La Stagione Sinfonica festeggia la Primavera con una panoramica sulle tappe principali dell’evoluzione artistica di Richard Strauss

Di: Benedetta Breggion

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Nel programma della Stagione sinfonica è sbarcato un poderoso racconto di Richard Strauss, portando con sè l’ esuberante partitura di alcuni suoi capolavori. Le sere di venerdì 21 e sabato 22 aprile il palco traboccava fino alla sua massima capienza, con gli 85 musicisti che si sono ritrovati sotto la bacchetta di Jaume Santonja.

Il repertorio è stato sapientemente selezionato per poter offrire allo spettatore uno sguardo specifico sull’ evoluzione del compositore bavarese, attraverso alcune tappe significative del suo stile. Si tratta dei momenti in cui l’ autore ha raggiunto traguardi, segnato capitoli importanti, sia nella sua personale carriera artistica, sia per la storia stessa della cultura viennese dell’ epoca.

Intenso momento di evocazioni e raffigurazioni, il Macbeth. Intreccio complicatissimo ed entusiasta di vicende, il Cavaliere della Rosa. In mezzo, anche un suo esperimento artistico, la scena d’ amore dal Feuersnot.

Una ricchezza espressiva e una mente, quella di Strauss, da essere dispendiosa sia sul fronte timbrico (un organico che prevede dai 5 fino ai 7 percussionisti, una sezione di ottoni che giunge spesso a dominare senza contendenti, due arpe spesso raddoppiate da celesta) così come sull’ aspetto tematico. Un’ abilità che non esita a cavalcare, oltre che su un organico vastissimo, anche su una complessità e contemporaneità di temi, intrecciatisi l’ uno sull’ altro, senza mai perdersi.

Jaume Santonja con l’ Orchestra areniana. Cr.ph: Fondazione Arena

Santonja

Jaume Santonja si è formato ed ha splendidamente debuttato come percussionista. Per sette stagioni, è stato percussionista principale dell’ Antwerp Symphony Orchestra, la stessa in cui ebbe poi modo di levigare anche le sue doti direttive, in veste prima di assistente, oltre che in tantissime altre orchestre internazionali, soprattutto inglesi. Da studente, è stato membro della Gustav Mahler Jugendorchester e della Verbier Festival Orchestra. Ha suonato sotto la guida di direttori come Daniele Gatti, Valery Gergiev, Pierre Boulez, Zubin Mehta. Fino a che nel 2020 viene selezionato tra i quattro giovani direttori più promettenti per partecipare alle esclusive masterclass con Ivan Fischer e la Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam

Già Direttore associato dell’ Eskaudiko Orkestra, è regolarmente ospite delle principali orchestre della Spagna, sua terra natale.

In Italia debutta a Milano come Direttore principale ospite dell’ Orchestra Sinfonica di Milano a partire dalla stagione 2022/2023; è fondatore del collettivo musicale AbbatiaViva. A Verona, debutta con i complessi artistici della Fondazione Arena per la Stagione Sinfonica 2023 al Teatro Filarmonico.

Macbeth op. 23

A un giorno dall’ anniversario della morte di Shakespeare, della cui letteratura la nostra città è il porto italiano, Verona ha scelto il Macbeth di Strauss. È nei panni delle vicende della tragedia shakespeariana che Strauss ha deciso di vestire la descrizione di una vicenda amorosa più personale.

Il Macbeth è il primo vero e proprio poema sinfonico di Richard Strauss. La cura, l’ attenzione che il compositore ha riservato a questo componimento lo dice in particolar modo la lunga gestazione di un anno che la sua stesura ha richiesto.

Per un Strauss spinto da voluminosi e meravigliosi effetti sonori questa è invece una partitura di raffinato e sobrio stile. Con questo ascolto si ha modo di avere a che fare con gli angoli più reconditi della sensibilità straussiana, scoperti dalle mille fascinerie che spesso addobbano il suo esuberante stile. Strauss è sempre se stesso sia nel grandiosismo sinfonico, sia nell’ intimismo liederistico, il cui grandiosismo è qui rintracciabile nelle armonie assolutamente audaci.

