Alla scoperta di gioielli nascosti, tra parchi geominerari e archeologici, attività artigianali e hospitality in luoghi inaspettati

Di: Maria Mele

LEGGI ANCHE: Il cliente al centro. Ma chi è il cliente?

La Sardegna è un’isola unica e particolare che custodisce preziosi tesori, in alcuni casi  poco conosciuti, da scoprire e rispettare.

Il nostro viaggio ha inizio percorrendo la SS 125 Orientale Sarda in direzione sud.

Dopo aver superato Dorgali, il Supramonte di Barbagia e il massiccio del Gennargentu ci accolgono in un territorio selvaggio dove la forza del rio Flumineddu ha modellato nel tempo il canyon più spettacolare, nonché uno dei più profondi d’Europa: la gola del Gorropu.

Quello che affrontiamo non è un semplice trekking, ma un vero e proprio viaggio nel passato remoto di questa terra, mentre attraversiamo boschi di lecci, felci, corbezzoli inebriati dai profumi mediterranei.

Arrivo alla Miniera di Montevecchio, oggi museo.

Camminare sul territorio sardo è un’esperienza nell’esperienza.

Le pareti calcaree e scoscese del canyon racchiudono fossili che ci ricordano di quando questo territorio si trovava sotto il livello del mare e di come nel corso delle ere geologiche abbia imprigionato preziosi materiali.

“Isola dalle vene d’argento”, così veniva chiamata la Sardegna dagli antichi popoli e dai mercanti. Questa immensa ricchezza del sottosuolo ha fatto sì che l’isola vivesse sino alla fine del XX secolo una grande epopea mineraria, che ha lasciato un immenso patrimonio di archeologia industriale.

Parliamo del parco geominerario della Sardegna, eccellenza della rete mondiale dei geo siti UNESCO per gli straordinari impianti industriali e per il fascino intramontabile dei paesaggi dei quali le miniere abbandonate sono diventate parte.

Falesie, dune di sabbia, cavità carsiche, selvagge foreste e l’azzurro del mare fanno da sfondo a otto aree minerarie divenute ormai monumenti di archeologia industriale come la miniera di Montevecchio, nel territorio di Arbus e Guspini.

Attiva dal 1848, quando re Carlo Alberto concesse lo sfruttamento, sino al 1991, anno della definitiva chiusura, la miniera è passata da essere la più importante del Regno d’Italia a impresa in profonda crisi.

Oggi la miniera e il suo villaggio minerario sono un museo, ma questo luogo continua a ispirare progetti di riconversione industriale; come il Birrificio 4 Mori che ha trasformato la vecchia centrale elettrica del 1900 della miniera in una moderna attività artigianale. Un progetto imprenditoriale di sviluppo sostenibile, di salvaguardia del territorio e del patrimonio storico-culturale che richiama, nei nomi delle proprie birre, i pozzi dove si svolgeva l’attività estrattiva.

Ci spostiamo nuovamente verso il Supramonte per ammirare la magia della fonte Su Gologone, monumento naturale dal 1998.

Inserita in un contesto paesaggistico e storico-archeologico unico, la sorgente di Su Gologone è la più importante sorgente sarda e la principale risorgiva del vasto sistema carsico del Supramonte. Nel corso dei millenni l’acqua ha scavato meandri nel sottosuolo per riaffiorare in superficie come un piccolo lago, di freddissime acque verde smeraldo e blu profondo, incastonato, quasi scolpito dalla potenza dell’acqua e immerso in un’oasi naturalistica.

Landscape hotel Su Gologone.

In questo paradiso, che accoglie specie faunistiche e botaniche singolari, molte delle quali endemiche, sorge da anni un luogo che sfugge alle classiche denominazioni: il Su Gologone Experience Hotel. Un luogo dove respirare gli aromi delle vigne, degli ulivi, dei mirti; dove assaporare la tradizione sarda nei piatti a km 0, ma anche nei manufatti e negli arredi personalizzati di ogni singola stanza, suite, terrazza, salotto che ci accolga. Un luogo dove ammirare i capolavori di artigianato sardo che nascono dalle sapienti mani delle ricamatrici, dei maestri vasai, del legno e del ferro che hanno aperto le proprie botteghe d’arte all’interno della struttura, ma anche un luogo dove riconnettersi con la propria natura più profonda semplicemente ammirando il paesaggio drammatico e imponente circostante o sperimentandolo a piedi o in kayak.

Villa all’interno del Su Gologone Experience Hotel.

Nato come ristorante nel 1967 da un’idea imprenditoriale di Giuseppe “Peppeddu” Palimodde, che volle offrire cibo tradizionale in una zona, la Barbagia, il primo ristorante di Oliena ebbe un tale successo da richiamare clienti da varie parti del mondo. Aperto dal 1970 all’ospitalità con sole otto camere ll Su Gologone si è sempre ampliato in questi anni per arrivare alle settanta camere attuali, mantenendo immutato però lo spirito di accoglienza autentica.

Grazie anche alla mente vulcanica e infaticabile della figlia di Peppeddu, Giovanna Palimodde, alla quale si devono gli attuali arredi, rivisti ogni anno e la disposizione delle camere, quello che viene offerto qui non è un semplice soggiorno, ma un vero e proprio viaggio nella cultura sarda.

Ci spostiamo nei pressi di Paulilatino, per visitare uno dei luoghi sacri più rappresentativi dell’Isola, dove storie, leggende e verità si intrecciano: il Parco Archeologico di Santa Cristina, con il suo tempio a pozzo, una delle massime espressioni architettoniche della civiltà nuragica.

Nonostante la costruzione risalga a circa 3000 anni fa, il pozzo con i suoi massi squadrati e incastrati con una geometria perfetta, sembra costruito solo ieri.

Il monumento si compone di tre distinte parti accuratamente scalpellate: vestibolo o atrio, vano scala e camera ipogea a tholos – il cosiddetto pozzo sacro – che si distingue dagli altri presenti sull’isola per le notevoli dimensioni, l’eccellente stato di conservazione, la raffinatissima tecnica di costruzione, ma soprattutto per alcuni fenomeni astronomici straordinari.

Due volte l’anno infatti in occasione degli equinozi i raggi del sole si riflettono dentro il pozzo sino a lambire l’acqua, passando per il vano scale.
Il visitatore che abbia la fortuna di visitare il pozzo in questi periodi viene accompagnato nella discesa da ben due ombre del suo corpo.

La prima si proietta normalmente nello specchio d’acqua, la seconda invece discende ribaltata, quindi a testa in giù, dal foro della camera a tholos.

Maggiore pazienza deve avere chi desideri assistere al secondo fenomeno astronomico: Il lunistizio maggiore. Questo fenomeno avviene infatti ogni 230 mesi lunari, cioè 18,61 anni. Durante questo periodo la luce della luna raggiunge lo specchio d’acqua del pozzo riflettendosi perpendicolarmente attraverso il foro della camera a tholos. Molte le leggende fiorite intorno a questo straordinario esempio di architettura nuragica. C’è chi ritiene che l’acqua di questo pozzo abbia virtù particolari, chi identifica in Santa Cristina uno degli antichi osservatori astronomici di pietra dell’antichità di cui si favoleggia; certo è che, discendendo quei gradini, si percepisce forte il respiro di questa terra magica e antica.

Articolo originale su WellMagazine