio di fattibilità a favore dell’illusione. In fondo, a pensarci bene, basta crederci; il nutrimento del virtuale sicuramente può risultare più piacevole o meno impegnativo del pasto reale.

E’ sufficiente che il menù sia studiato e presentato da cuochi adusi a praticare un’arte culinaria neanche tanto complessa, ovvero quella di includere fra le portate solo quelle più accattivanti. Nessuna indicazione sul prezzo, sulla complessità in merito all’ amalgama degli ingredienti, sull’altro rischio di insuccesso e sulle sue eventuali conseguenze. Ex ante, l’unica cosa importante è la risposta della gente, la quale deve credere che questo menù sia il migliore fra quelli possibili e disponibili; ex post, vi sarà sempre la possibilità di scaricare la colpa per la brodaglia incommestibile ai soliti fattori esogeni, sabotatori dell’italico gourmet stellato. Fuor di metafora, questo copione sembra riproporre narrazioni già viste in passato, prossimo e remoto, dirà qualcuno. Vero, ma nel Paese di Pico della Mirandola la memoria dei suoi connazionali, o almeno di una parte probabilmente maggioritaria, non pare fra le doti maggiormente presenti ed efficienti.

Mi par già di sentire le osservazioni dei c.d. “minimizzatori”. L’Italia nel corso degli anni ha in più occasioni dimostrato una insospettabile impermeabilità alle crisi, ai numerosi cambi di Governo, agli eventi all’apparenza più stranianti; siamo ancora in piedi e ci resteremo anche in futuro, a prescindere dai gufi e dai profeti di sventure

Piccola riflessione con annessa domanda: si tratta di un auspicio con annesso toccamento scaramantico, oppure dell’ indomita fede nel proverbiale stellone tricolore? Nell’un caso e nell’altro suggerisco di ripercorrere in modo critico, quindi non superficiale ad usum delphini, le vicende degli ultimi 30 anni. Tradotto: aldilà delle affermazioni vuote di contenuti e piene di fasulla sicumera, proviamo a quantificare il costo, pur limitato soltanto all’ultima decade, che i Conti Pubblici (e quindi di riflesso tutti noi), hanno dovuto sopportare in termini di maggiori interessi a causa di promesse elettorali farlocche, politiche economiche clientelari e insostenibili, totale mancanza di credibilità sui mercati internazionali con annesse conseguenze. Parliamo, e mi rivolgo a coloro i quali ignorano (o non considerano) questi dati, di qualche decina di miliardi di euro.

Questo falò di risorse ha inciso non poco in termini di PIL, di mancate misure a favore delle classi più deboli e, più in generale, ha mantenuto l’Italia in una situazione di continua emergenza socio-economica. Costoro, i c.d. “pir(l)omani dello spread”, dopo aver appiccato l’incendio, si sono accucciati nei loro buen retiri partitici senza pagare dazio, accusando poi i successori impegnati a rimettere assieme i cocci, di ogni nefandezza, dall’ impennata del Debito Pubblico all’adozione di politiche anti-popolari. Ah, dimenticavo; non è mai venuta meno la classica “desculpa” degli incapaci, ossia la farneticazione sulla solita congiura degli immancabili Poteri Forti, inclusa la Spectre finanziaria internazionale. Ma forse, a pensarci bene, è pure ovvio!

Chi ragiona con la logica del bottegaio (con tutto il rispetto per la meritoria categoria) applicata alle decisioni di rilevanza strategica nazionali ed internazionali, che idea può avere della mutevole sensibilità e della conseguente reattività dei Mercati ? Adesso che la campagna elettorale, anche se non ancora ufficialmente, è iniziata, pare riproporsi il solito spartito. Quale? A leggere certi quotidiani, ovvero ad ascoltare le opinioni espresse in qualche talk show, saremmo alle prese con reiterati tentativi di condizionare l’esito delle prossime elezioni. Questo, non ad opera dei famigerati hacker russi, la cui inconfondibile manina è stata più volte individuata in operazioni illecite, sia politiche che economiche, in ogni parte del mondo anche in tempi recenti. No, i ladri di democrazia sono i media degli Stati nostri partner storici, i quali semplicemente temono che vengano messi in discussione i capisaldi del nostro sistema di alleanze, quello che ci ha garantito oltre settant’anni di democrazia e di relativo benessere sociale ed economico.

Sbagliano a preoccuparsi ? Può darsi, ma siccome in quei Paesi la memoria è forse più sedimentata e allenata che da noi, certe dichiarazioni non si dimenticano, qualche sbracante simpatia per leader che hanno poco da spartire con i valori occidentali non è passata inosservata. Vero, al momento i famosi Mercati hanno digerito la crisi italiana e attendono l’esito delle prossime elezioni in modo tutto sommato composto. Quindi apprensioni inutili e nessuna nube all’orizzonte ? E poi, la signora Lagarde non ha appena annunciato che ci penserà lei ed il suo board a mettere le briglie alle sale operative intemperanti ? Sarà compito del TPI, Transmission Protection Instrument (che qualcuno ha già definito To Protect Italy) tenere a bada i bollenti spiriti !

Questo scudo anti-spread in effetti è un po’ figlio anche di Mario Draghi e la sua filosofia d’azione non si discosta granché dal “Whatever it takes”. Con alcune differenze non marginali. Gli acquisti di titoli in caso di utilizzo dello strumento “non prevedono limitazioni ex ante”, il che è normale, perché in caso contrario il mercato ne farebbe strame in un giorno . Ma per la sua attivazione sono previste delle condizionalità di non marginale importanza, il cui mancato rispetto ne inibirebbe l’utilizzo. In primis, la Nazione interessata non deve avere in corso procedure per deficit eccessivo, né per squilibri macroeconomici, né aver subito sanzioni per inosservanza alle raccomandazioni del Consiglio Ue.

Non deve essere inadempiente alle azioni correttive prescritte dal Consiglio Ue; deve avere il debito pubblico in una traiettoria sostenibile, valutata da Bce, FMI, ESM, Commissione Ue; deve essere in regola con gli adempimenti richiesti dal Recovery Fund e con le raccomandazioni “country specific” del semestre europeo. E in questa tornata, i giudici di cui sopra fanno parte dell’ala poco accomodante, i c.d. Falchi, poco disposti ai compromessi.

Domanda: il nuovo Esecutivo che si insidierà dopo le Elezioni, nel quale potrebbero essere presenti tanti patologici dipendenti dallo scostamento di Bilancio, sarà in grado di rispettare queste condizionalità, tutte, nessuna esclusa ? In caso di adempimento parziale, anche su una sola di esse, il TPI si trasformerebbe inevitabilmente in Tante Pie Illusioni ed alla luce di una attenta lettura di molti programmi elettorali, temo che finirà proprio così.