Ieri era la Giornata della Memoria, ricorrenza a cui sono dedicati numerosi articoli e post social. Tuttavia, ci chiediamo: abbiamo veramente memoria?
Di: Samuela Piccoli
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Ieri era la Giornata della Memoria, ma è stata una giornata come un’altra. A causa della pandemia, forse, è trascorsa un po’ in sordina. Si scrivono fiumi di parole sul significato della parola memoria: si mostrano video, si fanno interviste agli ormai pochi sopravvissuti dei campi di concentramento. E per un giorno all’anno si riflette sulle nefandezze accadute nel passato.
Memoria, ma quale?
Nel frattempo, mi frullano per la testa notizie di qualche giorno fa. Alexei Navalny, oppositore politico di Putin, è tornato in Patria dopo un fallito tentativo di avvelenamento e qui, accolto dalla polizia, è stato arrestato.
Dopo 5 anni, ancora nessuna sentenza per l’uccisione di Giulio Regeni, ma finalmente è stata fissata l’udienza preliminare davanti al gup di Roma Pier Luigi Balestrieri per i quattro agenti dei servizi segreti egiziani accusati del sequestro, delle torture e dell’omicidio.
Patrick George Zaky, ricercatore egiziano 27enne e difensore dei diritti umani, è ancora in carcere – dal 7 febbraio del 2020 – con le accusa di fomentazione delle manifestazioni e del rovesciamento del governo. I termini di scarcerazione vengono continuamente spostati, mentre l’Egitto mostra disprezzo per la dignità dei detenuti.
I profughi provenienti da Pakistan, Afghanistan, Iraq, Iran e Siria stanno cercando di sopravvivere nel nord della Bosnia-Erzegovina. Le condizioni ambientali sono estreme, non c’è cibo né riparo. Allora, mi chiedo: di quale memoria stiamo parlando, se negli ultimi 50 anni, molto tempo dopo la II guerra mondiale, in tutto il mondo si sono succedute dittature sanguinose?
In Brasile nel 1964, in Cile nel 1973, in Argentina nel 1976, in Uruguay nel 1973, per non parlare di quelle ancora presenti nel Mondo – in Corea del Nord, Eritrea, Sudan, Mali – e di quelle non dichiarate. Dittature di cui tutti, comunque, sono a conoscenza. Ancora campi di tortura, ancora desaparecidos, ancora persone perseguitate per le loro idee. Questi pensieri mi fanno sprofondare nello sconforto. Poi, faccio un bel respiro, penso a tutti coloro che nel Mondo si danno da fare per aiutare chi vive nella miseria e nel costante bisogno, e ritorna un po’ di ottimismo.
Iniziative benefiche “porta a porta”
In questo periodo, infatti, si sono moltiplicate le iniziative benefiche nate spontaneamente dalla volontà di molti cittadini di dare una mano a chi si trova in grave difficoltà, italiano o straniero che sia. Scatoloni della solidarietà consegnati alla mensa della carità di San Bernardino, raccolta di beni di prima necessità per i profughi in Bosnia e di giochi usati, durante il periodo natalizio, per i bambini più bisognosi. Le famiglie non si risparmiano e pensano a chi è più in difficoltà di loro.
I giusti della Terra
Mi colpiscono in modo particolare i racconti di alcuni personaggi che, vissuti in momenti diversi della storia, sono stati in grado grazie alla loro umanità di cambiare il destino di migliaia di esseri umani, salvando loro la vita.
Il primo è Oskar Schindler, ricordato per aver salvato più di 1000 ebrei dallo sterminio della Shoah perpetrato durante il secondo conflitto mondiale. Nonostante non si conosca il numero esatto, secondo alcune fonti furono tra i 1200 e i 1300. Schindler utilizzò il pretesto di impiegarli come personale necessario allo sforzo bellico presso la fabbrica di utensili D.E.F (Deutsche Emaillewaren-Fabrik) di Cracovia.
Il secondo è Jorge Schindler, ora settantacinquenne, del quale sono venuta a conoscenza durante alcune ricerche sul Cile. Riuscì a proteggere migliaia di perseguitati dal regime di Pinochet nascondendoli come impiegati nella catena di farmacie che possedeva a Santiago. Scoprì, guardando il film Schindler’s list, di non essere stato il solo Schindler ad aver combattuto una dittatura usando lo spirito imprenditoriale. Restò inoltre incredulo nel vedere che chi lo aveva fatto prima di lui portava il suo stesso cognome.
Un altro personaggio da ricordare, morto recentemente e menzionato da Milan durante la sua trasmissione radiofonica Uno, nessuno, 100Milan, è Pierantonio Costa, imprenditore di successo trasferitosi in Ruanda nel 1965. Dal 1988 al 2004 gli fu affidata la rappresentanza diplomatica.
Allo scoppio del genocidio, nel 1994, utilizzò la maggior parte dei propri averi per aiutare la popolazione. Si stabilì in Burundi, a casa del fratello, e da lì cominciò una serie incessante di viaggi attraverso il Ruanda per mettere in salvo il maggior numero di persone possibile. Costa usò i privilegi di cui godeva, la rappresentanza diplomatica, la rete di conoscenze e il proprio denaro per ottenere visti di uscita dal paese per tutti coloro che gli chiedevano aiuto. Riuscì a salvare circa 2000 persone, tra cui più di 350 bambini.
Speranza…
Sono molte altre le persone che, nei momenti bui della storia, si sono messe in gioco per gli altri. E sono molti coloro che hanno rischiato la vita perché pensavano che il Mondo, senza un minimo di umanità, fosse perduto. Forse, questa Giornata della Memoria, in parte, dovrebbe essere dedicata anche a loro, cosicché in ogni luogo della Terra si continui ancora, ancora e ancora a credere che, senza il rispetto della vita, della dignità e dei diritti umani, ci sarà sempre qualcuno che avrà la sfrontatezza di dire:
“Yo no conozco eso delos derechos humanos. ¿Qué es eso? “.
(“Io non so nulla di diritti umani. Che roba sono?”).
– Pinochet, 1970 ca.
E non dobbiamo più permettere che ciò accada.