Si dice che, quando viene a mancare, un animale percorra il ponte dell’arcobaleno. Un luogo immaginario, ma non troppo, dove pensiamo vada una volta finita la sua vita terrena

Di: Samuela Piccoli

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Ho sempre avuto gatti fin da quando, piccolissima, gattonavo, forse è proprio per questo motivo che è nata la mia grande passione per gli animali in generale e per i felini in particolare. Mi piacciono tutti: belli, brutti ciechi, storpi, cuccioli e adulti sulla via del tramonto, perché ognuno ha la straordinaria capacità di donare amore incondizionato senza pretendere nulla in cambio. Nemmeno i gatti, considerati dalla maggior parte della popolazione opportunisti e indipendenti.

Non ho mai trovato due felini che avessero il carattere anche lontanamente simile, e, anche per questo li ho amati tutti per la loro natura. Li ho sempre considerati parte della famiglia. Quando mi domandavano di quante anime era formato il mio gruppo familiare rispondevo sempre 8: due adulti, due bimbi e quattro gatti, almeno fino ad una settimana fa…

Quando abitavo con i miei avevo l’abitudine di far dormire i gatti randagi in garage perché fossero al sicuro di notte. Purtroppo però non avevo preso in considerazione il fatto che potessero avere le pulci, come di fatto è stato, tanto da dover chiamare una ditta di disinfestazione, con grande disappunto di tutta la famiglia. Tra tutti i felini adoro i gatti rossi e i gatti bianchi, in effetti come per magia, negli anni sono entrati a far parte della mia vita due gatti rossi e due gatti bianchi: Baldo, Romeo, Neve e Tobia.

Baldo, il primo amore…

Il primo vero amore è stata una rinuncia di proprietà: mia zia me l’ha regalato perché non poteva più tenerlo. Era un gatto persiano red tabby con il muso non troppo schiacciato, un meraviglioso batuffolo di pelo rosso. Non ci sono dubbi che tra noi sia stato amore a prima vista: anche se non sembra, i gatti scelgono chi sarà il loro punto di riferimento e nel caso di Baldo, questo era il suo nome, ero indubitabilmente io. Avevo 13 anni quado è entrato a far parte della mia famiglia ed è stato un compagno fedele per 14 lunghi anni.

Si sdraiava placidamente sui miei libri quando dovevo studiare e si avvicinava facendo fusa a profusione quando mi vedeva triste e sconsolata. Ogni notte dormiva con me e la mattina, stiracchiandosi, seguiva con attenzione tutta la preparazione frenetica per andare a scuola puntuale (ci riuscivo raramente). I miei genitori sapevano sempre l’orario preciso in cui rientravo a casa, dopo una serata trascorsa fuori con gli amici, perché Baldo mi aspettava davanti alla porta e miagolava festosamente non appena varcavo la soglia, incurante che fossero le due di notte. Impossibile mentire sull’ora, Baldo la rivelava nonostante cercassi di celarla. Successivamente, dopo averlo accarezzato un po’, mi seguiva in bagno, aspettando pazientemente che mi struccassi e mi mettessi il pigiama per poi seguirmi a letto, felice che fossi rientrata.

Il primo addio

I gatti in generale, e i gatti persiani in particolare, possono soffrire di insufficienza renale e così, purtroppo, è stato per Baldo. Non mi sono mai accorta davvero che fosse diventato vecchio, lui rimaneva ai miei occhi il cucciolo di sempre. Sfortunatamente, però, aveva cominciato a star male e ad isolarsi molto più spesso. Poi il triste annuncio: Baldo aveva i reni seriamente compromessi e non avrebbe vissuto ancora a lungo.

Come avrei fatto senza il mio compagno di coccole e fusa, quasi il fratello che non avevo mai avuto? Così una sera mentre ero al cinema, ho sentito una fitta al cuore, sentivo che qualcosa non andava e mi sentivo profondamente triste. Sono tornata a casa e Baldo non c’era. I miei genitori l’avevano portato dal veterinario, perché era peggiorato.

In realtà, ho scoperto dopo qualche anno, che l’avevano portato a sopprimere perché smettesse di soffrire. È stato per me il primo vero lutto, un dolore intenso che ti spezza dentro, molto difficile da capire per chi non possiede animali domestici. Non ho più voluto saperne di gatti per un po’, finché non ho incontrato prima Tobia e poi Romeo.

