Inaspettato sondaggio di Elon Musk su Twitter: “Dovrei dimettermi?”. Per il 57,5% degli utenti, la risposta è sì. E adesso?

Di: Simone Massenz

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Elon Musk dovrebbe dimettersi dalla guida di Twitter. No, non lo penso io: è piuttosto il risultato del giudizio comune, che ha visto oltre 17 milioni di utenti prendere parte a un sondaggio lanciato sulla piattaforma social dallo stesso Musk. “Dovrei abbandonare la guida di Twitter?”, ha domandato l’imprenditore. Per il 57,5% dei partecipanti, la risposta è stata “sì”.

Non ci resta che attendere la reazione del patron di Tesla, a cui peraltro non si può negare una distinta coerenza. Dopo la fine di ogni consultazione, infatti, Musk ha sempre assecondato il verdetto popolare. Ne troviamo diversi esempi anche in twitt recenti, spesso focalizzati su sondaggi simili a quanto oggi in oggetto: sondaggi sulla riammissione di giornalisti sospesi, per esempio, o sull’eventuale riorno di Trump proprio su Twitter.

Il motto latino di cui si rende portavoce l’imprenditore parla da sé: Vox populi, vox dei. Lo seguirà ancora una volta, mi domando? Probabile. E non lo dico basandomi sulla sua già citata coerenza – non solo, per lo meno – quanto piuttosto su una sua recente dichiarazione: nessun candidato ambisce al posto di CEO di Twitter, perché nessun candidato vuole mantenere in vita Twitter. Affermazione pesante, su cui avrei non poco da ridire, ma che mi spinge a ritenere ben chiare le intenzioni del patron di Tesla. Staremo a vedere.

Un’impresa… che spande? Make America peer to peer again!

Sì, Elon Musk sta(va) cercando un nuovo capo per il social dall’assordante cinguettio. Lo ha dichiarato a un tribunale del Delaware, sottolineando come i numerosi impegni gli impediscano di seguire appieno lo sviluppo del social.

Una semplice motivazione personale, dunque? Può darsi, ma di certo non l’unica. Torniamo indietro, riavvolgiamo il nastro fino al 4 novembre, quando Twitter ha licenziato l’intero management e circa metà dei propri 7.500 dipendenti. Mi sia concessa una metafora: la società rappresentava al momento una giunzione difettata tra due canne dell’acqua, in cui una parte del fluido scorreva come doveva, mentre l’altra fuoriusciva dalla stessa giunzione; ne consegue che, a mano a mano che aumentava l’afflusso e la portata della corrente, sempre più liquido veniva disperso.

Cosa significa tutto ciò in termini numerici? In breve, che la società accumulava perdite per circa 4 milioni di dollari al giorno. Perdite eccessive, specie se si considera, come affermato dagli analisti, che quello di Twitter è stato “uno degli acquisti più strapagati nella storia della tecnologia”. E se ti dicessi che la situazione non è cambiata?

Qualora Musk abbandonasse davvero il social, si aprirebbero due vie plausibili: da una parte, il prodromo all’arrivo di un nuovo amministratore delegato; dall’altra, la definitiva cessione della proprietà. Ipotesi, quest’ultima, che non mi sento in grado di escludere.

Del resto, semmai dovesse avverarsi, potremmo rientrare appieno nella retorica del peer to peer: Elon Musk “lascia decidere all’utenza” solo apparentemente, poiché è in verità già consapevole di come muoversi, di cosa fare. Il pubblico è davvero in grado di determinare il futuro del social e dello stesso imprenditore? Non ne sono convinto. Ritengo più probabile che il patron di Tesla abbia già deciso di abbandonare il social, e che al seguito abbia utilizzato il twitt, il sondaggio, come uno strumento utile a un futuro aumento dei consensi.

Semplici congetture, nulla di concreto. In fondo, solo il tempo ci darà una risposta univoca.

Twitter non morirà mai

Una cosa è certa: Twitter non morirà mai. Se non il social vero e proprio, di sicuro non morirà il modello comunicativo che ha contribuito a instaurare.

Quale? Beh, quello del giornalismo di trincea, del giornalismo di guerra. Quello, e non è un’esagerazione anacronistica, che ricalca lo stile del telegrafo, i cui messaggi in codice dovevano limitarsi all’essenziale, alle informazioni basilari. Twitter è proprio così: efficace, efficiente, spigliato, estremamente sintetico e informativo. E soprattutto un tale sintetismo informativo permetterà al modello di sopravvivere, di mantenersi stabilmente in voga in un modo ormai governato da comunicazioni patologicamente dispersive.

O quanto meno è ciò che mi auguro.