Una decina di giorni fa si è spento Leonardo Del Vecchio, imprenditore, fondatore di Luxottica e alfiere dell’Economia Sociale di Mercato

Di: Andrea Panziera

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Una decina di giorni fa si è spento Leonardo Del Vecchio, fra i più importanti imprenditori italiani dell’ultimo mezzo secolo. Fondatore di Luxottica, uno dei maggiori player mondiali dell’occhialeria, considerato da tutta la stampa economica, nazionale ed internazionale, un esempio quasi unico di self made man, Del Vecchio ha incarnato come meglio non si potrebbe il mito dell’ “Italian Dream”.

Il minore di quattro figli, padre fruttivendolo che non ha mai conosciuto perché scomparso prima della sua nascita, dopo un’infanzia difficile, il piccolo Leonardo viene affidato dalla madre al collegio dei Martinitt non essendo lei in grado di mantenerlo. A 14 anni trova il primo lavoro come garzone presso un’azienda di incisioni metalliche di Milano, i cui titolari lo spingono a iscriversi ad un corso di specializzazione presso l’Accademia di Brera intuendone le notevoli capacità creative.

Il suo ingresso nel mondo degli occhiali avviene nel 1958, quando Leonardo Del Vecchio si trasferisce ad Agordo, un paese vicino a Belluno, dove avvia una piccola fabbrica specializzata in montature per conto terzi. Dopo meno di 10 anni decide che è arrivato il momento di abbandonare il lavoro su commessa e produrre esclusivamente occhiali con il brand Luxottica.

Da lì in avanti la sua carriera imprenditoriale è costellata di successi e riconoscimenti, cariche onorifiche e acquisizioni strategiche, in Italia e soprattutto all’estero. I suoi investimenti non si limitano all’ambito del suo “core business”, ma spaziano nel settore finanziario, immobiliare ed assicurativo. E’ presente tramite la holding di famiglia Delfin in quasi tutte le big tricolori ( e non solo quelle), tra cui Generali, Mediobanca, Unicredit e spesso risulta determinante per gli equilibri e gli indirizzi della Governance. L’aspetto che tuttavia ne fa una figura non unica, ma abbastanza rara nel panorama imprenditoriale nostrano, è il suo rapporto particolare con le maestranza ed in primis con gli operai. Un episodio fra gli altri la dice lunga su questa sorta di simbiosi ideale. La narrazione è di un rappresentante sindacale, per oltre 40 anni dipendente di Luxottica.

“Nell’agosto del 2014 furono riportati ad Agordo i macchinari che l’allora amministratore delegato Andrea Guerra, allontanato pochi giorni prima, aveva già fatto imballare e caricare su una nave diretta in Cina. Del Vecchio aveva ripreso le redini del gruppo ed il clima nell’ azienda cambiò immediatamente, passando da un sentimento di smobilitazione e abbandono al ritorno della fiducia e all’ottimismo sul futuro”.

Le testimonianze dei suoi operai ed impiegati prima e dopo le esequie sono estremamente illuminanti e di certo del tutto sincere e veritiere. Al suo ottantesimo compleanno ha donato ai suoi dipendenti 140.000 azioni Luxottica da lui possedute, per controvalore pari a 9 milioni di euro. Aldilà dell’entità della cifra, quello che dovrebbe indurre a riflessione è la profonda simbologia racchiusa nel gesto: se Luxottica è diventata leader mondiale dell’occhiale, il merito è anche vostro e la compartecipazione societaria ne costituisce la doverosa ricompensa

Tralascio la disamina di tutte le altre misure innovative di welfare introdotte a beneficio dei suoi collaboratori di ogni ordine e grado; dai trasporti pagati per arrivare sul luogo di lavoro, alle vacanze studio per i figli dei dipendenti, agli asili nido aziendali gratuiti per i più piccoli, agli orari agevolati per i più anziani. Ultimi, ma non per importanza, i suoi interventi diretti nel capitale di quelle realtà industriali della zona che attraversavano momenti di difficoltà, come Ideal Standard, ma non solo.

In realtà, l’eredità di Leonardo Del Vecchio va probabilmente aldilà di tutte le meritorie iniziative dianzi menzionate e assume implicitamente i caratteri di una vera e propria rivoluzione nei rapporti di lavoro all’interno di una moderna struttura industriale. Rivoluzione che , consapevolmente o meno, scaturisce da una concezione di sistema economico ottimale che gli esperti in materia sono soliti definire “Economia Sociale di Mercato”.

Ma nel concreto , di cosa si tratta? Se volessimo cavarcela con una definizione piuttosto stringata ma sufficientemente esaustiva, si potrebbe dire che essa si propone lo scopo di conciliare, a dispetto di scettici o malpensanti, la libertà di intraprendere propria del liberismo con i principi non negoziabili della giustizia sociale. La scaturigine di questa concezione deriva dalla presa d’atto che l’applicazione di un sistema liberista “tout court” non offre garanzie di equità sociale, di pari opportunità per tutti, di valorizzazione dei talenti a prescindere dalle differenti condizioni di partenza.

Quindi, per coniugare la libertà di intraprendere con il rispetto dei valori etici che dovrebbero essere il patrimonio di una società equa e non discriminante, diviene fondamentale il ruolo dello Stato come entità super partes, che stabilisca delle regole di funzionamento del sistema tali da non penalizzarne l’efficienza ma nel contempo atte a tutelare i diritti individuali e collettivi, civici ed economici.

Questo non significa in alcun modo tarpare le ali ai c.d. “animal spirits”, ovvero disconoscere la funzione del profitto come uno dei motori della crescita. Più semplicemente, vuol dire far coesistere il suo ruolo con quello dei principi irrinunciabili del contratto sociale, che costituiscono il fondamento di ogni Paese realmente democratico. La grandezza di Leonardo Del Vecchio e di molti altri imprenditori sta proprio in questa innata, o acquisita, sensibilità valoriale: il termine “Economia Sociale di Mercato” non è una sorta di claim con cui riempirsi la bocca in ogni occasione pubblica, ma la prassi comportamentale della loro attività. E, fortunatamente, il numero di questi “alfieri” è superiore a quanto comunemente si creda.

Penso tra gli altri alla famiglia Ferrero, a Brunello Cucinelli e, per rimanere nell’ambito della nostra provincia, a Silvano Pedrollo, recentemente insignito del premio Leonardo per il suo impegno nella soluzione del problema idrico nelle zone più disagiate del mondo. Tutti costoro rappresentano la testimonianza vivente che un florido Conto Economico e una forte, contestuale, Responsabilità Sociale sono obiettivi perfettamente compatibili e questa, nel mare magnum di quelle pessime, è sicuramente una buona notizia.