America Latina, ieri, oggi e domani è il titolo del convegno che si è svolto giovedì 19 maggio presso l’Università di Verona

Di: Samuela Piccoli

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Giovedì 19 maggio si è svolto presso l’Università di Verona un convegno internazionale dal titolo “America Latina, ieri, oggi e domani” organizzato dal professor Giorgio Gosetti del Dipartimento di Scienze Umane e dalla professoressa Federica Bertagna del Dipartimento di Culture e civiltà, in collaborazione con Floriano Zanoni della segreteria della CGIL e Angelo Macalello del Gruppo Cile 2020.

La conferenza era incentrata sulle problematiche e sulle prospettive passate e future del continente latino americano. L’attenzione mondiale è ora catalizzata dalla guerra in Ucraina, ma pochi sanno che 30 delle 40 città più violente al mondo si trovano proprio in America Latina. Nonostante in quel territorio non ci siano guerre dichiarate. Questo accade perché, lì, la forbice della disuguaglianza si sta allargando sempre di più a scapito delle famiglie e popolazioni più povere e disagiate.

Oltre ai sopracitati professori, erano presenti come relatori anche un’ex studentessa universitaria, alcuni redattori  di giornali nazionali qual è “il Manifesto”: Claudia Fanti e Gianni Beretta. Invitata anche Lucia Capuzzi, cronista dell’ ”Avvenire”, che non ha tuttavia potuto prendere parte all’evento perché inviata a Kiev dal suo giornale.

I partecipanti e i temi

Cr. ph. Valeria Palmisano

Il professor Gosetti ha salutato i partecipanti e ceduto la parola alla collega Federica Bertagna. Quest’ultima ha parlato del concetto di America Latina secondo diversi intellettuali, compiendo un excursus da metà dell’Ottocento e sottolineando come i Sudamericani tendano a chiamare il loro continente Nuestra America.

Claudia Fanti, del “Manifesto” ha raccontato approfonditamente dell’industria estrattiva di molti Paesi del continente latino americano e della necessità di non dipendere esclusivamente da essa. A tal proposito, ha spiegato il concetto del buen vivir, cioè di una vita in armonia con la natura, con la Madre Terra. I governi di destra, di sinistra e di centrosinistra che hanno governato in quei territori hanno seguito, con alcune differenze a livello sociale da parte del centrosinistra, le stesse politiche economiche.

Gianni Beretta, altro giornalista del “Manifesto”,ha raccontato della sua esperienza in Nicaragua al tempo della rivoluzione sandinista. Quella che lui ha ritenuto fosse la vera rivoluzione.  Il grande concorso di popolo sancì la fine della dittatura di Anastasio Somoza Debayle nel 1979 e la presa del potere da parte del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale che governò il Paese fino al 1990. Rivoluzione successivamente tradita da Manuel Ortega che si alleò con l’oligarchia. Beretta ha ricordato che i rivoluzionari latinoamericani (Sandino, Castro, Chavez ecc.) non erano né comunisti né, tanto meno marxisti. Negli anni ’50 e ’60 la dipendenza culturale ed economica dalle multinazionali della frutta dei Paesi del Centroamerica era tale da essere definiti le “Repubbliche delle banane“; Cuba, dal canto proprio, era considerata il bordello e il casinò degli Stati Uniti

 Prima del dibattito della prima parte del convegno, è intervenuta anche un’ex studentessa della Facoltà di giornalismo S. P. che ha parlato dell’argomento della sua tesi: il Progetto Alborada. Tale progetto, nato dalla collaborazione tra i sindacati cileni e quelli italiani a fine anni ’80, ha portato al rovesciamento della dittatura del generale Pinochet grazie al prezioso contributo di uomini coraggiosi come Tarcisio Benedetti e al ritorno della stampa libera e democratica.

Ospiti internazionali: Argentina

Dopo la pausa seguita alla prima parte del dibattito, hanno fatto seguito le relazioni di due noti professori stranieri: Maria Inés Barbero docente presso l’Università di Buenos Aires e Joao Carlos Tedesco docente presso Università di Passo Fundo in Brasile.

 La professoressa Barbero ha illustrato ampliamente la situazione del suo Paese. Le fasi dell’economia Argentina dal 1980 al 2019 si potrebbero definire come “stop and go”. Per parecchi anni l’Argentina è stata soggetta ad un’alternanza tra dittature militari e deboli governi democratici, circostanza che ha condotto alla nascita di diversi problemi economici.

