Come e quando usciremo da questa crisi? Cosa succederà dopo? Ora più che mai abbiamo bisogno di conoscere la verità, una forza talvolta spiacevole, ma “sempre rivoluzionaria”

Di: Andrea Panziera

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Tutti, proprio tutti, stiamo cercando la verità. Anche chi non ama in modo particolare l’attività dell’esercizio mentale ed è solito sposare senza porsi domande la prima fake news che più si avvicina al suo modo di intendere le vicende umane. Ci chiediamo se ci stiano nascondendo qualcosa, auspichiamo almeno che ci dicano quanto durerà ancora questa situazione generalizzata di “arresti domiciliari”. Auspichiamo, insomma, che dai “piani alti” ci diano un minimo di certezze sul nostro futuro.

La verità è sempre rivoluzionaria”, come peraltro, seppur in differenti contesti, asseriva Gramsci; quindi, qualsiasi essa sia, va rivelata senza indugio. Il problema è che, molto probabilmente, allo stato dei fatti anche i c.d. esperti conoscono solo spezzoni di verità. Soprattutto, essi non sono in grado di formulare alcuna previsione che non possa essere smentita dai numeri qualche giorno dopo. Non mi riferisco soltanto all’evoluzione della pandemia di Coronavirus, ma piuttosto a quanto durerà l’allarme rosso che ormai coinvolge più o meno tutte le Nazioni e che oggi trova l’Italia nella (non piacevole) posizione di epicentro del contagio.

Quando usciremo dal tunnel della paura?

Vista la condizione di permanenza forzata fra le mura domestiche, il passatempo più diffuso è quello di ascoltare quasi ininterrottamente il parere dei luminari della medicina. Eppure, anche in tal caso, questi concordano su molti comportamenti da tenersi nell’immediato, ma non si azzardano a fare previsioni sull’uscita dal tunnel della paura. Due mesi, tre mesi, addirittura dopo l’estate; ogni motivazione addotta a sostegno dell’una o delle altre ipotesi presenta, alla orecchie dell’ascoltatore ignaro e sempre più trepidante, pari grado di affidabilità. Di conseguenza, la sua brama di verità ne esce del tutto inappagata.

Ancora più complessa appare l’analisi e la valutazione del “dopo” per quanto concerne il probabile futuro del sistema economico sia nostro che globale. È una in particolare l’opinione su cui concorda la maggior parte degli economisti e degli addetti ai lavori: siamo di fronte ad una svolta epocale e niente sarà più uguale a prima. Non esistono termini di paragone attendibili con il passato. Né la Sars né il crack finanziario del 2008 sono comparabili con quanto sta accadendo in questi mesi. Le relazioni commerciali e il PIL mondiale sono multipli rispetto ad allora e tali saranno gli effetti quando tutto finirà. Gli Stati più attrezzati, più flessibili, più efficienti e finanziariamente più solidi saranno i primi ad uscirne e forse gli equilibri attuali sulla scacchiera internazionale subiranno mutamenti significativi.

Chi si illude, o, peggio, chi crea l’aspettativa che passata la buriana basterà solo qualche robusto aggiustamento per rimettere la macchina produttiva italiana in carreggiata, mente. Mentre scrivo queste parole, penso a quegli uomini delle Istituzioni che neanche in frangenti drammatici come quello attuale preferiscono anteporre l’interesse nazionale rispetto a quello di parte. Bertolt Brecht affermava che “chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi conoscendola la chiama bugia è un delinquente”.

I numeri non mentono

Ecco, trovo immorale, per non dire criminale, nascondere ai cittadini italiani che l’uscita dalla crisi costringerà tutti a rivedere molte delle nostre abitudini e modelli di consumo. Trovo altrettanto immorale illudere che nel giro di 5-6 mesi tutto potrebbe ritornare più o meno come prima grazie all’utilizzo di risorse prelevate da un Pozzo di San Patrizio che non esiste. Come sempre, i numeri non mentono.

Il settore turistico pesa per circa il 10% sul PIL e con tutto l’Ho.Re.Ca il dato sale attorno al 15%, poco più, poco meno. Solo in queste attività la paralisi attuale provoca una perdita stimabile in 15 miliardi/mese. Vero che il sistema industriale non si è ancora fermato, ma molte PMI (invero non solo loro) sono in grande sofferenza. E lo sono in primo luogo quelle che lavorano su commessa per l’estero (leggi componentistica) ovvero in comparti in crisi come la moda e i beni di lusso.

L’elenco potrebbe andare avanti a lungo. Oltretutto, un Paese come il nostro, che dipende in modo vitale dalle esportazioni, deve fare i conti con la situazione in peggioramento continuo dei nostri principali partner commerciali, la cui domanda di beni sicuramente subirà un calo nel breve-medio termine. Tralascio, ma penso che i lettori del Basso Adige ne siano perfettamente informati: 1) le ulteriori difficoltà indotte da scelte cervellotiche di qualche pseudo statista; 2) dichiarazioni improvvide (ogni riferimento alla Signora Lagarde è del tutto voluto) che annichiliscono Mercati già in fibrillazione.

La verità: rivoluzione e (dis)piacere

È proprio la peculiarità di questa situazione a livello globale a rendere difficile la stima dell’impatto dell’attuale crisi sul nostro sistema Paese. Una situazione in cui la catena del valore si sviluppa senza soluzione di continuità fra Stato e Stato, oltre ovviamente alla incertezza relativa alla durata dell’epidemia. La variabile “tempo” assume una valenza decisiva, ma è adesso un’incognita assoluta.

Uso un’immagine tranchant, ma purtroppo temo di non sbagliarmi: altri tre-quattro mesi vissuti in questa situazione avrebbero un effetto devastante sulla nostra economia e sulla tenuta stessa del nostro sistema Paese. Questa non escludibile (spero con tutto il cuore non probabile) verità va messa nel novero delle possibilità. Tutti dobbiamo esserne consapevoli, perché una volta usciti dalla crisi saremo chiamati per un periodo non breve ad uno sforzo generale che richiederà grandi sacrifici, massimo impegno e senso di appartenenza condiviso corroborato da tangibile solidarietà. Non potremo limitarci al pur lodevole esercizio del rito patriottico collettivo della cantata dell’inno di Mameli dai balconi dei condomini. La verità è sempre rivoluzionaria, ma a volte può anche essere spiacevole, per le orecchie e per il portafoglio.