Il mercato azionario ha concluso un mese orribile. Rendimenti dei Bond a 2 anni superiori all’inflazione attesa e l’equity perde i pezzi

Di: Fabio Michettoni

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Il mercato azionario ha concluso un mese orribile, con l’S&P 500 che ha segnato il peggior settembre dal 2002. Sembra che ogni giorno ci sia un motivo in più per gli investitori per vendere.

Nell’ultima sessione di settembre, il Dow Jones Industrial Average è sceso dell’1,7%, l’S&P 500 ha perso l’1,5%, mentre il Nasdaq Composite è sceso dell’1,5%, registrando i peggiori primi nove mesi di un intero anno solare degli ultimi vent’anni.

I trader e gli investitori non stanno puntando sugli asset più rischiosi, perché sono preoccupati per il rallentamento dell’economia globale e per la forte possibilità che si verifichi una recessione a causa delle politiche monetarie “hawkish” definite dalle varie banche centrali e sembra che la pressione sui tassi sia, al momento, ancora insufficiente a far raffreddare l’inflazione, visto che gli ultimi rapporti definiscono per agosto un aumento, più consistente del previsto, registrato dall’indice dei prezzi al consumo.

Tuttavia, i mercati sembrano aver raggiunto un alto livello di consapevolezza dei rischi, sul lato dell’inflazione, ecco perché i rendimenti obbligazionari sono rimasti al di sotto dei livelli chiave del precedente venerdì 23 settembre.

Venerdì il rendimento dei Bond USA a 2 anni, barometro delle aspettative sul tasso dei fondi federali, ha chiuso al 4,206%, al di sotto del massimo pluriennale di poco più del 4,3% raggiunto all’inizio della settimana. Il decennale ha chiuso al 3,802%, al di sotto del massimo pluriennale, poco oltre il 3,9% raggiunto questa settimana.

Questo ha inizialmente aiutato il mercato azionario a guadagnare in apertura di venerdì, ma altri fattori hanno contribuito ad appesantire le vendite che sono poi affluite con forza sul mercato, fino alla chiusra della sessione.

Siamo alla fine del terzo trimestre e alcuni gestori azionari potrebbero aver bisogno di liberarsi di alcune azioni per evitare che i loro portafogli siano troppo esposti a un mercato azionario rischioso. Certo, i gestori di fondi istituzionali hanno già venduto molto quest’anno, raccogliendo più liquidità, ma venerdì potrebbe esserci stata un’ulteriore corrente di vendita finalizzata al completamento di ribilanciamento di fine trimestre, che chiude una settimana particolarmente volatile.

Tuttavia, qualunque sia la tipologia di vendita che ha preso piede venerdì, l’S&P 500 ha toccato un nuovo minimo di chiusura per l’anno in corso, proprio a ridosso di un importantissimo supporto volumetrico visto a quota 3,585, che rischia adesso di essere violato, poiché validato con una pressione in relativo equilibrio.

Certo è che il mercato, tutto d’un tratto, sta facendo percepire tutta la sua rischiosità sistematica e gli ultimi sviluppi sottolineano la nostra opinione, coagulata da tempo, riguardo una situazione che potrebbe adesso avvitarsi in modo scomposto se quota 3585-3550 dovesse cedere definitivamente, in raccordo al fatto che non ci sono ancora le condizioni per una svolta strutturale nel sentiment del mercato.

A nostro avviso, un tale miglioramento richiederà prove severe e convincenti che la minaccia dell’inflazione si sta allontanando, consentendo una svolta più dovish della policy adottata dalle banche centrali.

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