Ufficiale, paracadutista, operatore subacqueo, pilota e istruttore: è il racconto di un uomo, Paolo, che ha fatto della resilienza il leitmotiv della sua vita

Di: Samuela Piccoli

LEGGI ANCHE: “Alborada. La rotativa della libertà”: l’intervista a Tarcisio Benedetti

TRADUZIONE: On the Wings of Freedom (Leggi ora)

Un bell’uomo, probabilmente, ordinario su una sedia a rotelle, questo è ciò che si pensa di Paolo Pocobelli quando lo si incontra per la prima volta. Nulla di più lontano dalla realtà. Paolo ha perso l’uso delle gambe a 22 anni, nel 1994, durante un lancio col paracadute. Nonostante l’incidente, è stato il primo paraplegico in Italia ad ottenere tutte le licenze di volo: sportiva, privata e commerciale. Ha ottenuto tutti i brevetti negli Stati Uniti convertendoli, successivamente, al suo rientro in Italia.

 È anche un abile istruttore che ha fondato l’associazione “Ali per tutti” per permettere anche ai diversamente abili di poter pilotare gli ultraleggeri o aerei di aviazione generale con modifiche strutturali. Infatti ha trasformato la scuola di volo di Boscomantico, in provincia di Verona, nella prima che rilascia brevetti a piloti disabili. Insomma un uomo che ha trasformato la disabilità in possibilità di poter fare qualcosa di grande e di essere d’esempio per altre persone che hanno avuto la sua stessa sfortuna, se così la vogliamo intendere dopo aver ascoltato la sua storia.

La vita di un uomo poco ordinario: l’incidente

“Ho 52 anni sono nato a Milano da una famiglia di 4 figli, tre sorelle ed io e sono cresciuto con loro e con mia mamma. Sono sempre stato innamorato di tutto ciò che stava per aria: paracaduti e aeroplani che sono stati il mio pallino sia nell’adolescenza che, successivamente, nell’età adulta. Se da giovane il minimo comun denominatore della mia vita è stato il volo, da adulto questo minimo comun denominatore è divenuto il concetto di resilienza, di rialzarsi, di ritrovare le energie rimaste. A tutti succedono imprevisti nella vita e non li possiamo definire grandi o piccoli perché dipende sempre da come li viviamo.

Dal 5 giugno del 1994, quando ho avuto l’incidente col paracadute, è stato tutto un continuo rialzarsi.  Sono caduto col paracadute e mi sono rotto il femore e due vertebre. Tutto ciò mi ha reso paraplegico. Dopo un periodo di riabilitazione per rimettermi in “piedi”, se così possiamo dire (ride), ho lavorato per sei anni come trader in una banca. Il mio, quindi, era un posto privilegiato a cui molti giovani ambivano per fare carriera, ma il mestiere di trader non faceva per me, soprattutto per il fatto di essere chiuso in un ufficio; mi mancava l’aria aperta.

Ho cominciato a sentire una gran voglia di cambiamento e, successivamente, ho mollato tutto per andare a vivere in Egitto dove mi sono reinventato come video operatore subacqueo. A 17 anni avevo preso il brevetto di Advanced diver della Padi. Prima di partire ho fatto tutta una serie di certificazioni un po’ più tecniche, perché non sapevo se mi avrebbero fatto lavorare.

Video operatore subacqueo e pilota

 In Egitto è andata bene perché sono riuscito a esercitare la professione di video operatore subacqueo e ciò che facevo mi piaceva molto, ma poi il richiamo del volo è stato più forte. Sono tornato in Europa nel 2005 e sono rimasto a casa due mesi, giusto il tempo per organizzarmi  e poi sono partito per San Diego. Avevo trovato, tramite internet, una scuola di volo che millantava di essere in grado di fare corsi per disabili. In realtà, ho successivamente scoperto che io ero il primo. I proprietari mi hanno chiesto cosa volessi fare e ho risposto che volevo fare il pilota professionista. Dopo aver effettuato tutti i corsi per diventare effettivamente un pilota professionista, ho lavorato qualche anno negli Stai Uniti come istruttore.

Ho avuto due grandi insegnamenti nella vita: vivere la vita giorno per giorno affrontando i problemi uno alla volta ed essere caparbio e determinato negli obiettivi che voglio raggiungere. Sono tornato in Europa nel 2009 e qui ho scoperto che le mie licenze non valevano più nulla e pensa che il volo per disabili da professionisti l’ho inventato io. A 38 anni mi sono trovato  a ricominciare nuovamente da capo e mi sono rimesso a studiare. Ho trovato per un caso fortuito una scuola di volo a Verona che ora non c’è più e sono stato assunto. Qui mi hanno dato la possibilità di convertire le mie licenze; sono state inoltrate le domande alle autorità competenti che hanno valutato, pezzo per pezzo, quello che poteva essere approvato.

Poi mi sono rimesso in gioco: mi sono messo a studiare per diventare pilota commerciale in Europa. Dopo aver sostenuto tutti gli esami, mi è stato offerto un lavoro qui a Verona prima per questa scuola, e poi, per l’Aeroclub di Verona, dove tutt’ora opero e volo come capo istruttore. Nel frattempo nel 2014, a 43 anni, sono diventato papà e anche in questo caso, ho capito che il mestiere di padre si impara giorno per giorno, un passo alla volta. Ho affrontato nella vita problemi non proprio piccoli, eppure la cosa che mi faceva più paura era diventare padre perché è per tutta la vita.

