Alessandro Bonato, per il 100° dell’Arena Opera Festival, dirige il Barbiere di Siviglia con una nuova lettura, verso una rinnovata fedeltà filologica

Di: Benedetta Breggion e Roberto Tirapelle

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È di Verona Alessandro Bonato, il più giovane a ricoprire il ruolo di direttore d’Orchestra d’Italia. Quest’anno, per il suo 100° anniversario, l’Arena Opera Festival non poteva non riservargli un posto d’onore. È lui, infatti, a dirigere l’attesissimo Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, con la brillante regia (nonchè scene, costumi e luci) di Hugo de Ana che dal 2006 la accompagna in Arena per questa celeberrima Opera. La dinamica coreografia è di Leda Lojodice, già famosa grazie alle collaborazioni con Fellini e Roberto Benigni.

Vasilisa Berzhanskaya è Rosina. È ormai suo il ruolo dell’amata contesa. Da poco applaudita al Filarmonico nell’acclamato Werther (1887) con cui ha chiuso la stagione lirica primaverile insieme a Dmitry Korchak, la cantante è tornata per la stagione lirica estiva. Anche Dmitry Korchak l’accompagnerà ancora in quest’Opera ma solo il 22 luglio, al posto di Antonino Siragusa. Antonino Siragusa, storicamente nel ruolo del Conte d’Almaviva, ha ormai raggiunto la sua 380esima recita nel Barbiere di Siviglia. Per Don Bartolo si alternano Carlo Lepore (24,30 giugno) e Alessandro Corbelli (13,22 luglio). Figaro è di Dalibor Janis (24,30 giugno) e di Nicola Alaimo (13,22 luglio).

Attesissima in città è questa centesima Stagione, ricca di novità a non finire. E attesissimo era il concittadino Alessandro Bonato, esordiente nella città natale dopo un vastissimo esordio in Italia e all’estero. E ogni anno attesissimo è anche Il Barbiere di Siviglia. Quest’Opera gode di una celebrazione a Verona ben radicata nella storia culturale della città, che comincia già ben prima del Festival areniano. Già nel 1818, debuttò al Teatro Morando, nella Stagione di Primavera di quell’anno. Nella stagione sperimentale lirica del 1856 fu una delle primissime opere eseguite in Arena. Tutt’oggi è da oltre un secolo tra le Opere più amate del Festival lirico.

Cr.ph.: Fondazione Arena

Tra prassi e tradizione: l’intervista ad Alessandro Bonato

Maestro, finalmente in Arena. Dell’orchestra areniana conosceva già le capacità e anche di Richard Barker aveva avuto esperienza delle sue abilità. Cosa la entusiasma del Cast a disposizione?

Bisogna dire che questo è un cast nato e cresciuto con Rossini. Tantissimi, se non quasi tutti gli interpreti provengono dall’Accademia rossiniana, quindi eseguono questo repertorio come lavoro usuale e non saltuariamente. Questo ci consente di parlare la stessa lingua: ci intendiamo subito sulle convenzioni stile e usi di questo autore. È una musica molto bistrattata dalla tradizione. Attenzione, la tradizione non va confusa con la prassi esecutiva.

La prassi esecutiva è fermarsi quando il semaforo è rosso perchè è una convenzione che tutti conoscono e non serve dire “perpiacere fermati che il semaforo è rosso” ogni volta che il semaforo è rosso. Fare tradizione, invece, significa non fermarsi col rosso, perchè tutti si sono abituati a non fermarsi anche se non c’è scritto da nessuna parte. È piegare la musica al proprio volere. È il ragionamento di chi pensa “siccome a me viene più comodo così Io faccio così e siccome ha fatto così anche l’altro allora lo posso fare anche io e magari lo esagero”

Il Maestro Muti diceva che la tradizione è l’insieme delle cattive abitudini che si accumulano l’una sull’ altra, e io sono totalmente d’accordo su questo. Tante pratiche di tradizione iniziano in maniera morbida, senza sconvolgere la musica. Eppure se un cantante si prende una licenza, ad esempio un respiro un po’ più lungo del dovuto, per fini comprensibilmente espressivi, chi arriva dopo, magari, lo sente e, imitandolo, lo allunga un po’ di più; poi, l’interprete successivo lo esaspera ulteriormente e avanti così. Insomma, si innesta una reazione a catena che non ha più fine, si forma un’abitudine scorretta che non ha sempre fondamento filologico.

