Nell’odierno angolo di Eupalla, squadra contro spocchia: un incontro in cui, di solito, è la prima a vincere (questa volta 4 a 3)
Di: Andrea Panziera
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Brutta bestia la scaramanzia. Nell’aria si respirava distintamente il profumo dell’impresa, ma ho preferito non sbilanciarmi in pronostici per timore di rompere il beneaugurante rituale del silenzio.
Un po’ come Vialli, che, arrivato in ritardo sul pullman in occasione della prima partita, ha ripetuto la medesima scenetta per ogni altra. Dopo l’1-0 per gli inglesi, ho persino obbligato mia moglie a cambiare posto davanti al televisore, riprendendo quello degli incontri precedenti.
Ma ora che i nostri calciatori stanno portando a spasso per Roma la Coppa, fra il tripudio di tifosi ahimè incuranti di ogni precauzione anti-Covid, posso finalmente scrivere ciò che ho pensato della fase a gironi.
La post-visione di Eupalla
Il miglior calcio, una volta tanto, è stato quello espresso dagli azzurri. Per trame di gioco, idee, compattezza di squadra; soprattutto, per solidità mentale. Abbiamo sovrastato gli avversari in alcune fasi dei match, abbiamo contenuto quando premevano, abbiamo sofferto le (poche) volte che è stato necessario. Non ci siamo mai disuniti, dimostrando un carattere forse insperato.
Chapeau a Roberto Mancini, sicuramente il primo artefice del nostro successo. Da tifoso interista, mi costa lodare le performance di alcuni juventini: Chiesa, Bonucci e, soprattutto, Chiellini. E da appassionato calciofilo, ho ammirato le prodezze di quello che considero attualmente il miglior portiere in circolazione: Gigione Donnarumma. L'”infame”, questo l’appellativo affibbiatogli dai fans milanisti delusi, si è fatto scivolare addosso tutte le polemiche sul suo passaggio al PSG, sfoderando prestazioni di eccellente livello. Non per niente è stato nominato top player del torneo.
Ha detto bene Mario Draghi, nel corso del ricevimento con la squadra a Palazzo Chigi: abbiamo fatto gioire l’intero Continente, non solo i nostri connazionali.
I sedicenti “maestri del football” stanno sulle “sfere di cuoio” – eufemismo – a tutta l’Europa. Forse perché, a dispetto della loro smisurata presunzione, hanno vinto un solo Mondiale in tutta la storia pedatoria. Oltretutto, in casa loro e grazie a un gol fantasma. E che dire del catenaccio nella finale, che avrebbe fatto impallidire Paron Nereo Rocco? Dovrebbero mangiare ancora molta pastasciutta per competere con qualche chance di successo; oppure, dovrebbero ricordare che, in un incontro fra una squadra e la spocchia, di solito vince la prima – in questo caso, 4-3.
Poi, inutile vomitare insulti razzisti sui calciatori: il difetto sta nel manico. Tradotto, il difetto sta nell’assurda convinzione di essere i più forti senza averlo mai dimostrato. E nell’assoluta mancanza di fantasia in un gioco che ne richiede molta.