La ricreazione post-Covid sta per finire. A settembre suonerà la campanella e comincerà un’altra storia, probabilmente non entusiasmante

Di: Andrea Panziera

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Un tempo si diceva che l’andamento dei Mercati finanziari anticipa di qualche mese quello dell’Economia reale. Ammesso e non concesso che sia mai stato così (la risposta è: probabilmente sì, almeno nel passato) nutro molti dubbi sulla perdurante validità di questo assunto. Il motivo di questo mio scetticismo è presto spiegato.

Non esistono più poche mani talmente forti da condizionare con le loro scelte quelle di tutti gli altri. Neanche le Banche Centrali più potenti detengono questa facoltà. In più, mettiamoci i milioni di aficionados del trading online sparsi in tutto il mondo, il cui iper attivismo high frequency, spesso organizzato in correnti di pensiero ed azione, gioca un ruolo non marginale sulla manifestazione di alcune tendenze a breve termine, che si sgonfiano o si autoalimentano nel volgere di poche ore (BITCOIN docet).

Che poi sul campo rimangano non di rado morti e feriti, finanziariamente parlando, è un altro discorso. Altri adepti sono in lista d’attesa per il prossimo giro di valzer del presunto arricchimento da tastiera.

Un dato è comunque inconfutabile. Il semestre appena concluso è stato il peggiore dell’ultimo mezzo secolo, con crolli delle quotazioni dell’equity e dei bond a due cifre, nonostante il modesto e contraddittorio recupero messo a segno nell’ottava appena conclusa. Tutto finito? Possiamo sperare in un radioso, o quantomeno, non eclittico sol dell’avvenire? Non mi riferisco esclusivamente al futuro andamento delle Piazze finanziarie mondiali, che sì, sono decisamente importanti ma interessano soprattutto il robusto network degli investitori istituzionali, i risparmiatori di ogni tipologia e gli speculatori telematici.

La mia riflessione volge lo sguardo in primo luogo alle reali prospettive dell’economia globale e, di conseguenza, a tutte le macro – variabili che impattano su di essa ed a cascata su tutti i Paesi, seppur in misura non omogenea a motivo delle differenti situazioni in cui si trovano. Oggi il problema principale, universalmente condiviso, è quello dell’inflazione.

Da mesi è terminata la narrazione iniziale, neanche a dirlo alimentata da chi dovrebbe avere nitida e documentata voce in capitolo (ovverosia le varie Banche Centrali), secondo la quale si trattava di un fenomeno temporaneo destinato a rientrare nel corso dell’anno e terminare con il prossimo. Mai affermazione fu più fallace. Adesso tutti hanno capito che il rialzo dei prezzi non è affatto di breve periodo ma si trascinerà a lungo e la risposta, come da prassi in questi casi, è stata quella di un generale rialzo dei tassi di interesse, a tutte le latitudini ed a prescindere dalla tipologia di governo.

Fa eccezione la Turchia di Erdogan ed i Mercati hanno punito il “sultano del Bosforo” affossando la lira turca di oltre il 50% e facendo salire il tasso di inflazione ufficiale al 70% su base annua. Problema risolto con l’aumento del costo del danaro? Non proprio, dal momento che, chiuso in apparenza questo capitolo se ne è aperto un altro, ancora più pericoloso, il cui titolo è “Stagflazione”. Termine invero foneticamente orrendo, che si può tradurre con “perdurante aumento dei prezzi abbinato ad uno stallo della crescita, se non addirittura una vera e propria recessione”. La classica situazione in cui il cane si morde la coda in un turbinio che rischia di sfiancarlo.

I soliti cinici Mercati hanno fiutato l’antifona ed hanno reagito mettendo già in conto questo scenario: di colpo i rendimenti dei bond sono scesi perché si da’ ormai per scontato l’avvento della forma più perniciosa di stagflazione e quindi la fine delle manovre al rialzo sui tassi.

Andrà proprio così ? I prossimi mesi ce lo diranno, ma nell’enclave degli esperti serpeggia la forte sensazione di essere precipitati in un “cul de sac”. Sì, perché messi uno di fianco all’altro, tutti gli elementi che costituiscono la scaturigine di questa situazione non appaiono affatto depotenziati, tutt’altro.