Il Maestro Alessandro Bonato. Cr.ph. Fondazione Arena

Quindi sono assolutamente riconoscente al Cast per l’enorme disponibilità e apertura a ricostruire insieme un Barbiere diverso da quello che si sente usualmente e più attento all’intento originale dell’autore. Tutto ciò, nonostante anche la loro abitudine ad eseguire tutte queste cose di tradizione che intendevo limare.

Con Rossini, infatti, il suo legame è già ben instaurato. Come Direttore ha donato al compositore pesarese un’ulteriore memoria che nessuno prima d’ora aveva dato al lavoro giovanile “la cambiale di matrimonio” . Nel 2022, infatti, ha eseguito la prima mondiale della Cambiale di Matrimonio di Rossini nella nuova edizione critica. In seguito a questa novità, ha cambiato in qualcosa il suo atteggiamento in generale nei confronti di questo autore?

Sono sempre partito dalle edizioni critiche in generale. Anche per altri autori come Mozart, Verdi e Beethoven. Di tutto quello che mi capita di dover dirigere cerco di andare alla fonte originale e quando posso vado a consultare i manoscritti, perchè spesso ci sono tante edizioni critiche di revisori che hanno scelto anche fonti diverse che erano a disposizione. Però se c’è una edizione critica di riferimento, tra l’altro della Fondazione Rossini che ha a disposizione i manoscritti, non vedo perchè non consultarla.

Come mai ha scelto di passare alla direzione in seguito agli studi in violino e viola?

In realtà ho sempre voluto fare il direttore sin da piccolino. A me è sempre piaciuto vedere le cose nella loro totalità e la direzione d’orchestra ha bisogno proprio di questo. Lo strumentista per quanto bravo sia, ha come esigenza tecnica quella di suonare solo la propria parte e questo non sempre gli permette di rendersi conto di tutto ciò che c’è intorno. Invece a me piace proprio la visione dall’alto. Mi piace vedere le cose prima dal punto di vista macroscopico e poi, in un secondo momento, indagarle a livello microscopico. Ma prima mi piace avere una visione globale delle cose.

A ottobre tornerà al Teatro Filarmonico per dirigere l’Amleto, un’opera su libretto di Arrigo Boito e musiche del compositore veronese Franco Faccio. Ha già fatto qualche riflessione sulla partitura?

È una partitura che non conoscevo. Quando mi è stato chiesto di dirigerla conoscevo già, ovviamente, la musica di Franco Faccio, ma non il suo Amleto, sua seconda e ultima opera. Ho iniziato a sfogliarla subito ed è una partitura più interessante di quel che pare. Sembra proprio Verdi in tantissimi punti (di cui era amico e Direttore). Ci sono tantissime citazioni da opere famose come la Traviata, il Trovatore e la Forza del destino.

Però, allo stesso tempo, si può sentire anche qualcosa di riconducibile a Boito. Il suo stile, quindi, vive di questa commistione, in quegli anni. Si vede che non faceva il compositore di professione: rispetto a Verdi gli manca la bellezza del canto che a volte è abbastanza monodico, tanto da sembrare le preghiere di un salmo responsoriale. Il canto ogni tanto perde, soprattutto nei recitativi, ma nelle parti musicali è bellissimo soprattutto nel Padre Nostro, che è da pelle d’oca.

Cosa vuol far emergere da questo Barbiere di Siviglia?