Cos’è successo in Argentina…

Cr. ph. questiondigital.com

Alla fine degli anni 90, l’Argentina perse rapidamente la fiducia degli investitori e la fuga di capitali aumentò. Nel 2001 la gente iniziò a temere il peggio e a ritirare grosse somme di denaro dai propri conti correnti bancari, convertendo pesos in dollari e mandandoli all’estero. Si scatenò una corsa agli sportelli. Il governo congelò tutti i conti bancari per dodici mesi, consentendo solo il ritiro di piccole somme di denaro. Questo limite ai prelievi, unito ai seri problemi che causò, esasperò il popolo argentino che in alcuni casi si riversò nelle strade di importanti città, specialmente Buenos Aires. Si svilupparono proteste popolari, note con il nome di cacerolazo, che consistevano nel percuotere rumorosamente pentole e padelle. Successivamente si fecero sempre più violente fino a colpire le proprietà private di aziende estere e di banche argentine.

Nestor Kirchner, eletto il 25 maggio del 2003, cercò di adottare misure contro il neoliberismo incoraggiando la produzione locale e destinando denaro ai servizi sociali controllando la spesa in altri campi. Nel 2015 Mauricio Macri vinse le elezioni e restaurò le regole del mercato economico e finanziario. Le sue politiche neoliberiste portarono ad una forte contrazione dell’economia e a un netto peggioramento degli indicatori sociali (disoccupazione povertà).

Nel 2019 ha vinto le elezioni Alberto Fernández contro il presidente uscente Macri. Il nuovo presidente ha annunciato una serie di misure economiche di emergenza: aumenti delle imposte per i più ricchi e la classe media, agevolazioni fiscali per i più poveri, introduzione di una tassa del 30% sull’acquisto di valuta estera. Il governo sta anche lanciando un piano per combattere la fame attraverso la distribuzione di buoni pasto per più di due milioni di persone.

…e in Brasile

Cr. ph. musibrasilnet.it

In Brasile esiste una violenza endemica che oggi è legittimata dal potere politico del grande capitale fondiario. Quest’ultimo esercita svariate forme di brutalità contro i movimenti dei contadini e degli indigeni per escluderli dalla terra (Movimento dei Sem Terra). Vengono utilizzati gruppi paramilitari e le vittime sono membri delle pastorali sociali, delle comunità di base, della chiesa cattolica, dei contadini, degli indigeni.

Nel 2021, c’erano 2.638 conflitti agrari di varie dimensioni, quasi il doppio rispetto al 2017 (contadini contro madeireiros, compagnie minerarie, imprese di agro-business…). Le esecuzioni e gli omicidi nei primi sei mesi del 2021 hanno coinvolto 261 adulti e 86 bambini; 16 leaders di gruppi organizzati e molti indigeni. Negli ultimi 6 anni, ci sono stati più di 1.600 omicidi nelle aree rurali.

Bolsonaro incentiva la deforestazione, l’estrazione mineraria, la riduzione delle terre indigene e il potere dell’agro-business. Favorisce lo sfruttamento dell’ Amazzonia, nuova frontiera agricola e dell’allevamento, non prevede alcuna nessuna riforma agraria e sostiene la  repressione dei movimenti dei senza terra e degli indigeni. Lula sostiene la cooptazione dei movimenti sociali, i cambiamenti senza mutare la struttura fondiaria, politiche sociali assistenziali, incentiva l’agricoltura familiare e favorisce le cooperative e le agroindustrie.

Per concludere…

Siamo concentrati su quello che accade vicino a noi, all’ambiente conosciuto, ma in realtà nessuno sa veramente cosa accade ogni giorno nel mondo. Nel 2022 ci sono ancora popolazioni che si battono per un pezzo di terra, per i propri diritti, per avere salari degni di questo nome. E per dare un futuro ai figli che sia meglio del semplice accontentarsi.

Eppure ci sono ancora capi di stato, politici, grandi imprenditori che pensano a favorire un ristretto strato della popolazione a scapito della maggioranza. Quando la maggioranza si sveglia e scende in piazza i palazzi tremano, ma bisogna arrivare a questo per capire che le cose devono cambiare?