La guerra fra Russia ed Ucraina durerà presumibilmente ancora a lungo e quindi la speranza di poter calmierare le quotazioni delle materie prime energetiche risulta del tutto irrealistica. Forse accadrà esattamente il contrario. Mutatis mutandis, lo stesso discorso può essere fatto per la gran parte dei generi alimentari e la siccità di questi mesi sicuramente influirà non poco sui volumi dell’offerta e quindi sul prezzo finale.

L’unico ipotetico argine potrebbe essere rappresentato dagli eccessi di scorte per molti beni industriali, vuoi per l’impennata delle richieste post-pandemia e vuoi per gli accumuli dei mesi scorsi, attuati per far fronte alle tante strozzature della supply chain. Per il momento, l’unica certezza in positivo è rappresentata dalla forte ripresa del settore turistico a livello planetario e, soprattutto, sul territorio italiano, che contribuirà a mantenere in vita la fiammella di un PIL col segno più, probabilmente migliore rispetto ai nostri partner europei. In realtà, a parte questa buona notizia, tutte le altre provenienti da Roma e dintorni non lasciano intravvedere orizzonti luminosi. Rumors insistenti e, a mio parere, non destituiti di fondamento, parlano di fine anticipata della legislatura, subito dopo, o addirittura prima, della prossima sessione di bilancio. Gli indizi a tale proposito non mancano e diventano ogni giorno che passa sempre più evidenti.

Non voglio entrare nelle diatribe politiche, nelle difese delle istanze identitarie di questa o quella forza partitica. Stesso discorso vale per alcune richieste delle Parti Sociali, nessuna esclusa. Dico solo che far cadere l’attuale Governo in questo momento significa mettere una bomba ad orologeria sul destino del Paese. Alcuni giornali ne criticano l’operato, parlando di risultati deludenti.

In meno di un anno e mezzo, pur con i vincoli di una maggioranza che si potrebbe eufemisticamente definire eterogenea, l’Esecutivo presieduto da Mario Draghi ha ottenuto nel 2021 una delle migliori performance in quanto a crescita dell’intera UE. Ha abbassato di circa 10 punti percentuali il rapporto debito/PIL. Ha ridotto del 2% il tasso di disoccupazione. Ha ottenuto il massimo, fra tutti gli Stati, dei fondi stanziati dal programma Next Generation, inclusa la parte gratuita. Ha riconquistato una credibilità internazionale da tempo smarrita. Ha posto le basi per una strategia di diversificazione energetica molto più concreta ed avanzata della maggior parte degli altri Paesi. Certo, non ha realizzato le riforme strutturali di cui abbiamo tanto bisogno. Ma con questo quadro politico nessuno ci sarebbe riuscito ed appena ci ha provato ( proposta di revisione del Catasto) sono piovuti veti incrociati che hanno smorzato ogni velleità riformatrice.

Qualche sedicente leader nostrano parla di priorità vs. temi divisivi. Considerare i diritti civili come tema divisivo è tipico dei regimi autoritari. Invocare priorità economiche e sociali, di per sé legittime e realmente esistenti, senza indicare dei provvedimenti sostenibili e le coperture finanziarie per farvi fronte, proponendo nel contempo la trentennale litania dello sforamento di Bilancio, significa solo terremotare i Conti Pubblici e scatenare la caccia alla preda facile da parte dei Mercati.

Evidentemente da qualcuno la lezione del 2011 e quella del 2019 sono già state dimenticate, forse perché allora era il kamikaze o un suo complice. Chi pensa che in Italia da qualche parte esista un pozzo di San Patrizio da cui attingere risorse alla bisogna, dovrebbe quantomeno rileggersi la storia e farsi qualche giro nelle sale operative delle Piazze finanziarie più importanti per capire l’aria che tira. Godiamoci queste torride e siccitose vacanze, che nonostante il clima porteranno un minimo di benefici economici diffusi.

La ricreazione post Covid sta per finire; a settembre suonerà la campanella ed allora comincerà un’altra storia, probabilmente non entusiasmante. Siamone consapevoli e senza drammatizzare o piangerci addosso, prepariamoci ad affrontarla con coscienza e razionalità.