Sul Barbiere di Siviglia mi sono concentrato sugli aspetti fondamentali, ovvero tutta la parte degli effetti coloristici. Soprattutto sui colpi d’arco, di cui Rossini era un maestro. Io, infatti, non ho voluto rinunciare a tutti i colpi d’arco e le dinamiche che di solito si pensa che si possano sentire solo in un teatro al chiuso. Perchè non è vero che “tanto siamo in Arena”. Perchè, se siamo in Arena, deve essere tutto forte? Il volere dell’autore deve rimanere intatto di fronte alle circostanze contingenti. E quindi con l’Orchestra abbiamo tanto lavorato su questo aspetto, anche nella differenza di dinamiche e articolazione all’interno delle frasi musicali…

…e poi le agogiche su cui Rossini era molto meticoloso. A differenza del suo contemporaneo Mozart, che si limitava a scrivere solo Allegro o Adagio, Rossini include anche le indicazioni affettive. Declina le varie agogiche in tantissime ulteriori sottospecie (allegro marziale, allegro con brio, allegro vivace. ll risultato è che nel suo repertorio esistono tutta una serie di effetti che cambiano completamente lo stile dello stesso Allegro odello stesso Adagio. Insomma, con Rossini Allegro significa tante altre cose, possiede una gamma ben più raffinata e complessa di indicazioni di tempo.

Dalibor Jenis nei panni di Figaro. Cr.ph. Fondazione Arena

Tra tutti, due sono i risultati più eclatanti di questo nostro lavoro: la fine della cavatina di Figaro e l’inizio dell’aria di Bartolo. In quest’ultima, per esempio, molto spesso Bartolo è stato reso simpatico con questo accelerando della tradizione. Ma Bartolo è tutt’altro che simpatico. Di tutti questi accelerandi e abitudini della tradizione di esecuzione, io ho cercato di capire il perchè Rossini non li ha scritti. E nel 99% dei casi il compositore ha ragione. Quando Rossini vuole qualcosa lo scrive sempre, non c’è verso su questo, non serve interpretare o congetturare.

Qualche cambio di tempo ci sta, ma è la musica che lo deve chiamare. Non siamo noi che dobbiamo piegare la musica solo perchè vogliamo fare un effetto. L’effetto non va cercato va creato con ciò che il compositore ha scritto.

L’evoluzione di un direttore, in Italia e all’estero

Nato a Verona, Alessandro Bonato studia violino e composizione oltre che in direzione d’orchestra presso il locale Conservatorio. Nel 2016 debutta dirigendo Il Flauto magico di Mozart alla Royal Opera House Muscat, mentre con La Cambiale di matrimonio di Rossini esordisce al ROF di Pesaro per il 150° anniversario della morte del compositore. Si impone giovanissimo all’attenzione internazionale conquistando il terzo premio alla Malko International Competition di Copenhagen nel 2018.

È Direttore principale dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana per il biennio 2021-2022. In Italia dirige l’Orchestra della Toscana, la Filarmonica della Scala, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, la Filarmonica del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo ed è regolarmente ospite de I Pomeriggi Musicali. All’estero è ospite delle orchestre Danish National Symphony e della CRR Symphony di IstanIbul. Nella stagione 2021/22 debutta con la Filarmonica Toscanini, con l’Orchestra Sinfonica Siciliana e al Musikverein di Vienna con la Wiener Concert-Verein. Nel 2022 fa il suo debutto al Macerata Opera Festival con una nuova produzione de Il Barbiere di Siviglia di Rossini e dirige per la prima volta nell’ambito del Circuito Lirico Lombardo una felicissima edizione di Norma di Bellini.

in Giappone, è prima alla guida dell’Ensemble Kanazawa, accanto al giovane prodigio della tastiera Mao Fujita, e della Tokyo Symphony Orchestra. Al Teatro Filarmonico di Verona dirige nel 2019 una produzione di Gianni Schicchi di Puccini oltre ai due capolavori di Cimarosa Il Maestro di cappella e Il Matrimonio segreto.