Nella attuale gestione dei flussi migratori, l’unica evidente certezza è la capacità di improbabili natanti di arrivare fino a Lampedusa
Di: Andrea Panziera
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L’etimologia del verbo “barcamenarsi” significa condurre la barca, azione di per sé tutt’altro che semplice. Per estensione del concetto, chi riesce a barcamenarsi è una persona abile a destreggiarsi anche nelle situazioni più complicate. Volutamente ho staccato i due termini che lo compongono, in quanto nella attuale gestione dei flussi quasi ininterrotti di migranti che sbarcano quotidianamente a Lampedusa, l’unica evidente certezza è la capacità di improbabili natanti di arrivare fin lì. Ergo, si barcamenano solo gli scafisti e lo fanno sulla pelle di poveri Cristi che rischiano la morte o quella dei figli minori o neonati, pur di fuggire da condizioni di non-vita che spesso costituiscono la fedele rappresentazione dell’inferno in terra. Se non si parte da questo presupposto e non si cerca di risolvere il problema alla radice, attuando una politica coordinata di intervento economico a livello comunitario e internazionale nei Paesi d’origine, di cui in primis il nostro Governo dovrebbe farsi promotore per ovvi motivi, andremo avanti così per decenni, tra proclami privi di qualsiasi applicabilità ed efficacia, o soluzioni tampone che dopo pochissimo tempo si rivelano del tutto inefficaci. Detto ciò, cerchiamo di intenderci in modo molto chiaro. Non si tratta di spalancare le porte a forme di accoglienza senza limiti e regole. Oltre che non sostenibile da un punto di vista economico, questa politica provocherebbe una conflittualità sociale diffusa ed una deriva razziale i cui sintomi ardono pericolosi sotto le ceneri di una convivenza all’apparenza ancora non del tutto compromessa. Basta volgere lo sguardo fuori dai nostri confini per comprendere come la xenofobia ed il razzismo stiano scalando posizioni nei valori condivisi da fasce sempre più ampie di popolazione; le prossime elezioni europee potrebbero costituire la cartina di tornasole di questa tendenza. Le soluzioni proposte sinora da parte di tutti gli schieramenti politici nostrani sono inefficaci ovvero non attuabili, velleitarie o utopistiche. Hanno il fiato corto e, soprattutto, mancano di visione, puntando perlopiù a rimedi tampone, buoni forse per il breve termine, giusto per lasciare in eredità la patata bollente al prossimo Esecutivo. L’ultimo esempio di questa non-strategia è il recente accordo con la Tunisia, che ricalca con molta minore efficacia quello di qualche anno fa con la Libia. In pratica, lo Stato nordafricano dovrebbe far da argine, come la Turchia nel bacino medio – orientale, all’ondata migratoria in cambio di soldi. Con la condizionalità aggiuntiva della promulgazione di qualche basica riforma per far apparire il Paese un po’ più presentabile in termini di rispetto dei diritti umani. Ebbene, ad ogni evidenza il risultato è stato fallimentare, perché queste seppur minime richieste sono state respinte al mittente e gli arrivi di barchini dalla Tunisia si sono nel frattempo moltiplicati. Qualcuno si ostina a vaneggiare di blocchi navali, ma non specifica come e dove andrebbero attuati. Sicuramente non all’interno delle acque territoriali degli Stati di partenza, i quali non lo consentirebbero, mentre non si capisce in che modo potrebbero funzionare nel “mare magnum” delle acque internazionali. Forse speronando e affondando tutti i natanti che vengono intercettati? Fra le proposte che sono state avanzate in questi giorni c’è anche il potenziamento dei centri di accoglienza ed il prolungamento della permanenza al loro interno in attesa del rimpatrio dei non aventi diritto all’asilo. Si dimentica invero di precisare che i costi di queste misure sono a dir poco esorbitanti e che in molti casi mancano i necessari accordi diplomatici con i vari Paesi d’origine, senza i quali i rimpatri sono praticamente impossibili. Intanto, nel profluvio quotidiano di chiacchiere in libertà, qualche militante politico, forse un po’ accalorato dal perdurante clima estivo o preda dei micidiali effetti rivenienti dall’abuso di salamelle e sostanze alcoliche, si è lanciato in un’ardita proposta che si può riassumere in queste testuali parole: “ Cediamo Lampedusa ai “negretti”, creiamo una barriera invalicabile e trasferiamo gli abitanti in Sicilia, previa costruzione di 5-6000 villette sulla costa. Da lì, presidiamo i nostri confini come fossimo in guerra, perché l’attuale invasione si può definire come tale”. Lascio ai lettori ogni commento, anche l’eventuale invocazione del TSO.