È di questi giorni la notizia della proposta di acquisizione del Manchester Utd avanzata dallo sceicco Jassim Bin Hamad Al Thani

Di: Andrea Panziera

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Non temano i lettori; pur con tutto il rispetto di cui è meritevole, non desidero in alcun modo occuparmi di Charles Bukowski e del suo celebre saggio. La follia a cui alludo è quella che da molti anni regna incontrastata nel mondo del calcio e pare non avere limiti, se non l’infinito. E’ di questi giorni la notizia della proposta di acquisizione del Manchester Utd. avanzata dallo sceicco Jassim Bin Hamad Al Thani (soltanto un omonimo del figlio dell’emiro qatarino ed ex principe ereditario) all’attuale proprietario del club, la famiglia americana Glazer. Al Thani, presidente della Qatar Islamic Bank (QIB), ha formalizzato un’offerta per l’acquisto del 100% del Manchester Utd. alla cifra iperbolica di circa 6 miliardi di euro! Un’operazione che, come da comunicato ufficiale, verrebbe veicolata tramite la Nine Two Foundation, la quale si accollerebbe anche tutti i debiti attuali del club. Questa notizia ed il cognome del proponente rimandano inequivocabilmente alla stessa proprietà del PSG. Ma, almeno sulla carta, si tratterebbe di due entità distinte. Infatti la Nine Two Foundation è una realtà privata. Di conseguenza, non esiste un rapporto societario fra quest’ultima ed il fondo sovrano dell’Emirato, che è un azionista della Qatar Sports Investments, controllante del PSG; in caso contrario verrebbero violate le normative che vietano allo stesso proprietario di possedere due club concorrenti. Nei fatti però, non può sfuggire la circostanza che tutti i più importanti esponenti dell’elite del Qatar sono imparentati fra di loro e Jassim Bin Hamad Al Thani fa parte a pieno titolo di questa nomenclatura. Infatti è il nipote di Tamim bin Hamad Al Thani, emiro del Qatar e proprietario del PSG ed è figlio dell’ex primo ministro, Hamad bin Jassim bin Jaber Al Thani. Come se non bastasse, ha legami di parentela anche col proprietario del Manchester City Mansur bin Zayd Al Nahyan. La QIB, la banca di cui è presidente, è il maggior Istituto di Credito islamico di Doha, con sedi in Libano, Regno Unito e Sudan, quindi dotato di una potenza di fuoco finanziaria praticamente illimitata. Peraltro, i recenti mondiali ed i fatti (e misfatti) che li hanno preceduti e accompagnati, rappresentano un ottimo termometro della temperatura calcistica di quel Paese e dei mezzi che possono essere utilizzati per placarla. Cos’altro aggiungere? Di fronte alla prospettiva di un gioco del calcio dominato da dinastie di Paperoni che nuotano in un oceano di petrodollari, disposti ad alzare sempre più in alto l’asticella degli ingaggi pur di accaparrarsi i migliori atleti di ogni campionato, valori antichi quali l’attaccamento alla maglia, la riconoscenza verso il club che ti ha fatto crescere, la gratitudine per la smisurata passione dei tifosi, si riducono a simulacri totalmente privi di qualsiasi significato. E allora, non essendo possibile ( e neanche auspicabile) competere sul terreno del continuo rilancio economico pur di trattenere questo o quel giocatore, l’unica strada percorribile è quella intrapresa da squadre come il Bayern: creare una struttura manageriale capace di conciliare la sostenibilità dei conti e la gestione mirata ed efficace dei calciatori. Nel team di Monaco di Baviera questo ruolo è coperto da Kathleen Krüger , una ancor giovane ex calciatrice che da tutti viene considerata una figura chiave all’interno della società. Alla luce dei risultati ottenuti sul campo e degli ottimi riscontri del Conto Economico non resta che dire: “Chapeau”. Con l’auspicio che questo modello venga ripreso ed attuato quanto prima anche da noi.