Anche se oggi può sembrare incredibile, c’è stato un tempo in cui la musica non si guardava, ma si ascoltava. And I remember…
Di: Giuseppe Milotta
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A volte è un semplice gesto, l’espressione sul viso di un altro, un suono, un sapore a far scattare l’imprevedibile molla della memoria. A volte, invece, come nel mio caso, una frase, come quella pronunciata dall’iconico e ormai imbalsamato leader dei Rolling Stone: “I Manneskin sono la rock band migliore al mondo”.
E subito il cuore si ribella.
Si dice che oggi i ricordi durino lo spazio di un attimo, il passato è come un sole che tramonta senza però risorgere. La parola imperante è fluidità, quella fluidità che può travolgere ogni cosa, far sì che non esista più, o, peggio, che non sia mai esistita.
Ma per me non è così…I remember.
Anche se oggi può sembrare incredibile, c’è stato un tempo – e io, come tanti miei coetanei, l’ho vissuto intensamente – in cui la musica non si guardava ma si ascoltava. Non esistevano piattaforme, influencer, opinion leader, you tuber, tik toker e quant’altro, ma un semplice giradischi, un vinile e la voglia di crescere, di andare oltre, di chiedere alla musica di indicarci una strada e di dire lei, al posto nostro, ciò che ancora non riuscivamo a dire perché ancora non lo comprendevamo.
Noi veniamo da quella musica, è il passato che ci portiamo dentro e del quale siamo ancora imbevuti, a volte senza neppure saperlo. E’ ciò che ci ha formato. Dimenticarlo significa dimenticare chi siamo, vivere in un equilibrio precario, nebbioso e privo di riferimenti.
Eppure ci sono nomi che appartengono ad un immaginario collettivo, che fanno tribù, che rievocano momenti mai davvero perduti, che portano il cuore a ribellarsi davanti ad affermazioni come quella che mi ha smosso.
Gli Stadio interpretarono una magnifica canzone – “Chiedi chi erano i Beatles” – musicando parole di Roberto Roversi sulla memoria perduta.
E allora io oggi chiedo a tutti voi, ma soprattutto ai giovani, rigonfi di musica di facile e immediato consumo: ricordate o conoscete chi fossero le Orme, il Banco del Mutuo Soccorso, gli Osanna, la Premiata Forneria Marconi, i New Trolls, gli Area, il Perigeo, e quell’infinito numero di artisti che vissero con la chitarra in mano e un seme da piantare?
Vi evocano qualcosa nomi come Aldo Tagliapietra, Francesco Di Giacomo, Paolo e Vittorio Nocenzi, Claudio Fasoli, Bruno Biriaco, Franco Fabbri, Claudio Rocchi, Paolo Tofani, Ares Tavolazzi, Giulio Capiozzo, Michi Dei Rossi, Franco Mussida, Demetrio Stratos?
A voi probabilmente nulla. A noi, però, anche se sono nomi ormai lontani nel tempo, accendono ancora oggi una emozione. E questo non perché allora eravamo giovani, ma perché allora la musica era davvero musica, quella cosa che si ascolta, che ti forgia e che non ha bisogno di artificiose meta-strutture per entrarti nel cuore.
Collage, Io sono nato libero, Uomo di pezza, Darwin, Storia di un minuto, Concerto grosso, Non è poi così lontano, Luglio Agosto Settembre Nero, Gioia e Rivoluzione, Felona e Sorona. Non sono parole sorde e cieche, ma accordi, note, testi, opere che noi attendevamo con ansia e che poi ascoltavamo, spesso da soli e talvolta in compagnia, perché ciò che davvero contava non era vedere, ma ascoltare cercando di capire.
Oggi lo si è dimenticato. Oggi ogni cosa si consuma in un istante, imperano look, fashion e trendy, e la trasgressione altro non è che uno studiato inganno, una moda senza radici. In un’epoca dove la Cultura, musicale e non, è spesso trattata alla stregua dei libri in Fahrenheit 451, se invece riprovassimo ad ascoltare, a riscoprire o a conoscere un mondo che non si è mai perduto, un’arte che davvero ci appartiene e che sempre vive e vivrà dentro di noi?
Quanti di noi hanno coltivato i propri sogni, confortato le proprie amarezze, cercato speranza e coraggio ascoltando gli assoli di Franco Mussida, le voci di Francesco Di Giacomo e di Demetrio Stratos, i controtempi di Michi Dei Rossi? E quanti di noi si sono avvicinati a uno strumento, al canto, hanno formato un gruppo e sono cresciuti traendo spunto e insegnamento da questi maestri?
Noi veniamo da lì, quelli sono i mattoni – non i soli, fortunatamente – del nostro crescere. E se un giorno dovessimo sentirci smarriti, basterà un vinile, magari graffiato, e noi li riconosceremo, ci riconosceremo.
Molti, forse, hanno dimenticato… but I remember.