Il 9 luglio 2022, Venezia festeggia i 90 anni della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Di seguito il programma della giornata

A cura di: Roberto Tirapelle

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Due capolavori – il documentario Regen (Pioggia) di Mannus Franken e Joris Ivens (Olanda, 1929, 12’) e la commedia Gli uomini, che mascalzoni… di Mario Camerini (Italia, 1932, 66’), con Vittorio De Sica – entrambi nel programma della prima edizione del 1932, saranno proiettati nella storica Sala Grande al Lido (ore 21) sabato 9 luglio, per la giornata di celebrazione dei 90 anni della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia.

La serata è dedicata al pubblico di Venezia, che potrà partecipare gratuitamente attraverso la collaborazione con i quotidiani Il Gazzettino, La Nuova di Venezia e Mestre e il Corriere del Veneto.

Si tratterà dell’epilogo al Lido, culla della Mostra del Cinema, della giornata celebrativa dei 90 anni, che il 9 luglio vedrà svolgersi dal mattino a Venezia, alla Biblioteca dei Giardini della Biennale, un convegno internazionale con la presentazione del nuovo volume storico La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia scritto da Gian Piero Brunetta e frutto della collaborazione fra la Biennale e l’editore Marsilio. Sarà inoltre aperta, nel Portego di Ca’ Giustinian, un’esposizione sulla prima edizione del 1932 della Mostra del Cinema, realizzata dall’Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) della Biennale.

Regen


Una delle pietre miliari del cinema documentario e d’avanguardia, definito un “cine-poema”, il cortometraggio Regen (Pioggia) di Mannus Franken e Joris Ivens (Olanda, 1929, 12’, copia dell’EYE Filmuseum, Amsterdam), venne proiettato nella serata di chiusura della prima Mostra del 1932 (21 agosto). E’ un ritratto astratto, lirico e impressionistico di una città sotto la pioggia che utilizza tecniche narrative sperimentali, e che attraverso il montaggio crea una prospettiva di sintesi, pur dettagliando la minuta realtà con le sue sottili variazioni.

Il grande documentarista olandese Joris Ivens, Leone d’oro alla carriera nel 1988, s’ispira alle avanguardie artistiche e ai grandi cineasti sovietici degli anni Venti, soprattutto a Dziga Vertov (“Io sono un occhio. Un occhio meccanico e sono in costante movimento!”) che gira nello stesso anno, siamo nel 1929, L’uomo con la macchina da presa, la giornata di un cineoperatore per le strade di Mosca. Il cortometraggio, per la proiezione a Venezia nel 1932, venne sonorizzato con una partitura di Lou Lichtveld. Successivamente Ivens adottò la partitura di Hanns Eisler (versione del 1941), artista esiliato a New York che dedicò il suo “Fourteen Ways to Describe Rain” al maestro Arnold Schönberg. Dopo diverse proiezioni, nel 1947 la versione sonora originale del 1941 divenne irreperibile.

Per la copia di Regen, si ringraziano gli aventi diritto Laurence Berbon – Tamasa Distribution (Francia);  Fons Grasveld – The Mannus Franken Foundation (Olanda). Si ringrazia Jay Weissberg, Giornate del Cinema Muto – Pordenone.

Gli uomini, che mascalzoni…


A seguire il cortometraggio Regen, sabato 9 luglio in Sala Grande al Lido sarà proiettato Gli uomini, che mascalzoni… di Mario Camerini (Italia, 1932, 66’, copia della Cineteca Nazionale, Roma), che fu il primo film italiano presentato alla Mostra del 1932, l’11 agosto. E’ l’opera più famosa del maestro Camerini e una delle sue migliori, un capolavoro della commedia sentimentale. Prodotto dalla Cines e sceneggiato da Aldo De Benedetti e Soldati oltreché da Camerini, ebbe come interprete il giovane Vittorio De Sica, che vi incontrò il suo ‘primo’ personaggio, quello, tipicamente italiano, del giovanotto vanitoso e farfallone. De Sica, fino ad allora attore di teatro leggero, qui canta, rendendola celebre, la canzone Parlami d’amore Mariù.  Il film, che ha come protagonista femminile la “meteora” Lya Franca, rappresentò un’importante innovazione nel cinema italiano dell’epoca per la scelta rivoluzionaria di girare in esterni, alla Fiera di Milano (allora considerat
a una città modello), invece che nei teatri di posa. Il film descrive una Milano industriale, costellata dai segni della civiltà dei consumi, con un’aderenza alla realtà dell’Italia piccolo-borghese di quegli anni che sembra prefigurare il Neorealismo.