Scritto e diretto da Aaron Sorkin, “Il processo ai Chicago 7” è il film di critica contemporanea candidato con sei nomination agli Oscar 2021
Di: Sofiasole Scotti
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Pantere Nere, proteste represse nel sangue, resistenza armata, rivendicazioni contro un governo oppressivo: tematiche forti che Aaron Sorkin porta agli Academy Awards 2021, domenica 25 aprile, con il film Il processo ai Chicago 7.
Sorkin, noto sceneggiatore statunitense, ha lavorato a capolavori del calibro di Nemico Pubblico e The Social Network. Con quest’ultimo film ha vinto l’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale. Nel 2017, ha esordito come regista con l’opera prima Molly’s Game.
Il processo ai Chicago 7 è dunque il secondo lavoro in cui Aaron Sorkin mette in scena le proprie abilità di regista. Candidato a sei premi Oscar, tra cui miglior film, migliore sceneggiatura originale e miglior attore non protagonista, il film di Sorkin è il risultato di più di 14 anni di ricerche. Lo spiega il regista a “Repubblica”, raccontando dell’incontro con Steven Spielberg, da cui nacque l’idea di far riemergere questa pagina di storia.
“Mi dice che vuole fare un film su questo assurdo processo per cospirazione avvenuto a Chicago nel 1969. Rispondo che è incredibile, perché anch’io voglio da tanto tempo scriverci un copione. Esco e chiamo mio padre: ‘Ma cos’è sto processo? Non ne so nulla’”.
Hollywood propone per questo 2021 un film di critica sociale, che accende i riflettori su uno dei processi più famosi della storia contemporanea statunitense. Il film si basa sul reale processo a sette attivisti coinvolti nelle proteste contro la guerra del Vietnam, ai quali si aggiunge un ottavo imputato appartenente al gruppo delle Pantere Nere.
Il film, datato 2020, sarebbe dovuto arrivare in sala con la Paramount, ma a causa della pandemia non è stato possibile. Così, Netflix ha colto l’occasione al volo e dal 16 ottobre 2020 ne ha reso disponibile la visione sulla sua piattaforma.
L’equilibrio narrativo di Sorkin
Sorkin mette in scena una battaglia tra parole e fatti, elaborando il quadro generale attraverso un intreccio di flashback e flashforward. Il risultato è una storia lunga poco più di due ore, che tiene vivo l’interesse dello spettatore e accende la curiosità sul numeroso cast.
Il regista riesce a dare il giusto spazio a tutti i personaggi, principali e non, senza cedere alla superficialità. Pertanto, non si limita alla mera rappresentazione delle loro azioni, ma si concentra sul profilo psicologico e morale di ognuno.
Aaron Sorkin ha scritto e diretto un film corale, in cui le storie di tutti i personaggi si intrecciano nella narrazione. I profili dei sette di Chicago, dell’ottavo imputato, rappresentante delle minoranze nere, degli avvocati di difesa e accusa, ma anche quelli di alcuni testimoni del processo, affiorano per gradi grazie alle rievocazioni dei fatti per mezzo di vari flashback.
Un vero e proprio legal drama, all’interno del quale vengono bilanciati gli aspetti legali del processo insieme al fattore umano e psicologico.
Un cast vincente
Il cast de Il processo ai Chicago 7, benché eterogeneo, riesce a conferire notevole equilibrio alle scene. Il risultato è la percezione di una forte empatia da parte dello spettatore, resa possibile dall’ampiezza dello spettro emotivo e dalla varietà di valori trasmessi dai personaggi.
Tra i sette di Chicago, il famoso attivista Tom Hayden viene interpretato da Eddie Redmayne (The Danish Girl, Animali Fantastici e dove trovarli). Sacha Baron Cohen, nominato agli oscar come miglior attore non protagonista, è Abbie Hoffman, un hyppie in apparenza sempliciotto, interpretato in chiave comica, nondimeno profondo d’animo. Sempre tra i 7 spicca John Carroll Lynch (Zodiac, The Founder) nel ruolo del gigante buono.
Tra i legali protagonisti del processo emerge la stupefacente umanità che Mark Rylance (Il Ponte delle Spie, Dunkirk) porta al difensore dei Seven. Di contro, non si può non menzionare Joseph Gordon-Levitt (Inception, Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno), il quale, alla guida dell’accusa, dona indubbio spessore al proprio personaggio.
Degna di nota anche la breve apparizione di Michael Keaton (Birdman, The Founder). In particolare, incisiva la sua entrata in scena come testimone grazie all’immensa capacità comunicativa ed espressiva.
Un film che viene alla luce in un periodo turbolento, non solo per la pandemia globale e la crisi economica, bensì per le lotte contro le ingiustizie sociali. Lotte a cui il mondo, e soprattutto l’America, ancora oggi assistono. Il processo ai Chicago 7 è una storia di attivisti liberali, di diritti negati e abusi di potere; perciò, meglio di qualunque altra, in questo preciso momento storico, può – e dovrebbe- ispirare la riflessione.