Joe Biden si ritira dalla corsa per le presidenziali del 5 novembre. Vittoria ormai quasi certa per Donald Trump
Di: Andrea Panziera
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Trovo particolarmente azzeccati i titoli di alcuni quotidiani americani all’annuncio del ritiro di Joe Biden dalla corsa per il secondo mandato nelle presidenziali del 5 novembre: “La fine di 50 anni di storia”. L’attuale inquilino della Casa Bianca ha fatto la sua comparsa sulla scena politica del suo Paese nel 1972, quando venne eletto senatore per i Democratici in Delaware. Nello stesso anno la moglie e i tre figli furono vittime di uno spaventoso incidente stradale: la consorte Neilla Hunter e la figlia più piccola rimasero uccise, mentre gli altri due figli, pur gravemente feriti, si salvarono. Cinque anni dopo, Biden sposò Jill Tracy Jacobs, con cui ebbe un’altra figlia, Ashley, nata nel 1981. La sua carriera, in lenta ma costante ascesa, è stata costellata da gravi tragedie familiari: nel 2015, il figlio più grande morì per un tumore al cervello a soli 46 anni. Ciò non gli ha impedito, grazie ad una forza di volontà ed ad un senso del dovere non comuni, di ricoprire nel corso del tempo incarichi molto importanti: Presidente della Commissione Giustizia del Senato federale dal 1987 al 1995, Presidente della Commissione Esteri del Senato degli Stati Uniti d’America dal 2001 al 2007, negli anni dell’attentato alle Torri Gemelle e della guerra in Iraq, dal 2007 al 2009, Presidente del Comitato di controllo sul narcotraffico internazionale del Congresso degli Usa. Nel 2008 venne scelto da Barack Obama come suo candidato vicepresidente e il 4 novembre dello stesso anno la coppia Obama-Biden vinse le elezioni presidenziali contro McCain e Sarah Palin. Il Presidente afroamericano lo designò come suo vice anche per il suo secondo mandato alla Casa Bianca, iniziato nel 2013. Tra i suoi atti più importanti da vice presidente, egli nel 2013 fece approvare la legge contro la violenza sulle donne. Dopo la fine della presidenza Obama, nel 2017 Biden è stato nominato professore all’Università della Pennsylvania dove si è occupato di politica estera, diplomazia e sicurezza nazionale. Dopo che nell’aprile 2019 aveva annunciato ufficialmente la sua terza candidatura alle primarie democratiche per le presidenziali 2020, il 3 novembre, a dispetto di tutti i tentativi del suo rivale Trump di mettere in dubbio l’esito e la legittimità delle elezioni, Biden ha trionfato con uno scarto di voti a suo favore pari a circa 7 milioni. Il resto è storia recente, dall’assalto dei fanatici supporter dello sconfitto, con corredo di morti e feriti, alle accuse di brogli mai provati perché inventati di sana pianta, alla accusa trumpiana al suo rivale di essere stato il peggior Presidente della storia americana. Poco importa se tutti i dati macroeconomici dicano esattamente il contrario, come peraltro documentato da numerosi articoli pubblicati su tutti i media più accreditati nelle analisi economiche, dal Wall Street Journal al nostro Sole 24 Ore, non certo dei giornali di parte o accusabili di faziosità pro – democratica. Chi utilizza i social media come sola ed insindacabile fonte di informazione, senza la minima lettura di numeri e raffronti fra le due Presidenze provenienti da entità terze indipendenti, come gli Istituti di Statistica o i Centri Studi più accreditati, crede a qualsiasi panzana gli venga propinata, fosse anche la più inverosimile e contraddetta dalla realtà. Vaste aree della popolazione USA, abituate da sempre a nutrirsi di schifezze immangiabili, usano come parametro del benessere loro e dei consimili l’aumento di prezzo di alcune di tali porcherie e la promessa di abbassarne il costo fa premio su qualsiasi altro ragionamento o analisi della situazione. Vedere questa massa di fan adoranti, con la finta benda emulativa dell’orecchio ferito del capo, con cappelli ornati di parrucche posticce color mais, che mediamente stazzano oltre il quintale e rispondono come un mantra di votare Trump perché lui farà di nuovo grande l’America, quando il PIL e l’occupazione sono sui massimi storici e l’inflazione è ormai sotto controllo, spiega come il degrado cognitivo e la subcultura non siano problemi superati dalle c.d. società evolute. Quello che peraltro fa più sorridere, se si ama l’ironia, o piangere se ci si affida alla calante razionalità residua, è la reazione compiaciuta di non pochi nostri connazionali, non solo peraltro politici di professione, alla notizia del ritiro di Biden ed alla quasi certezza della vittoria di Trump. Cito dalla Treccani: “Dicesi Patriota colui che ama la Patria ed è disposto a difenderne i valori e gli interessi”. Mi chiedo: nel programma dell’ex Presidente c’è l’imposizione di dazi al 10% su tutte le importazioni verso gli Usa. Gli economisti di Goldman Sachs offrono anche una stima dell’effetto Trump sull’economia europea: 150 miliardi. Il Paese più colpito sarebbe la Germania, seguito a ruota dall’Italia. A tale proposito qual è il parere dei Patrioti? Andranno a chiedere clemenza al pluri bancarottiere , implorando di trattarci con un occhio di riguardo? Questa situazione da sala d’aspetto in fieri ricorda da vicino una scenetta del varietà di un tempo nonché il titolo di un vecchio film di Luciano Salce, con Lino Banfi interprete: “ Vieni avanti, cr…. o, pardon, trumpino”.