Una preghiera laica, molti temi, un interrogativo: cosa succederà, quando, in prossimità delle vacanze di Natale, tutta l’Italia diverrà zona gialla?

Di: Andrea Panziera

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Gli esperti da qualche giorno ci dicono che al momento la pandemia sta rallentando, ma non in modo omogeneo in tutto il Paese. Circa metà delle province presenta un indice di trasmissione Rt superiore a 1. Questo dato sta a significare che in quei luoghi la crescita del contagio è ancora molto veloce; quindi, un allentamento delle misure restrittive sarebbe altamente pericoloso e potrebbe cagionare da qui a qualche settimana il rischio concreto di una terza e catastrofica ondata.

A conferma di questa ipotesi vengono citati i riscontri rivenienti dal territorio. Le regioni che fino a pochi giorni fa si trovavano in zona rossa hanno registrato una diminuzione dei contagi tripla rispetto a quelle arancioni e gialle, a testimonianza del fatto che la riduzione della curva è molto maggiore e rapida dove sono in vigore le maggiori restrizioni.

Un interrogativo

Queste statistiche pongono un interrogativo. Un interrogativo che non soltanto attiene alle valutazioni di indirizzo da parte della comunità scientifica e alle conseguenti future decisioni della politica, ma deve giocoforza trovare una posizione di preminenza nei pensieri di ognuno di noi: cosa succederà, quando – verosimilmente – tutta l’Italia diverrà zona gialla, cioè in prossimità delle vacanze di Natale, se non addirittura prima?

Sugli effetti in termini di nuovi contagiati (e morti) causati dalla riduzione delle misure di distanziamento, con conseguente affollamento di luoghi pubblici e via libera alle riunioni conviviali, avremo presto una risposta dagli USA. Per la festa tradizionale del Thanksgiving Day, infatti, è stato autorizzato un esplicito “liberi tutti”. Questo perché business is business e il Black Friday non ammette freni o restringimenti di alcun tipo.

Gli oltre 13 milioni di infettati e i 270.000 morti, a quanto pare, non bastano. Per meglio dire, non sono evidentemente considerati un motivo sufficiente per limitare o regolamentare la brama ludico-edonistica dei vivi. E poco male se, come prevede più di un esperto, entro l’anno gli Stati Uniti rischiano di arrivare a ben oltre 300.000 vittime da Covid. Pazienza per questo “danno collaterale”, ma la libertà di vivere come meglio ci pare e piace vale più della prerogativa delle persone più cagionevoli a non essere, spesso inconsapevolmente, private del diritto alla tutela della propria salute.

“Mi perdoni, Padre, per la mia ignoranza, ma non ho capito…”

In questa occasione, preferisco non tornare sull’argomento “negazionisti” in tutte le declinazioni verbali e, ahimè, operative. Lo ripeto: un breve tour gratuito in un qualsiasi reparto Covid sarebbe più persuasivo di qualsiasi reprimenda. Vista la pervicacia delle loro posizioni, tra l’altro, lo autorizzerei anche senza l’obbligo di mascherina.

Tanto il virus è un’invenzione, no?

Come sanno i lettori, rispetto tutte le opinioni, ma detesto la dietrologia, in qualunque forma si manifesti. Non posso di conseguenza esimermi dal proporre alcune brevi riflessioni su quanto affermato da un uomo di Chiesa, direttore della più nota emittente radiofonica di ispirazione cattolica. Cito testualmente:

“La pandemia è un progetto ben preciso per colpire l’Occidente, volto a fiaccare l’umanità, a metterla in ginocchio, per instaurare una dittatura sanitaria e cibernetica, portato avanti dalle élite mondiali”.

Mi perdoni, Padre, per la mia ignoranza, ma non ho capito: chi sono i mandanti e chi gli autori? E cosa intende per dittatura sanitaria e cibernetica? In pochi hanno la fortuna di possedere le Sue elevate doti interpretative e una ulteriore precisazione sarebbe di illuminazione e giovamento per tutti.

Una preghiera laica

Vorrei infine affrontare un tema che, seppur in modo indiretto, mi tocca personalmente. Prendo spunto da un’accorata lettera di un medico di base di Padova, indirizzata al Presidente del Consiglio da un reparto di terapia semi-intensiva. Riporto alcuni passaggi della missiva:

“Io non so se rivedrò mia moglie e i miei figli. Ora, da questo letto, mi sento di dirle che lei dovrebbe rimuovere chi non è stato all’altezza della situazione… I suoi collaboratori non hanno capito che gli studi dei medici di famiglia sono diventati ambulatori Covid. E come tali andavano protetti con procedure e indicazioni di sicurezza che non sono mai arrivate”.

In queste ore, il mio medico di base, al quale sono legato da profonda amicizia e stima, si trova nella medesima situazione. L’aspetto che più mi angoscia è immaginare lo stato di ansia in cui versano i familiari, l’anziana madre che ho personalmente conosciuto, la moglie, i due figli, probabilmente impossibilitati non solo a vederlo, ma anche ad avere notizie veritiere e aggiornate sul suo reale stato di salute.

In questi momenti, mi frullano nella mente sentimenti ed episodi, dalla comune passione sportiva per l’Inter, con inevitabile commento sulla partita, alle mie battute sul suo sovrappeso. Quando ci sentivamo – spesso accadeva anche fuori dall’orario di lavoro – mi divertivo a chiamarlo “Dottor Pasquano”, per la sua genuina sicilianità, anche culinaria, e la comune ammirazione, condivisa con le nostre mogli, per Camilleri.

Spero che, da lassù, Marcello Perracchio, o chiunque possa ascoltare questa mia preghiera laica, si faccia persuaso, come direbbe Montalbano, che qui da noi c’è ancora tanto bisogno di medici così generosi e disponibili.