Esattamente 10 anni fa pubblicavo su questo giornale un articolo in particolare, di cui oggi riprendo i più importanti passaggi. Sì, la realtà pare essersi cristallizzata

Di: Andrea Panziera

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Esattamente 10 anni fa pubblicavo su questo giornale, allora edito in versione cartacea, un articolo che nel titolo faceva il verso ad una delle più note canzoni della PFM. Ne riprendo i più importanti passaggi, perché sembra che nel frattempo la realtà si sia come cristallizzata e gli stessi problemi di allora si ripropongano allo stesso modo e nella stessa dimensione. Riprendo fedelmente: “Cosa sono adesso non lo so, sono un uomo in cerca di se stesso… Cambiando il soggetto e sostituendolo con la parola Europa nessun’ altra affermazione potrebbe essere più azzeccata e meglio potrebbe descrivere la situazione attuale dell’ Unione europea. La costruzione e l’introduzione della moneta unica senza una Federazione di Stati con gli stessi principi almeno in materia finanziaria, fiscale e di politica di bilancio dimostra ogni giorno che passa tutta la sua fragilità ed anche il temporaneo venir meno delle tensioni che da mesi colpiscono i Mercati deve essere interpretato come una pausa, una concessione di tempo, in attesa che concreti e decisivi passi in avanti vengano intrapresi nella direzione di regole economiche accettate e condivise da tutti i Paesi membri. Ciò implica inevitabilmente domandare ad una o più Autorità comunitarie la verifica del rispetto di queste regole, con la potestà di decidere sanzioni in caso contrario. Al di fuori di questa logica non vi può essere Europa, se non come mera rappresentazione geografica; non ha senso invocare solidarietà, perché non servirebbe a sanare in modo definitivo le criticità presenti e verosimilmente non verrebbe concessa. La sensazione, o meglio l’impressione di queste settimane, per riprendere l’incipit mutuato dal bellissimo brano della PFM, è che soprattutto da noi manchi la consapevolezza del reale “stato dell’arte” e si continui o proporre, in buona o mala fede, idee e ricette del tutto insostenibili o non realizzabili, con il rischio di far precipitare l’Italia in una deriva dalla quale con enormi sacrifici stiamo a fatica uscendo. Alla recente Fiera del Levante Mario Monti ha usato un’espressione che era solito adoperare nelle sue lezioni universitarie, delle quali ero un assiduo frequentatore: “è illusorio pensare che per promuovere la crescita basti pompare dei soldi in un tubo al termine del quale questa si materializzerà”. Questa politica falsamente keynesiana della spesa facile senza controlli di efficienza e compatibilità ci ha consegnato un discreto numero di cattedrali nel deserto, contribuendo non poco agli oltre 2000 miliardi di euro di debito pubblico nostrano. Nessuno discute che il lavoro sia un valore in sé e la creazione di posti di lavoro il più importante obiettivo di politica economica; si tratta di capire se il mantenimento di posti di lavoro in aziende completamente fuori mercato possa e debba rientrare in questo obiettivo ed eventualmente con quali oneri a carico della collettività. Ma fra le impressioni di settembre emergono per numero e intensità quelle che registrano il proliferare di faziosità senza ritegno, non di rado condite o accompagnate da una vera e propria collezione di alzate d’ingegno degne del miglior stupidario nazionale. Secondo qualche buontempone, in questa situazione emergenziale si deve procedere ad ampi scostamenti di bilancio ed al taglio delle tasse (non ci sono più alibi per non farlo, declamano); costoro sono gli stessi che per anni, mentre la deriva era sempre più evidente, continuavano a predicare il verbo del “tutto va bene”, salvo zittirsi o gridare al complotto quando siamo stati ad un passo da un default simil – ateniese. Ora, premesso che in presenza di conti stabilizzati e nel rispetto degli equilibri di Bilancio di tasse è giusto parlarne anche per una loro rimodulazione, nella situazione attuale basta un minimo di buon senso per comprendere che appena i Mercati avessero la percezione che la direzione delle compatibilità contabili viene abbandonata, ci metterebbero meno di 24 ore a riportare lo spread a livelli insostenibili. ….. Non mancano infine quelli più tranchant: non ci resta che prendere atto del fallimento dell’Europa dei burocrati e della moneta unica da loro concepita, mentre la soluzione salvifica è quella delle macroregioni dei popoli che hanno tradizioni e sentimenti comuni. Ma siamo sicuri che la maggioranza dei nostri teorici futuri confratelli condivida questo disegno? E poi, scusate. Ma una buona parte di costoro, qualche anno fa, non erano stati dipinti come fastidiosi campioni di rutti in braghe corte, sandali e calzini bianchi, oppure boriosi sciovinisti a passeggio con i filoni di pane sotto il braccio ?” Ecco, a distanza di dieci anni, mutatis mutandis, siamo più o meno allo stesso punto. I temi in discussione sono all’incirca i medesimi, qualche protagonista di questa lunghissima e un po’ surreale commedia pure, le ricette ormai sono stantie come il cibo dimenticato in dispensa e riscoperto alla vigilia di ogni (s)campagna(ta) elettorale. Il tecnico di turno chiamato per mettere toppe alle lacerazioni precedenti cederà presto il passo alla politica politicante, si insedierà un nuovo Esecutivo la cui durata ed inefficacia saranno direttamente proporzionali al tasso dei già evidenti contrasti programmatici e di incompatibilità personale, aldilà delle fasulle apparenze, dei componenti della coalizione. Tutto, in modo quasi stereotipato, a riproporre il più classico dejà vu degli ultimi 20 anni ed oltre, con ogni probabilità destinato ad avere identica conclusione. Con l’unica e non marginale differenza che la riserva dei tecnici super partes, con alta credibilità internazionale, ma soprattutto disponibili a farsi carico del cumulo di macerie lasciato dal “conducator” precedente rischia di esaurirsi. Ed in quel caso ….. Ai lettori le risposte e le verosimili conclusioni.