Il 1° luglio 2021, il partito comunista cinese compie 100 anni. Ecco le quattro date fondamentali per raccontarne la storia
Di: Lorenzo Bossola
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Il 1° luglio 2021, il partito comunista cinese (中国共产党, zhōngguó gòngchǎn dǎng) festeggia l’anniversario dei 100 anni dalla sua fondazione.
All’inizio del suo mandato come segretario generale del partito nel 2012, Xi Jinping aveva posto due obbiettivi centenari (两个一百年, liǎng gè yībǎi nián) come pietre miliari per scandire la strada fino al raggiungimento del “sogno cinese” (中国梦, zhōngguó mèng).
Il 2021 rappresenta il centenario della fondazione del partito comunista. Data entro la quale, secondo i piani politici, la Cina dovrebbe aver raggiunto l’ideale di tradizione confuciana di “società moderatamente prospera” (小康社会, xiǎokāng shèhuì). Ad inizio 2021, Xi Jinping ha dichiarato l’eliminazione della povertà assoluta, e ad ora la Cina si sta attrezzando per diventare una vera superpotenza.
La seconda pietra miliare è il centenario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, che avverrà nel 2049. La speranza del partito è quella di aver trasformato la Cina in uno stato “socialista moderno”, completamente avanzato e ad alto reddito.
La storia in 4 date
1 luglio 1921
Gli storiografi ufficiali e la narrativa del partito fanno risalire la fondazione al 1° luglio 1921. In realtà, però, il primo congresso nazionale del partito comunista cinese si tenne dal 23 luglio, nella concessione francese di Shanghai. A fondare il partito – che contava solamente 50/60 membri – furono i 12-13 rappresentati provinciali, tra cui Mao Zedong da Changsha.
La prima fase del partito, fino al 1949, è caratterizzata dalla sua costruzione ideologica come lotta di classe atta a spodestare la classe dominate borghese attraverso una rivoluzione popolare e la collettivizzazione dei mezzi produzione. Nel frattempo, le guerre civili contro il partito nazionalista Kuomintang (中國國民黨) guidato da Chiang Kai-shek , la guerra contro il Giappone, in concomitanza con la seconda guerra mondiale, e purghe interne lo rimodellarono completamente. Grazie alla “Lunga marcia” e alla sua dottrina militare, Mao Zedong si guadagnò la leadership del partito nel 1934.
1 ottobre 1949
Con la vittoria della seconda guerra civile contro il Kuomintang, il 1° ottobre 1949 il partito comunista fondò la repubblica popolare cinese. Il partito rivale, invece, fuggì sull’isola di Taiwan.
Iniziò così periodo dell’esercizio del potere, con Mao Zedong leader supremo del partito e di tutta la Cina. Il culto della sua personalità gli permise di godere di un enorme potere interno al partito e, di conseguenza, di eliminare ogni opposizione.
In questo periodo, il partito diede il via alla trasformazione del Paese in uno stato comunista completamente collettivizzato. Si iniziarono ad attuare una serie di campagne e riforme contro la classe dominante dei borghesi, come la riforma agraria. Nel 1958, Mao ordinò il famoso “grande balzo in avanti” (1958-1962), con cui sperava di superare la produzione annua di acciaio del Regno Unito e di raggiungere quella degli USA. Per contro, le direttive agricole, inquinate dall’ideologia nei fatti profondamente antiscientifica di Mao stesso, contribuirono alla “grande carestia” che comportò decine di milioni di morti.
Dal 1966 alla morte di morte di Mao, nel 1976, la “rivoluzione culturale” causò innumerevoli purghe e lotte interne al partito e alla Cina. L’economia e la società cinese ne uscirono devastate, e milioni di persone morirono nei campi di lavoro o a seguito di campagne politiche.
18 dicembre 1978
Nei due anni successivi alla morte di Mao, una serie di lotte intestine cercò di occupare il vuoto di potere lasciato. Vinse Deng Xiaoping, che il 18 dicembre 1978, durante la terza sessione plenaria del undicesimo comitato centrale del partito comunista cinese, lanciò un set di politiche note come “riforme e apertura” (改革开放). L’intento era quello di convertire per gradi, a tappe, tutta l’economia comunista in un ibrido tra un’economia di mercato e un’economia a pianificazione statale. Il tutto senza effettuare una vera riforma politica, così da garantire sempre il primato politico del partito comunista.
L’agricoltura venne decolletivizzata, gli investimenti esteri accolti. Poi, vennero create “zone economiche speciali” in città lungo la costa e istituite le borse valori (la più importante è quella di Shanghai) e altre politiche, con l’intento di sviluppare l’economia.
Il clima più rilassato e l’apertura all’economia di mercato, all’occidente e ai suoi ideali culminarono con gli eventi di piazza Tienanmen. Qui, nel 1989, manifestanti e studenti chiesero un vero cambio politico e più democrazia. Soppressa la protesta con le armi e con il sangue, Deng Xiaoping e i successivi leader del partito posero come obiettivo numero uno la sopravvivenza del partito stesso. Con maestria e abile propaganda, inoltre, fecero intendere che la crescita economica – sinonimo di buone condizioni di vita – e il raggiungimento del “sogno cinese” potessero avvenire solo sotto l’egida del partito comunista.
15 novembre 2012
Il 15 novembre 2012, durante il diciottesimo comitato centrale, Xi Jinping è stato eletto segretario generale del partito. In seguito, dopo una campagna anti-corruzione che gli ha permesso di eliminare ogni avversario politico, ha preso il controllo del partito. Un controllo che, rispetto a quello del suo predecessore, Hu Jintao, si è dimostrato molto più saldo.
Ha istituito e tuttora presiede una serie di comitati sovra-ministeriali, che gli consentono una maggiore influenza su questioni di sicurezza nazionale, sviluppo economico e cybersecurity. Nel 2016, Xi Jinping è stato chiamato per la prima volta “leader centrale” del partito, appellativo che si ritrova nella maggior parte dei documenti e articoli. Il suo potere gli ha permesso, inoltre, di rimuovere il limite di due mandati alla segreteria, stabilito dal partito stesso per evitare un altro Mao.
All’interno della costituzione del partito, Xi Jinping ha fatto scrivere che la “nuova via della seta” è il fulcro centrale del piano della Cina per estendere la sua influenza a livello mondiale e per tornare ad essere un grande Paese. Le limitazioni alla libertà di stampa e alla libertà di parola, sotto la sua leadership, si sono fatte pesanti. Lo dimostrano i casi di Hong Kong e dello Xinjiang.
Nonostante tutto, la continua crescita economica, la riuscita lotta alla pandemia e l’eliminazione della povertà assoluta danno lustro al suo mandato. E, per il momento, non s’intravedono crisi o forti opposizioni all’interno del partito.
In conclusione, il partito, da movimento ribelle clandestino dedito alla guerra e alla rivoluzione, si è trasformato in un potente regime in grado di controllare la Cina con fare sempre più autoritario. Mentre le nazioni occidentali traballano a causa del coronavirus e della relativa crisi economica, il partito comunista è sempre più confidente e sicuro che la sua missione di guida della Cina verso la gloria di grande Stato, persa da ormai due secoli, sia a buon punto. Il primo obbiettivo centenario è stato raggiunto, il prossimo non è poi così lontano.