Intervista a Cristina Bowerman, chef stellato di Glass Hostaria a Roma, che ha fatto della sua professione un esempio di sostenibilità

Di: Maria Mele

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Intervistare Cristina Bowerman mi ha permesso di riflettere molto sul concetto di leadership femminile e sostenibilità, di cui tanto si parla e si scrive. Mano a mano che le domande si snodavano e le risposte fluivano con sicurezza, mi sono resa conto di quanto sia molto più utile applicare questi comportamenti virtuosi, che chiamiamo sostenibili, con determinazione e coraggio piuttosto che raccontarli. Coraggio, determinazione, forza insieme alla ricerca dell’innovazione nel rispetto della tradizione sono infatti le caratteristiche che maggiormente mi hanno colpita di questa donna dalla professionalità variopinta e composita.

Chef Bowerman con Pastry chef Ernst Knam e l’architetto Enrico Turella di luoghiCOMUNI sul palco de Il cafe del design a Hospitality Day, nel corso del talk “Sostenibilità a tavola”. ph. Giorgio Salvatori.

Pugliese di nascita, dopo la laurea in Giurisprudenza all’università di Bari, Cristina si trasferisce negli Stati Uniti dove esercita la professione di avvocato, ma anche quella di graphic designer, e dove consegue la laurea in Culinary Arts. Il rientro la vede protagonista nella sua Glass Hostaria, dove ha guadagnato la Stella Michelin. Vincitrice dell’edizione 2019 della Foodi’s Challenge insieme allo studio di progettazione e design luoghiComuni, con il progetto “Io ti sosterrò” [produzione Struttura Films, regia Carlo Roberti], a sostegno delle aree colpite dalla tempesta Vaia, chef Bowerman fa parte anche di Chefs’ Manifesto una comunità di buone pratiche che collabora con le Nazioni Unite e riunisce 1200 chef da tutto il mondo per realizzare un sistema alimentare sostenibile, con l’obiettivo di sconfiggere la fame entro il 2030.

we. Chef Bowerman il suo percorso di avvicinamento alla cucina è stato quantomeno atipico, possiamo dire che ama andare controcorrente?

Diciamo che sicuramente non mi piace l’omologazione, non voglio fare scelte scontate. Tuttavia andare controcorrente è complicato, solo se hai una buona personalità e sei sicura delle tue scelte, puoi osare farlo. Nelle mie scelte, peraltro, io ho sempre potuto contare sul forte appoggio della mia famiglia e questo mi ha sicuramente molto aiutato. In realtà io amo utilizzare il cibo per fare altro, non per fare ristorazione pura.

Glass Hostaria a Roma, il ristorante aperto da Cristina Bowerman. Nell’ordine, ph. We Rise Studio e Andrea Federici.

we. Può spiegarci meglio in che senso?

Per esempio, io vedo che in tutti i settori la donna viene dietro all’uomo e non per minori competenze! Io non voglio parlare di quote rosa, voglio però sottolineare che non impiegando le donne si rinuncia a una notevole fetta di talenti, depauperando la società. Ecco, con il mio lavoro voglio essere d’esempio e dimostrare che è possibile offrire a tutti una strada ad armi pari in questo mestiere, rimuovendo gli ostacoli, soprattutto culturali, che rendono più difficile per una donna affermarsi nel campo della ristorazione di alto livello. Prendiamo un altro esempio, assistiamo nel mondo occidentale a una battaglia da un lato contro lo spreco di cibo e dall’altra contro l’eccessiva assunzione dello stesso. Da una parte del mondo si promuovono diete dimagranti, mentre dall’altra parte ci sono individui che muoiono di fame.

La sostenibilità è una scelta di vita nella quale è necessario credere! E io ci credo.

Proporre tutte le parti dell’animale nella mia cucina vuol dire per me, oltre che onorare l’animale, dare anche il mio contributo a limitare questo spreco, vuol dire raccontare una storia. Io credo che anche in cucina, al pari di tante altre espressioni artistiche dell’uomo, il valore, l’attrattività di un prodotto sia nella storia che sta dietro. Noi vendiamo questo, il valore che c’è dietro ogni prodotto. La sostenibilità è una scelta di vita nella quale è necessario credere. Io ci credo. E questo è il motivo per il quale ho aderito allo Chefs’ Manifesto, l’associazione internazionale che mira a valorizzare le risorse naturali e ridurre gli sprechi.

ph. Struttura Films

we. Qual è la best practice nel suo ristorante?

