Nell’odierno Lampi News parliamo delle elezioni statunitensi, i cui eventi stanno prendendo una piega ormai sempre più eversiva
Di: Andrea Panziera
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In queste ore, lo spettacolo che la più grande democrazia mondiale sta dando di sé appare a dir poco sconcertante. Tralascio i risvolti comici, il cui apice è stato toccato dal ricevimento di Trump alla Casa Bianca nella notte postelettorale. Una marcetta militare a scandire un trionfo inesistente sulla base di uno scrutinio che, appena iniziato, lo vedeva in temporaneo quanto effimero vantaggio.
La piega che di ora in ora stanno prendendo gli eventi ha qualcosa di potenzialmente eversivo. Una minaccia, neanche tanto larvata, di non riconoscere comunque l’esito del voto, in quanto, a dire dell’attuale Presidente, viziato da brogli e manomissioni delle schede, operazioni tutte perpetrate a suo danno.
Di prove non ne sono state esibite, ma la minaccia di un ricorso alla Corte Suprema non appare come il tentativo disperato di un leader sconfitto; piuttosto, sembra configurarsi come la volontà di creare nel Paese un clima di delegittimazione dell’avversario, con conseguente chiamata alle armi, tutt’altro che metaforica, rivolta ai suoi sostenitori.
Se persino qualche media a lui vicino, per non parlare di alcuni esponenti del suo stesso schieramento, sta prendendo le distanze da certe sue dichiarazioni, significa che la strada imboccata può condurre a esiti imprevedibili. Il tutto in un momento particolarmente delicato a causa di due precisi fattori: da un lato, il numero crescente di contagiati e morti da Covid; dall’altro, le conseguenze economiche nefaste soprattutto – ma non solo – sulle fasce più deboli della popolazione.
Peraltro, che Trump non fosse proprio un esempio adamantino di rispetto delle regole appariva cosa nota da tempo. E altrettanto diffuso era il sospetto che avrebbe messo in atto accorgimenti di ogni tipo per indirizzare a suo pro il risultato elettorale, con azioni di resistenza in caso di sconfitta.
Lampi News e la questione del voto per posta
Era abbastanza prevedibile che molte persone, in presenza di una pandemia mai presa sul serio, avrebbero espresso il loro voto per posta. E si poteva intuire chi avrebbe scelto questa opzione: tutti coloro i quali non condividevano la gestione dell’emergenza sanitaria.
Ebbene, quale contromisura migliore, se non quella di affidare la gestione del servizio postale a un suo amico, così da ridurne le risorse e al contempo depotenziarne l’efficacia? Gli inevitabili ritardi nella consegna delle schede e nei conteggi, in caso di esito non favorevole, sarebbero stati interpretati come tentativi di brogli. Perché, ovviamente, solo “chi fa la fila esprime un voto regolare”.
Qualche osservatore ha comunque rimarcato che l’America è di fatto spaccata in due. Le previsioni della vigilia, concordi nel pronosticare una scontata vittoria di Biden, sarebbero dunque state smentite. Vera la prima affermazione, ma è così in quasi tutti gli Stati democratici. In ogni caso, circa 4,5 milioni di voti di differenza su 150 milioni di votanti non sono proprio un dato marginale. (Per ogni aggiornamento sui dati, clicca qui).
Poi, tutti gli ultimissimi rilevamenti davano Trump in rimonta; per la peculiarità del sistema elettorale statunitense, però, conta solo la prevalenza anche per un singolo voto in ogni singolo Stato. Alla fine, i grandi elettori appannaggio del vincitore potrebbero risultare in linea con le stime della vigilia.
Come tutti, auspico che la situazione, per ora sotto controllo, non degeneri in atti insensati. Nondimeno, molto dipenderà dalle mosse e dalle parole del Presidente uscente. Se potessi dargli un consiglio, per il bene del suo popolo e per accomiatarsi con una uscita dignitosa, che sicuramente lui non seguirebbe mai, gli suggerirei di ascoltare una vecchia canzone dei Rokes e farsene una ragione.
Bisogna saper perdere
Non sempre si può vincere
Come vuoi e quando vuoi!
Il problema è che forse, con tutte le pendenze giudiziarie in corso e il suo carico di debiti, Trump un’uscita dignitosa non se la può permettere.
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