Da dicembre 2022 a fine maggio 2023, Vicenza accoglie “I Creatori dell’Egitto eterno”, in una mostra con 180 reperti originali
Di: Camilla Piazzon
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Da dicembre 2022 a fine maggio 2023, Vicenza accoglie”scribi, artigiani e operai al servizio del faraone” in una mostra con 180 reperti originali. La maggior parte proviene nientemeno che dal Louvre e dal Museo Egizio di Torino.
La mostra è stata ideata e promossa dal Comune di Vicenza, in collaborazione con la Fondazione TCVI e il Centro Internazionale di Studi di Architettura di Andrea Palladio. L’esposizione è curata da Christian Greco, Corinna Rossi, Cédric Gobeil e Paolo Marini, tutti esperti egittologi. Tra gli oggetti esposti: sarcofagi, mummie, papiri e gruppi scultorei imponenti.
Il filo conduttore è l’industria funebre egizia, che all’epoca ricopriva circa il 40% di quello che oggi definiremmo il PIL del paese. Il viaggio comincia dalla città di Tebe, con opere dedicate alla dea Mut, divinità egiziana che proteggeva la città. La figura è seduta, in un trittico al centro della prima sala, di fianco al faraone Ramses II; e questi è a sua volta affiancato dal dio Amon, che può così legittimare il suo potere di intermediario fra gli uomini e gli déi.
L’esposizione si sofferma poi su un’altra città, Deir el-Medina. Fondata nel 1550 a. C., accoglieva le famiglie che avevano il compito di costruire le tombe dei faraoni nella Valle dei Re. Molto importante nell’arte egizia, l’impiego del colore e soprattutto le tecniche sviluppate per crearlo. Il nero, per esempio, era simbolo di fertilità e vita che rinasce. Ancora, il blu era un colore doveva riprodurre la brillantezza dei lapislazzuli: inizialmente reperibili solo in Afghanistan, escogitarono poi il modo per produrlo da sé tramite minerali presenti nel terreno. I colori egizi, grazie agli scambi di natura commerciale e sociale, sono arrivati fino a Michelangelo.
Nella mostra sono presenti anche strumenti musicali come la lyra e il flauto, che accompagnavano rituali religiosi ma anche la lettura di testi letterali. Se la prima parte è dedicata al culto delle divinità e agli strumenti e tecniche di cui si servivano gli operai, la seconda porta il visitatore nel pieno della tradizione egizia. Qui si possono ammirare sarcofagi, una mummia di nome Tariri e
La Basilica Palladiana non ospita soltanto il progredito Egitto delle Piramidi, ma anche un paese che -già nell’Avanti Cristo- era aperto agli scambi e ai contatti con altre culture, come dimostrano i reperti dell’Antico Regno.