In queste ore, la gran parte dei commentatori politici, riguardo all’esito delle elezioni francesi, pone l’accento su due aspetti
Di: Andrea Panziera
LEGGI ANCHE: Lampi News – Fuori gioco
In queste ore la gran parte dei commentatori politici, riguardo l’esito delle elezioni francesi, pone l’accento su due aspetti: la vittoria del Fronte delle Sinistre e la clamorosa sconfitta del partito di Marine Le Pen, arrivata terza dopo un primo turno che aveva visto primeggiare il suo Rassemblement National, arrivato al 34%. Ebbene, entrambe le letture peccano di alcune omissioni che ne inficiano almeno parzialmente la lettura e la veridicità. Non si hanno ancora i dati definitivi sulla esatta ripartizione dei seggi nel futuro Parlamento transalpino, ma lo scostamento rispetto alla composizione definitiva dovrebbe limitarsi a qualche punto percentuale. All’una di lunedì 8 luglio il Fronte delle sinistre parrebbe attestarsi attorno ai 200 seggi, i macroniani a 170, i lepenisti a poco più di 130 ed i gollisti più o meno sui 60. Quindi, l’estrema destra, forte del transfuga ex presidente dei gollisti Eric Ciotti, seguito invero solo da un piccolo manipolo di aficionados, sarebbe il terzo partito, del tutto ininfluente nei giochi per la designazione del nuovo Primo Ministro. Riguardo poi alla riedizione del Fronte Popolare, in queste prime ore post elettorali si fanno notare le dichiarazioni trionfaliste della componente più estrema dello schieramento, quella guidata leader del partito La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, al quale non manca certo la veemenza oratoria, anche se i numeri dicono che la sua impazienza ad assumere la guida del Governo, come capo del nuovo Esecutivo o come partner di una coalizione dei vincenti, si scontra con l’impietosa realtà dei numeri. Il Fronte Popolare disporrà attorno ai 200 parlamentari o poco più, mentre la maggioranza ne prevede quanto meno 289. L’obiettivo di raggiungerla non pare proprio così a portata di mano come l’anziano leader di estrema sinistra vuol fra credere: lui, o chi per lui, può anche ricevere l’incarico di formare il nuovo Governo, ma raccogliere adesioni su alcuni punti del programma che, se attuati, porterebbero in breve i Conti Pubblici al collasso appare impresa alquanto ardua, se non una vera e propria utopia. In realtà, il vero vincitore, almeno rispetto alle pessimistiche aspettative della vigilia, appare il Presidente Macron, dato per spacciato ed oggi distanziato dai vincitori di circa 30 seggi. Se poi si sommano i 63 conquistati dai Républicains, nonostante l’uscita del presidente Eric Ciotti, che si è accordato con il Rassemblement National, si superano abbondantemente i 220 seggi, di fatto la prima forza nel nuovo Parlamento. Come correttamente afferma Catherine Cornet, ricercatrice e giornalista, la destra non riesce ad entrare nelle stanze del Potere ed istituzionalizzarsi. Oggi sappiamo con certezza che quando i francesi sono chiamati alle urne, non scelgono le leggi razziali, non scelgono chi vuole creare nemici e questo ridà conforto sul senso di cosa è la politica”. A questo punto, il pallino torna nelle mani del Presidente Macron, il vero vincitore di queste elezioni. Sempre secondo Cornet: “ha giocato a poker, è stato molto pericoloso farlo ma il suo partito è uscito secondo e quindi è come se avesse di nuovo vinto”. Già in queste prime ore sono evidenti le dichiarazioni divergenti dei massimi esponenti delle diverse componenti del Fronte Popolare: il capo del Partito socialista, di fronte alla posizione barricadiera di Melenchon, si è subito affrettato a dichiarare che, essendo la prossima Assemblea divisa, bisogna comportarsi da adulti. E sulla stessa linea sono le prese di posizione dei Verdi Ecologisti. Nelle prossime settimane inizieranno le trattative per la formazione del nuovo Governo, ma, così come avvenuto qualche giorno fa a Londra, la sensazione è che i timori di una avanzata senza freni delle forze più estreme della scena politica europea siano per il momento destinati a svolgere solo la funzione di monito e non costituiscano un pericolo reale. L’importante è che si prendano sul serio e si smontino le cause che li hanno alimentati, in primis, il disagio sociale delle categorie più deboli.