Una riflessione sulla crisi delle banche (im)popolari italiane e sul modus operandi atto a ripristinare un clima di fiducia
Di: Andrea Panziera
Vedi il precedente: Post it- Ombre rosse
Una decina di giorni fa ho tenuto una lezione molto partecipata su “Banche e Risparmio” all’UTLEP (Università del Tempo Libero e dell’Educazione Permanente) di Castagnaro, nella bassa veronese. Durante il suo svolgimento, si è palesata – in termini molto civili, ma da tutti condivisi – una sentita preoccupazione sui potenziali rischi insiti in alcune tipologie di indirizzo e/o gestione del risparmio proposte dagli Istituti di Credito. Premesso che in una materia così complessa ogni generalizzazione risulta decisamente fuori luogo, ho fatto notare come non abbia molto senso stilare una classifica di valore redatta per macro-categorie relativa alle forme alternative di investimento privato. E Ancor meno senso avrebbe procedere a una suddivisione semplicistica riguardo la presunta o reale affidabilità dei proponenti.
Rischio e rendimento, requisiti di liquidabilità e il ruolo degli interlocutori bancari
Ciò che sono solito rimarcare in eventi come questo, a cui partecipano anche persone con una conoscenza approssimativa della materia finanziaria, è anzitutto il rapporto inscindibile fra rischio e rendimento. In secondo luogo, suggerisco di prestare la massima attenzione ai requisiti di liquidabilità dei beni in portafoglio. Infine, in linea più generale, invito a riflettere sul ruolo degli interlocutori bancari. È difatti illusorio pensare che essi nel loro agire non privilegino l’interesse di chi gli paga lo stipendio. Di conseguenza, formule come “fidati di me” o “te lo garantisco io” vanno ricomprese in quel linguaggio commerciale in uso fra controparti, che tali rimangono aldilà dei buoni rapporti personali.
Per le banche, una crisi in via di risoluzione
Di tutta evidenza è che i timori diffusi fra i presenti all’incontro di Castagnaro trovano origine soprattutto da innumerevoli vicissitudini. Mi riferisco ovviamente a quelle che hanno coinvolto da almeno 6 anni a questa parte centinaia di migliaia di risparmiatori con la compromissione di miliardi di euro di patrimonio. Una compromissione forse definitiva e irreversibile, tra l’altro. Sotto traccia, ma neanche tanto, era implicita la domanda: “Potrebbe in futuro capitare anche a me?”
In linea di massima mi sento di dire che nella sua globalità il sistema bancario nazionale è uscito dal suo periodo più buio. Oggi, salvo qualche eccezione, è sostanzialmente sano. Certo, se ci mettiamo nei panni dei clienti/azionisti di CARIGE e Popolare di Bari, queste parole suonano quasi come una bestemmia. Tuttavia, ritengo che si tratti dei colpi di coda, peraltro non inaspettati o addirittura previsti da tempo, di una crisi in via di risoluzione. All’Autorità Giudiziaria spetta ora il compito, possibilmente da assolvere in tempi non biblici, di individuare e punire i colpevoli, anche e soprattutto da un punto di vista delle azioni di rivalsa sui loro patrimoni personali. Il tutto al fine di ripristinare almeno in parte un clima di fiducia verso il mondo bancario, ormai molto compromesso.
Il ruolo della politica
Voglio infine spendere due parole sul ruolo della politica. Trovo indecente che ancora una volta, di fronte a eventi di tale portata, la risposta di alcuni sedicenti “uomini delle Istituzioni” sia stata esecrabile. Sulla pelle dei risparmiatori si è consumato un balletto inverecondo. La loro oggettiva condizione di fragilità è stata sfruttata ad captandam benevolentiam per puro fine di accrescimento del consenso.
Chi ha un minimo di memoria non farà fatica a ricordare che molti dei manager implicati nei crack avevano legami partitici ben noti, in molti casi padrini politici o aree culturali di riferimento nell’intero arco costituzionale. Mediante questi legami, essi mostravano di condividere a livello territoriale idee di business e forsanche strategie operative. Eppure, ora nessuno sembra aver conosciuto nessuno, a conferma che l’arte del defilarsi in caso di malaparata è uno degli sport preferiti di una discreta fetta della nostra modesta classe dirigente.
Banche italiane: la ricerca di un recupero di redditività
Ribadito che non vedo all’orizzonte altri Istituti in condizioni tali da suscitare apprensione, vanno però evidenziate circostanze che incideranno in termini non marginali sui risparmi e sulle scelte da effettuare per garantire una loro migliore tutela. In Italia, come ormai capita quasi ovunque, i rendimenti dei conti correnti saranno negativi per parecchio tempo. E questo non solo per la politica dei tassi bassi o nulli attuata dalla BCE. La ricerca di un recupero di redditività che le Banche stanno perseguendo da tempo può come noto essere realizzata sostanzialmente in due modi: da un lato, riducendo i costi (chiusura di filiali, riduzione degli organici e, ove possibile, prepensionamenti); dall’altro, aumentando i ricavi.
La seconda strada ha praticamente come terminale ultimo e unico i clienti, potenziali cash cow. Questi dovranno prestare la massima attenzione 1) alle c.d. modifiche unilaterali dei rapporti, mai a loro favore; 2) alle commissioni applicate sui vari prodotti e servizi finanziari offerti, alcune palesi, altre molto meno e spesso assai gravose. D’altronde, l’ottenimento del profitto rimane il principale obiettivo di gestione delle Banche, anche se si chiamano Popolari. Ogni cliente o risparmiatore deve avere piena consapevolezza di questa loro preminente natura mercantile. Ergo, è necessario astrarsi da ogni suadente messaggio di marketing che vorrebbe persuaderci del contrario .