Le diverse vie per accedere alla città di Verona al tempo dei Romani: le rovine di Porta dei Borsari e di Porta dei Leoni

Di: Elisa Silvestri

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In passato, le porte di una città non solo stabilivano i confini tra centro e territorio circostante, ma fungevano da tramite tra due differenti realtà. Al tempo dei Romani, la città di Verona aveva una dimensione contenuta rispetto a come la vediamo oggi.

Porta dei Borsari
Cr. ph. Elisa Silvestri

Le porte venivano edificate all’inizio delle principali strade cittadine. Queste erano il cardo e il decumano e si incrociavano in un punto chiamato foro, centro dell’urbe e luogo di commercio privato e pubblico.

La Porta dei Borsari

Risalente al I secolo d.C., la Porta dei Borsari permetteva l’ingresso nella città di Verona. Il noto monumento si ergeva su una delle strade principali romane, la via Postumia, e sul decumano massimo.

In epoca romana, il nome della struttura era differente: essa era nota come “Porta Iovia”, poiché adiacente a un tempio rivolto a Giove Lustrale. L’appellativo “Borsari” nacque durante il periodo medievale in riferimento ai cosiddetti bursarii, individui che, appostati all’ingresso della città, avevano il compito di riscuotere il pagamento dei dazi – imposte da saldare per accedere al centro cittadino.

La Porta dei Leoni

Porta dei Leoni
Cr. ph. Elisa Silvestri

Situata all’inizio del cardo massimo, anche Porta dei Leoni venne edificata durante il I secolo d.C. L’origine del nome risale al XV secolo e deriva dalla tradizione popolare. Proprio nelle vicinanze dell’edificio, infatti, si rinvenne una tomba romana, il cui sarcofago era accompagnato da due leoni, posti uno di fianco all’altro.

Come per la Porta dei Borsari, oggi è possibile fruire solo di ciò che resta del monumento. Precisamente, la metà della facciata rivolta verso l’interno della città, allocata in via Cappello, è murata da un edificio del XIII secolo.