Ritorno a scuola: domande, problemi, perplessità e soluzioni riguardo una delle tematiche più controverse degli ultimi tempi

Di: Andrea Panziera

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Dopo la pubblicazione del vademecum redatto dal Comitato Tecnico Scientifico inerente all’apertura delle scuole fra meno di un mese, sembrava che la questione fosse giunta alla conclusione. E questo al seguito di mesi di discussioni, trattative e, assai più spesso, invettive e recriminazioni. Non è così.

Anche gli ultimissimi confronti online fra Ministeri per qualche verso competenti ed Enti locali si sono conclusi con la constatazione che l’incertezza regna ancora sovrana. Non è assolutamente chiaro, infatti, cosa accadrà da qui al 14 settembre.

L’ultimo oggetto del contendere sembrano essere i trasporti, ovvero l’insufficienza, causa riduzione della capienza, dei mezzi pubblici e degli Scuola Bus che dovrebbero garantire l’arrivo degli studenti in sicurezza, quindi senza assembramenti e nel rispetto degli orari. Ma i nodi da sciogliere, in realtà, sono più di uno; e sono decisamente troppi secondo i presidi, i dirigenti scolastici e i sindacati di categoria. Vediamoli in estrema sintesi.

Gli orari

Il CTS suggerisce di procedere, qualora le strutture non siano sufficientemente capienti, a ingressi e uscite differenziati per fasce orarie. Così facendo, si eviterebbero gli assembramenti. L’obiezione è che, soprattutto nel caso in cui fossero i genitori ad accompagnare i figli a scuola, si creerebbero problemi insormontabili di compatibilità con gli impegni lavorativi di padri e/o madri.

Domanda: non sarebbe possibile chiedere alle aziende di introdurre una maggiore flessibilità temporale, previa presentazione di adeguata documentazione?

La misurazione della temperatura corporea

A chi spetta l’incombenza? Al momento, l’unica certezza è che in presenza di valori superiori a 37,5 gradi lo scolaro/studente non si deve muovere da casa. Il buon senso suggerirebbe che il compito di verificare la presenza o meno dello stato febbrile spetti ai genitori in caso di minori o al diretto interessato per gli over 18; tuttavia, l’esperienza di questa estate da “liberi tutti” fa temere il peggio.

A mio parere, il criterio di prevenzione più adeguato sarebbe quello di procedere alla misurazione immediatamente prima dell’ingresso in aula a cura di un incaricato dell’Istituto tramite l’utilizzo di un termo scanner. Procedura questa a cui si dovrebbe sottoporre anche tutto il personale scolastico. Costo dell’acquisto: meno di 50 € per gli apparecchi più semplici, qualche centinaio di euro per quelli fissi.

Uso della mascherina: dev’essere indossata o no?

Qualche governatore regionale sostiene che non ha senso imporne l’uso. A suo dire, soprattutto, sarebbe impossibile far rispettare tale obbligo agli scolari più giovani. Su questo punto non mi sembra che la comunità scientifica nutra alcun dubbio: indossarla è imprescindibile e non possono essere ammesse eccezioni, senza se e senza ma. Chi solleva obiezioni lo fa solo per finalità che nulla hanno a che vedere con la salute delle persone.

Basta recarsi in un qualsiasi supermercato per rendersene conto: il personale addetto alle casse non solo indossa senza problemi la mascherina per tutto il turno di lavoro, ma spesso è munito di visiera protettiva, ben più fastidiosa e pesante. Non mi risulta che ciò abbia comportato recriminazioni o gravi difficoltà nell’espletamento delle mansioni lavorative.

Problema della dimensione dell’aula e soluzioni alternative

Quello che sembrava uno dei principali ostacoli alla ripresa in presenza della didattica pare stia in parte rientrando. Suggerimento: obbligo di sanificazione prima di ogni inizio della lezione. Si tratta di un’operazione che richiede pochi minuti: è sufficiente un piccolo compressore che diffonde una nube d’alcool e acqua ossigenata, dal costo all inclusive di qualche centinaio di euro.

Un’infinita e sterile diatriba

Le linee guida del CTS regolamentano anche altre fattispecie, soprattutto le azioni da porre in essere nel caso di presenza conclamata di episodi di contagio. Duole ammetterlo, ma la querelle fra i vari Organi dello Stato sta assumendo sempre più le sembianze di una diatriba infinita, spesso inutile perché non accompagnata da proposte alternative praticabili e destinata a non approdare ad alcuna conclusione condivisa.

Si discute da mesi, ci si accapiglia sui banchi a rotelle che non arrivano, ma nella realtà la sensazione è che ci si stia cimentando in un tedioso gioco di scaricabarile, perché nessuno vuole assumersi la responsabilità di decisioni che potrebbe rivelarsi non sufficienti allo svolgimento dell’attività didattica in un ambiente che garantisca condizioni di sicurezza.

Una problematica delicatissima

È bene dirlo con chiarezza: allo stato attuale dell’evoluzione della pandemia, nessuno è oggettivamente in grado di assicurare che non sussista da qui a qualche settimana la possibilità che le scuole vengano richiuse e sottoposte all’adozione di procedure più stringenti di quelle attualmente previste, inclusa la ripresa dell’insegnamento online.

Sta accadendo così in Germania e, con l’adozione di provvedimenti differenti, anche in alcuni Paese nordici. L’unica differenza fra noi e loro consiste nell’esistenza di regole certe, diventate prassi in tutti gli istituti. Regole accettate e praticate dal personale amministrativo, docenti, studenti e famiglie, che in alcuni casi si sono rivelate non del tutto idonee alla prevenzione del rischio di nuovi contagi e di conseguenza sono state riviste in corso d’opera per renderle più efficaci.

È fuor di dubbio che quando si parla di tutela della salute ci si trova a maneggiare una problematica delicatissima. Nondimeno, è sicuramente preferibile rischiare un eccesso di cautela, anche a costo di essere accusati, magari a sproposito, di limitare le libertà personali. Ma a un certo punto bisogna decidere, perché il compito di chi rappresenta i cittadini, e per questo viene lautamente pagato, è proprio quello di farsi carico di questa ineludibile e doverosa responsabilità.