In un contesto globale così complicato, mutevole, imprevedibile nella sua evoluzione, fare previsioni attendibili è decisamente complicato
Di: Andrea Panziera
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Una prima considerazione si impone: neppure gli Uffici Studi più attrezzati, che sono soliti utilizzare sofisticate e performanti metodologie di analisi, posseggono la palla di vetro. In un contesto globale così complicato, mutevole, imprevedibile nella sua evoluzione, fare previsioni attendibili è decisamente complicato. Non dico impossibile, ma il tasso di difficoltà risulta assai elevato ed il margine di errore rischia di uscire dai canoni della marginalità. Questa premessa appare necessaria, soprattutto alla luce di quanto esposto dal Bollettino trimestrale sull’andamento dell’Economia italiana appena pubblicato dalla Banca d’Italia, leggendo il quale parrebbe emergere un cauto ottimismo rispetto alle stime precedenti. Peraltro, gli stessi redattori mettono le mani avanti, correlando la loro analisi con una sorta di post scriptum molto eloquente: “la proiezione è puramente indicativa, a motivo di una incertezza estremamente elevata, associata all’andamento dei prezzi e della disponibilità di materie prime ed alle ripercussioni della fase di restrizione monetaria a livello globale”. I numeri ipotizzati degli esperti di Via Nazionale indicano una crescita del PIL per il 2023 pari a +0,6%, rispetto allo 0,3% previsto soltanto tre mesi fa. Leggermente più ottimistiche sono le aspettative per i prossimi due anni, nei quali il dato dovrebbe attestarsi in entrambi i casi al +1,2%. Certo, se il raffronto si effettua coi risultati del 2021 (poco meno del +7%) e del 2022 (attorno al +4%), il passo indietro appare notevole, ma questo trend accomuna tutti i Paesi della zona euro. Segnalo, allo scopo di disporre di un quadro più completo delle opinioni palesate in questi giorni, che altre fonti/organizzazioni sono invero più pessimiste. Una fra tutte, Confcommercio, ritiene probabile una mini recessione nel primo trimestre attualmente in corso, che dovrebbe però rientrare nei mesi successivi. A causarla sarebbe un calo della domanda per consumi da parte delle famiglie, la cui scaturigine è riconducibile alle perduranti tensioni sui prezzi dei prodotti finali. Sulla permanenza di un tasso di inflazione significativo e comunque superiore al 6% medio, concordano entrambe le analisi. Se dovessi sbilanciarmi con un parere personale, propenderei in misura maggiore per questo secondo scenario, in quanto l’aumento del costo di beni non sostituibili, come i carburanti, impatterà in misura significativa sulla capacità di spesa delle famiglie ed inevitabilmente ciò condurrà ad una contrazione dei consumi e quindi della domanda complessiva. Questo quadro rimane ovviamente valido in mancanza di mutamenti significativi cagionati da variabili/eventi esogeni, che potrebbero cambiare, in un senso o nell’altro, il corso delle cose. In pratica assisteremo ad una navigazione a vista, con revisioni di rotta della politica economica, a seconda di come evolveranno le situazioni nei molti fronti “caldi” aperti. Per quanto ci riguarda, risulterà molto significativa la valutazione comparata, a consuntivo, delle differenti performance economiche dei Paesi dell’area euro. L’Italia negli ultimi 2 anni, assieme alla Spagna, è stato il Paese con il tasso di crescita più elevato, distanziando in termini significativi la Germania e un po’ meno la Francia. Per un giudizio ponderato ed obiettivo sul lavoro del nuovo Esecutivo, uno dei banchi di prova sarà costituito dalla verifica del mantenimento, o meno, di queste distanze. Un ruolo decisivo lo giocheranno, per il raggiungimento di questo traguardo, la realizzazione degli adempimenti necessari per ottenere la parte restante dell’ingente mole di risorse stanziate a nostro favore dal Next Generation EU. Molti osservatori percepiscono un cambiamento del sentiment a Bruxelles, con il partito dei falchi decisamente più agguerrito che nel recente passato, con tutto quello che ciò comporta, non soltanto in termini di indirizzo della politica monetaria. Se si vuole non a parole, ma con comportamenti conseguenti e coerenti, perseguire sul serio l’interesse nazionale, è il caso di tenerne conto ed evitare tutte le occasioni di potenziale conflittualità che oggettivamente indeboliscono la nostra posizione ed i nostri interessi. Per il momento godiamoci questa tregua che ci stanno regalando i Mercati, che per un Paese iper – indebitato come il nostro significa un risparmio di centinaia di milioni di interessi sulle nuove emissioni di titoli di Debito Pubblico. Ma attenzione, il mondo finanziario è volubile, con occhi e orecchie sempre vigili e gli sbalzi d’umore possono costare molto caro. Avendoci lavorato per molti anni posso testimoniare che basta poco per far cambiare la direzione del vento e se inizia a soffiare contro sono dolori.