Un nuovo progetto: l’Handi flight around the world

Tutto sembrava aver trovato un equilibrio: ero tornato a fare il pilota, avevo avuto due figli, Margherita ed Enrico e poi nel 2019 mi invitano a fare il giro del mondo in aereo per un progetto ( Handi flight around the world) che voleva dare un’ immagine positiva della disabilità. Inizialmente eravamo due piloti, ma il progetto ci ha messo un po’ a decollare e nel frattempo è nato Enrico , quindi abbiamo cambiato gli equipaggi. Io sono diventato un pilota di back up nonché il responsabile della parte sicurezza. Io facevo la tratta da Ginevra, dove è partito il progetto, a Verona.

Sono partiti questi due miei amici Mike Lomberg e Guillaume Feral , che quest’anno mi ha aiutato ad organizzare Le Bourget, ai quali si è aggiunto un pilota sudafricano. Tutti e tre erano piloti paraplegici. Durante una fase del loro volo a Dicembre  del 2018; Mike ha un incidente precipita e muore. Come responsabile della sicurezza vengo contattato e decidiamo tutti insieme di bloccare il progetto. Ma sono dovuto  andare in Thailandia per portare uno degli aerei per disabili a Perth, un lungo viaggio, ricco sia a livello professionale che personale. L’immagine del disabile come figura positiva che può anche volare, che parla correntemente inglese e che sorride, è stata d’aiuto e di speranza anche per i bambini di zone povere della Thailandia.

L’incidente e l’ammaraggio nell’Adige

Successivamente un amico, che aveva comprato un aeroplano, mi ha chiesto di effettuare alcuni voli insieme perché potesse migliorare le manovre di atterraggio. Era un modello di aeromobile che conoscevo bene perché l’avevo utilizzato negli Stati Uniti. Ed è stato in quell’occasione che siamo finiti nell’Adige. Eravamo in atterraggio all’aeroporto di Boscomantico e nella fase finale c’è stato un guasto al motore… a dir la verità uno dei motori ha finito la benzina. Ho preso il controllo dell’aereo e, invece di atterrare sulle vigne, ho deciso di ammarare sull’Adige.

Non ci siamo fatti particolarmente male né io né lui. Ho purtroppo rotto un polso, sistemato in maniera eccellente dal professor Corain di Borgo Roma. Rischiavo di non  avere più la completa funzionalità del polso e per un paraplegico che vive di mani e di braccia capirai che non è il massimo, soprattutto per il fatto che mi ero costruito qualcosa che non esisteva: fare il pilota professionista. Mi hanno aiutato tantissimo i miei bambini e mia moglie Sonja, una donna che c’è sempre, la mia roccia. Anni prima di conoscere lei avevo un progetto di volo acrobatico che era più un sogno che un progetto realizzabile perché bisognava investire cifre a sei zeri.

Quando l’ho conosciuta abbiamo costruito una famiglia e anche l’incidente dell’Adige è stato un modo per iniziare una nuova fase della mia vita.. Quando siamo ammarati, ho dato una mano al mio amico Daniele ad uscire dal velivolo e io sono rimasto a bordo mentre l’aereo sprofondava nelle acque dell’Adige. Da allora mi definiscono con un termine che non mi piace poi così tanto, ovvero eroe. Viviamo in un mondo dove fare la cosa giusta, aiutare un altro, diviene l’eccezione e non la norma come dovrebbe essere. Mi sono reso conto di poter dare una mano anche ad altre persone con l’immagine e l’esempio  della mia vita; inizierà una nuova fase in cui creerò podcast e pubblicherò un libro.

L’associazione “Ali per tutti” e l’onorificenza insignita dal Presidente Mattarella

 Dopo l’incidente mi è successa una cosa molto bella: il Presidente Mattarella è venuto a conoscenza della mia storia e di ciò che ho fatto per le persone disabili in aviazione, e ha deciso di insignirmi con l’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Ora è arrivato il momento di raccontare la mia storia perché possa diventare spunto per qualcuno per affrontare i problemi.

  Nel 2011, mentre costruivo la figura del pilota professionista in Europa, sono stato invitato in Francia con un aeroplano di un’associazione francese al salone internazionale di Le Bourget. È un salone aeronautico di scambi commerciali oltre ad esser un air show tra i più grandi al mondo. Mentre ero lì, mi è stato chiesto di partecipare al concorso per il premio Pepite( Prix Européen Pour l’Intégration des Travailleurs Extraordinaires). Ho scritto  il progetto denominato  “Ali per tutti” che aveva lo scopo di creare un network che mettesse le persone disabili in contatto con aziende di addestramento, non solo scuole di volo, per fornire all’industria aeronautica dei professionisti. Ali per tutti vinse il premio PEPITE .

Questo è stata la scintilla che ha dato la possibilità all’Europa di avere piloti disabili professionisti. Il presidente Mattarella, infatti, mi ha premiato per il lavoro svolto a favore dei disabili. Dall’anno scorso “Ali per tutti” ha preso un aeroplano acrobatico e, nel 2023, sono tornato a Le Bourget, grazie al sostegno di alcuni sponsor. Ora vorrei trasmettere un messaggio positivo alle persone, alle nuove generazioni e le manifestazioni aeree sono un modo per farlo.

I bambini, quando vedono un air show, sono rapiti delle evoluzioni e quando un pilota scende dall’aeromobile, loro non vedono un disabile bensì il pilota acrobatico che è in carrozzina .I  bambini di oggi sono il mondo di domani e loro riescono a vedere la disabilità e ad accettarla come qualcosa di normale. Sono l’unico pilota acrobatico in Italia e sono l’unico istruttore di volo al mondo in carrozzina, è giunto il momento di portare questi obiettivi raggiunti in mezzo alla gente perché possano esser di esempio”.


Cr. ph. Simone Massenz

Lo sapevi? Questo articolo è parte dello Speciale 2000, l’edizione speciale cartacea del Basso Adige.