Romeo, er mejo der Colosseo

Romeo era un gattino nato da una gatta randagia nel 2005; un batuffolo di pelo rosso che incontravo durante le mie passeggiate estive sul far della sera. Una signora mi ripeteva sempre: “Portatelo via, altrimenti poverino rimane per strada”. Senza pensarci due volte ho recuperato una gabbietta e l’ho portato a casa, con sommo disappunto dell’altro felino, Tobia, che, fino a quel momento, era stato il re indiscusso del “castello”. Dalle prime visite veterinarie, non erano emersi problemi, era apparentemente un gatto sano, dolcissimo e molto affettuoso, probabilmente un incrocio con una razza norvegese viste le dimensioni. Sono diventata a tutti gli effetti la sua “mamma umana”, e le mamme capiscono al volo i problemi dei loro “cuccioli”.

I primi problemi

Romeo, in realtà, non era così sano e forte come poteva sembrare e nel primo anno di vita ha cominciato a manifestare le prime allergie: il musetto si gonfiava come un palloncino e aveva bisogno di punture al cortisone per poter guarire. Romeo è stato molto fortunato ad incontrare Valentino B., il suo veterinario, che negli anni è riuscito a risolvere i suoi innumerevoli problemi.

Primo tra tutti un’infezione alle gengive che mi ha costretta a fargli asportare tutti i denti, anche se lui ha continuato a mangiare di gusto, nonostante tutto. Nell’ultimo decennio, però ha sviluppato sia problemi renali che il diabete e per questo, il nostro legame è diventato ancora più saldo e forte. Nonostante li accudisse anche mio marito, ero sempre io ad accorgermi che Romeo stava male e ho perso il conto delle corse fatte sia al pronto soccorso che dal veterinario.

Valentino non si capacitava: “Questo gatto è un mistero, ha consumato tutte le sue vite ed è ancora qua, è quasi un miracolo.”. E io pensavo tra me e me che fosse tutto il mio amore a tenerlo ancora legato alla vita terrena. Era stato l’unico ad accorgersi che ero incinta quando ancora io stessa non me ne ero resa conto.

L’ultimo periodo

Qualche mese fa Romeo è diventato cieco a causa del diabete. Nonostante fosse più statico e più malinconico, nulla mi faceva presagire che mi avrebbe lasciato da lì a poco tempo. Non saliva più le scale per venire in salotto a godere della nostra compagnia, questo è vero; preferiva stare arrotolato nella sua cuccia, per poi farmi milioni di fusa quando andavo a salutarlo e a coccolarlo un po’.

Se n’è andato una settimana fa, dopo 17 anni, mentre io ero in vacanza con tutta la famiglia. Il mio più grande rammarico è di non essere stata con lui, di non averlo salutato e abbracciato prima che andasse sul ponte. Mi dispiace anche per il fatto che con la nascita dei miei due bimbi il tempo da dedicare a lui e agli altri suoi “fratelli” felini si è dimezzato. Solo il tempo, non l’amore, quello è rimasto costante e si è addirittura rafforzato negli anni.

Quando Valentino mi ha detto che era morto mi sono sentita mancare il respiro, un dolore forte, tanto intenso da mandare il cuore in frantumi. Ora devo convivere con la sua assenza, con il vuoto lasciato, anche se lui vivrà sempre nei miei ricordi e nella mia memoria.

Coincidenze…

È stata una vacanza in cui le cattive notizie non sono mancate. Lilli, una signora deliziosa, sorridente e sempre pronta  a sostenerti con una parola gentile, è morta lo stesso giorno di Romeo. Era la mamma di una mia amica e io le ero affezionata, proprio per il suo buon cuore. Mi piace pensare che Lilli volesse compagnia nel suo viaggio e Romeo si sia offerto di accompagnarla, con la sua codona rivolta all’insù. La perdita di un genitore, ovviamente, non è paragonabile a quella di un gatto.

Lasciatevi dire, però, che queste creature, che si tratti di un gatto, di un cane o di qualsiasi altro animale, riempiono le vite di chi li accoglie rendendole più felici e più ricche. E il bene non è direttamente proporzionale a quello dato, è infinitamente di più. Mi ha colpito una frase trovata sul web che io condivido pienamente: “La parte più difficile è quella di vedere il cucciolo che hai conosciuto il primo giorno, imprigionato in un corpo che non gli permette più di fare ciò che riusciva a fare soltanto qualche anno fa”. (G. Piccinini). Un amore così non si può tradire… mai.