Molte persone manifestano ormai una profonda preoccupazione per quanto presumibilmente avverrà nei prossimi mesi
Di: Andrea Panziera
LEGGI ANCHE: Post it – 33, 23, 20, 15, Bingo!
In questi giorni molte persone mi hanno manifestato la loro profonda preoccupazione per quanto presumibilmente avverrà nei prossimi mesi.
Qualcuno teme di non essere in grado di pagare le bollette di luce e gas, altri paventano di passare un inverno al freddo perché legna e pellets sono introvabili, i più sconfortati nutrono seri dubbi sulla possibilità di mantenere in vita la loro attività. Comprendo le preoccupazioni di tutti costoro e aldilà di qualche possibile esagerazione ritengo che molti dei timori espressi siano pienamente fondati.
Nei miei articoli precedenti ho a più riprese messo in guardia sull’avvicinarsi di uno scenario che definire quantomeno problematico appare una edulcorazione del reale. Il periodo che abbiamo davanti potrebbe infatti essere connotato da una micidiale composizione di elementi, i quali sommati sono in grado di creare una miscela esplosiva, foriera di una crisi sistemica dagli esiti sicuramente dolorosi, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione.
Con il suo consueto e impeccabile stile istituzionale, nel suo recente intervento al meeting di Rimini di CL, il Presidente del Consiglio ha concluso il discorso dicendosi certo che anche questa volta l’Italia ce la farà, qualsiasi sia lo schieramento vincente alle prossime elezioni. A motivo del suo ruolo e vista la particolare contingenza, da Premier prossimo alla scadenza del mandato non poteva proferire parole differenti.
Ma una più attenta lettura delle sue affermazioni precedenti, ci aiuta nella distinzione fra il doveroso auspicio relativo alla tenuta del sistema Paese ed il rimando ai paletti non valicabili il cui mancato rispetto potrebbe cagionare proprio quella crisi sistemica a cui accennavo poc’anzi. Quali sono questi limiti il cui superamento potrebbe provocare un pericoloso avvitamento della crisi che già si percepisce come imminente? Uno soprattutto. Allontanare l’Italia dal sistema di alleanze europee ed atlantiche o alimentare questa percezione, con scelte di disallineamento di tipo sovranista/populista che stanno suscitando allarme, ancora circoscritto ma pronto a diffondersi, presso i nostri maggiori partner occidentali.
Ha suscitato grande clamore un recente articolo del Financial Times secondo il quale gli Hedge Funds hanno assunto una posizione fortemente ribassista contro i titoli di stato italiani, analogamente a quanto accaduto dopo la crisi finanziaria globale del 2008. A leggere le cifre, si tratterebbe di una scommessa che questo mese vale 39 miliardi di euro, un valore sì consistente ma tutto sommato non in grado di fungere da leva per movimenti di capitali in grande stile.
Francamente non comprendo lo stupore e ancor meno quel sentimento di offesa alla dignità nazionale che sento serpeggiare qui e là. I Mercati hanno una loro logica ed investono in acquisto sugli Stati ritenuti affidabili e assumono posizioni corte (short > in vendita) su quelli considerati più a rischio. L’Italia è inoltre considerata dalla maggior parte degli investitori tra i Paesi più vulnerabili alla decisione della Bce di ridurre i programmi di acquisto dei titoli del Debito Pubblico degli Stati membri, mentre attua nel contempo una strategia di aumento dei tassi di interesse per combattere l’inflazione.
E’ del tutto evidente che la percezione sulla solidità futura degli asset tricolori si stia deteriorando. Di conseguenza, alcuni gestori di importanti portafogli finanziari iniziano a presentarci il conto relativo alla scelta, invero scellerata, di provocare una crisi di Governo in un periodo di per sé già denso di incognite. In questo anno e mezzo la credibilità personale di Draghi ed i risultati innegabili ottenuti dal suo Esecutivo hanno fatto da parafulmine rispetto alle tentazioni di metterci nel mirino della c.d. speculazione, ma ora tale remora è saltata.
Non si tratta soltanto della mia opinione, ma quella di gran parte degli analisti internazionali, concordi nel delineare per i prossimi mesi scenari assai problematici. Gli strategist dei Fondi di Investimento, qualunque sia la loro tipologia, fanno il loro lavoro e sono pagati per massimizzare il rendimento delle gestioni.
Accusarli di questo, non è solo miope ma rischia di gettare altra benzina sul fuoco. Ad aggravare un quadro già complicato, vi è la questione del gas, il cui prezzo da settimane continua a salire ed ai livelli attuali ha decuplicato il suo valore rispetto allo scorso anno. Tutti i Paesi europei stanno facendo i conti con questa escalation senza controllo, ma noi e la Germania siamo quelli più esposti. Con una differenza tutt’altro che marginale.
I Conti pubblici tedeschi si trovano nella condizione di supportare l’attuazione di interventi massicci a favore di famiglie e imprese anche per un periodo non breve, quelli italiani assai meno. Da qui l’idea, a mio avviso tutt’altro che peregrina, di uno stop di alcuni giorni alle stantie diatribe di una campagna elettorale decisamente mediocre e del tutto irrealistica relativamente alla concreta realizzabilità di gran parte delle proposte economiche, per fare una riunione allargata dell’Esecutivo con tutte le forze politiche. Questo allo scopo di verificare la fattibilità di possibili interventi atti a contrastare l’insostenibile “caro bollette”.
Ci penserà il prossimo Governo? Fra un mese e mezzo, tempo minimo necessario per il suo insediamento, la situazione potrebbe essere divenuta esplosiva e non più gestibile con interi settori produttivi già fuori mercato. Dicevamo prima della Germania. Lì si sta predisponendo un taglio dei consumi del 20% mentre si discute sulla scala delle priorità nel caso di un più che probabile razionamento.
Addirittura c’è chi propone di includere in questa eventualità anche le famiglie, gli ospedali e le RSA, perché in caso contrario interi comparti industriali, come quello chimico allargato, sarebbero a rischio chiusura. Appare in tutta evidenza che, di fronte a queste prospettive, gran parte dei proclami elettorali imperniati su nuove spese e tagli fiscali che la nostra classe politica sta veicolando con sommo sprezzo del ridicolo (soprattutto internazionale), assumono la dignità di carta straccia.
Forse quanto preventivato da qualcuno, ovvero la prospettiva di un futuro Governo in carica per pochi mesi in balia degli eventi e dei mercati, più che una gufata partorita dalla consapevolezza della quasi certa sconfitta, costituisce il probabile Campo di Agramante dove si dovranno assumere decisioni di importanza decisiva per la vita di ognuno di noi.
L’ipotesi più favorevole ? Un replay di quanto accaduto nel 2011, con i medesimi sviluppi successivi e, si spera, con conseguenze meno pesanti in termini di successivi oneri sul debito. Quella peggiore ? Come direbbe la badante di mia zia: “nun so!”