Se è meno esuberante, rispetto al suo standard, dal punto di vista timbrico, non lo è di certo la scrittura. Per venti minuti si ascolta un momento disteso soltanto alla fine. L’ Orchestra areniana ha catalizzato l’ attenzione, in un momento lirico caricato di tutta l’ energia accumulata nel corso del poema sinfonico.

Cr.ph.: Fondazione Arena

Liebesszene di Feuersnot op. 50

Richard Strauss fu enfant prodige, pianista, compositore, direttore, massimo autore di poemi sinfonici a fine ‘800 e poi massimo operista della prima metà del ‘900. Forse unico vero rivale di Giacomo Puccini come compositore e di Gustav Mahler (anche) come direttore, ma emerito discepolo di Richard Wagner.

Alla corte reale di Prussia, Strauss si curò quasi esclusivamente dell’ Opera reale e, come compositore, del teatro musicale. Feuersnot è un tentativo di ricalco de I Maestri Cantori di Richard Wagner: con la rappresentazione dei goffi borghesi di Monaco, diffidenti verso l’ eccentricità del protagonista, ma subito pronti a ricredersi di fronte alle leggi dell’ amore. La scena d’amore è quella tra il protagonista Kunrad, che nella notte “dei fuochi” di San Giovanni, si innamora di Diemut, figlia del borgomastro, e la seduce.

Un lavoro giovanile, basato sul ricalco di un grande maestro, ma degno di essere accostato, subito dopo, con quella che fu una delle sue opere più rivoluzionarie. Del Cavaliere della Rosa, per le esigenze di questa istanza, si è ascoltata la suite dall’ opera.

Der Rosenkavalier, op 59. La suite per orchestra

Dieci anni più tardi il Feuersnot, il linguaggio di Strauss torna a tingersi di vernacolo. Der Rosenkavalier è apice di un’ altro filone che attraversa l’ esperienza straussiana, ovvero quella del sodalizio artistico e umano tra Richard e il poeta Hugo von Hofmannstahl. Settimo dei capitoli della loro epica amistade (Elettra, per prima, nonchè Ariadne auf Naxos, Die ägyptische Helena, Arabella, Die Frau ohne Schatten).

Il successo dell’ Opera fu immenso, già dalla sua prima rappresentazione a Dresda, tanto da divenire epiteto con cui Richard Strauss stesso amava atteggiarsi (il musicista delCavaliere della Rosa”).

Segna una decisiva inversione di tendenza nello stile di Strauss, nel senso della piacevolezza edonistica, portata a nozze con lo schema dell’ opera buffa italiana. Questa è simboleggiata molto spesso dal ricorso alle voluttà del valzer viennese, sostenuta da una tavolozza orchestrale raffinatissima e, nello stesso tempo, ricchissima di mezzi. Un valzer, quindi, nipote del ländler, venuto dalla campagna e poi asceso nei nobili saloni viennesi con “abiti nuovi”.

Con l’ esuberanza di un gesto volutamente artificioso, che irrompe spavaldo e anacronistico con cui l’ artista bavarese crea una realtà tuttavia armoniosa. Le vicende narrate dall’ opera originale, sono quella della Vienna settecentesca di Maria Teresa d’ Austria. Queste sono narrate, però, dalla piacevolezza decadente ed edonistica della Vienna dei tempi Strauss. Contesto entro il quale
il tema dell’ inevitabile degradazione, nel tempo, dei legami affettivi e, in genere, dei valori stessi dell’ esistere. e regolate nell’ orbita dell’ opera buffa all’ italiana. Queste le coordinate, le cerniere entro cui la vicenda di un’ epoca passata si fa serva delle esigenze di un’ altra sensibilità. Anacronistico è stato il gesto di Richard, ma anacronisti saremmo anche noi nei suoi confronti se lo denunciassimo per questo.