Il mio ristorante ha raggiunto il terzo livello di sostenibilità su cinque! Questo significa che cerco di non sprecare nulla, di non comprare derrate alimentari in eccesso; piuttosto i miei ragazzi sanno di poter liberamente approvvigionarsi alle botteghe di vicinato, se necessario. Nel mio ristorante siamo ormai andati oltre ai prodotti riciclabili, andiamo direttamente sui prodotti compostabili per eliminare, dove possibile, la plastica usa e getta.

Io voglio essere un modello di riferimento.

Tutto questo ha un costo, non solo economico, notevole. Ma io voglio essere un modello di riferimento, mi sono assunta questa responsabilità. Ognuno deve fare la propria parte per questo mondo così bistrattato. Credo che il role modeling, l’esempio quindi, sia fondamentale per dimostrare che è possibile intraprendere questa professione in modo più sostenibile.

Ma la ricerca di chef Bowerman di nuove possibilità per migliorare la qualità e la sostenibilità dell’attività di cucina non si ferma qui e si allarga anche alla selezione attenta di fornitori che abbiano condotte di gestione dei dipendenti eticamente condivisibili, filiere controllate e sostenibili che la riforniscano di prodotti di alta qualità, stagionali e che abbiamo una stretta connessione con il territorio in cui opera. “Ma io sono contro al km 0 a tutti i costi, preferisco invece la fonte certa del prodotto”, ci confida.

weLa sua cucina è stata definita innovativa e contaminata eppure 18 anni fa ha aperto un ristorante proprio a Trastevere, proponendo un piatto tipico e tradizionale della ristorazione romana: le animelle. Cosa significa allora innovazione per chef Bowerman?

La tradizione va protetta, ma bisogna renderla attuale per farla apprezzare anche ai nostri figli. Altrimenti nessuno mangerà più le animelle, la lingua o il cuore. Però non possiamo più proporre ricette della nonna, quelle che si facevano 20 anni fa. Oggi vanno alleggerite e preparate con tecniche nuove.

Cristina Bowerman a Hospitality Day con Mauro Santinato. ph. Giorgio Salvatori.

Una tradizione che va quindi rispettata, ma innovata nelle preparazioni. Mentre Cristina Bowerman parla ho ancora negli occhi lo splendido video realizzato per illustrare il progetto “Io ti sosterrò” per Foodi’s Challenge, nel quale chef Bowerman ha utilizzato legna proveniente dalle foreste distrutte dalla tempesta Vaia per affumicare una lingua di vitello. Un processo che ha comportato un lunghissimo tempo di realizzazione e che si è tradotto in poetiche immagini oltre che in un piatto dall’enorme valore simbolico.

we. Ancora una domanda sulla sostenibilità, come la declina nella gestione dei rapporti con i suoi dipendenti?

La mia lunga permanenza negli USA mi ha molto aiutato nella gestione delle risorse umane. Io desidero che tutti i miei dipendenti lavorino nel ristorante come se fosse il proprio, con lo stesso entusiasmo, la stessa attenzione e imprenditorialità; perché questo accada credo che si debba lavorare a un grande coinvolgimento. Nel mio caso il coinvolgimento è anche diretto nella società, oltre che nelle condizioni di lavoro. Per esempio ho ridotto i giorni di apertura del ristorante, per consentire un miglior bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata, organizzo dei periodi di vacanza da trascorrere insieme per cementare il nostro rapporto, offro corsi di formazione e massima apertura e flessibilità, ma quando c’è da lavorare lo si fa seriamente!

Cambio le stoviglie, per rompere la routine.

Oggi posso contare su un team molto forte che è con me da molti anni. Perché è pur vero che cucinare è una passione, ma è una passione che va continuamente alimentata. Io credo che il datore di lavoro debba fare di tutto per trattenere il proprio dipendente, per evitare che si adagi e si annoi. Io, per esempio, cambio spessissimo il menu, molto più spesso di quanto sarebbe normale fare, cambio addirittura le stoviglie da utilizzare! In questo modo cerco di evitare la routine e di creare un continuo entusiasmo.

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A chiusura di questa bellissima intervista con una donna che ci ha saputo trasmettere molto più di quanto le parole possano significare, parafrasando una famosa definizione sul mondo del design di Ettore Sottsass, potremmo dire che nella filosofia di chef Bowerman la cucina è un modo di discutere la vita, la società, la politica, il cibo e persino il design.

Foto di apertura di Giorgio Salvatori.

Articolo originale su WellMagazine.it