Cos’hanno in comune Samuele, Viviana, Eleonora, Francesca e molti altri studenti ITS? Hanno scelto un percorso formativo che ha permesso loro di guardare con speranza all’ingresso nel mondo del lavoro
Di: Andrea Panziera
Samuele, Viviana, Eleonora, Francesca, Matteo, Federico, Denis, Marta, Alessio, Giovanni, Antonio, Alessandro, Chiara, Irene, etc. Cos’hanno in comune questi ragazzi, molti poco più che ventenni? Una cosa molto importante: tutti guardano con più convinzione e speranza al loro prossimo ingresso nel mondo del lavoro.
Motivo? Hanno scelto un percorso formativo che ha tradotto dalle parole ai fatti l’ormai famosa nozione che caratterizza le esperienze didattiche più performanti in termini di rapporto diplomati/occupati: l’alternanza scuola-lavoro.
Non vorrei che queste parole fossero interpretate in modo difforme dalle mie convinzioni: il conseguimento della laurea rimane sicuramente un obiettivo prestigioso. Tuttavia, in molti casi, la spesso solida conoscenza teorica mal si sposa con quella che è la domanda di competenze proveniente dalle imprese e questo provoca un mismatch difficilmente risolvibile.
Provate ad immaginare la frustrazione di chi, dopo anni di studi e sacrifici, anche economici, trova grandi difficoltà a trovare una stabile occupazione in linea con le sue aspettative. Purtroppo non stiamo parlando di una ristretta minoranza di ragazzi. Questa situazione è stata recentemente fotografata da un articolo apparso su 24Plus, uno degli inserti del Sole 24Ore. Il titolo dice già tutto: Laurea? No, grazie. Gli sbocchi professionali offerti dagli ITS.
I giovani di cui sopra sono stati tutti studenti ITS. Il loro approccio con il mondo del lavoro è avvenuto gradualmente ma con modalità realmente operative; per intenderci, non è stato loro chiesto di fare le fotocopie ma di essere parte attiva nei processi produttivi. Questo in tutte le aziende che li hanno accolti: la grande impresa lattiero-casearia fra i leader del mercato di riferimento, l’Ente pubblico di certificazione della qualità, la media azienda vitivinicola, quella molitoria, quella conserviera, e tutte le altre che hanno aderito con spirito lungimirante all’iniziativa di ospitare presso le loro manifatture i ragazzi.
C’è chi dice sì significa proprio questo: per fortuna esiste e cresce una generazione di imprenditori che considerano la formazione interna degli studenti non un fastidio, un costo o uno spreco di risorse ma un investimento, una opportunità per lo sviluppo della loro azienda. L’auspicio, per le future generazioni e per il bene del Paese, è che il loro numero aumenti e i numeri paiono confermare che si stia andando in questa direzione.
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