Il giornalismo, i giornali e i giornalisti rappresentano il nostro filtro sul mondo. Ma siamo davvero certi che tutto ciò che riportano sia utile per la vita quotidiana?
Di: Samuela Piccoli
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Leggendo un giornale o guardando le notizie alla televisione, ci sembra di poter abbracciare il mondo senza spostarci dal luogo in cui viviamo. Le informazioni forniteci dai mass media fanno parte della nostra vita: soprattutto in questo preciso momento storico, non possiamo più farne a meno.
Cosa trasforma un fatto in una notizia
Che cosa trasforma un fatto in una notizia? Il leitmotiv del giornalismo è: non fa notizia il cane che morde il bambino, bensì il bambino che morde il cane. Quindi, uno dei criteri per cui un avvenimento viene trasformato in cronaca è la novità.
Un secondo aspetto riguarda il livello gerarchico dei soggetti coinvolti. In altre parole, la loro riconoscibilità da parte del pubblico o, nel caso di partiti o movimenti, la loro consistenza in termini numerici. Un ulteriore ambito da tenere in considerazione è l’impatto che la notizia avrà sulla nazione, la capacità di un evento, cioè, di condizionare positivamente o negativamente gli interessi del Paese al quale il mezzo si rivolge.
Inoltre, la rilevanza è tanto maggiore quanto più grande è il numero di persone che la notizia coinvolge direttamente. Nel caso di eventi negativi, è stato rilevato come questo parametro sia condizionato dalla prossimità dell’accadimento. Un disastro che coinvolge un minor numero di persone, ma che avviene in un luogo geo-politicamente o culturalmente vicino, è più notiziabile di un evento analogo accaduto più lontano.
Un ultimo aspetto importante da considerare è la rilevanza del fatto in funzione degli sviluppi futuri. Questo fattore viene tenuto in considerazione quando un fatto ha una durata prolungata nel tempo. Basti pensare al Covid-19 e ai fiumi di parole versati su di esso.
Walter Lippmann e l’Opinione Pubblica
Walter Lippmann, noto giornalista americano degli anni ’20 e autore del libro dal titolo L’Opinione Pubblica, sosteneva che
“La creazione del consenso non è un’arte nuova. È un’arte vecchissima, che era stata data per morta quando apparve la democrazia, ma non è morta. La persuasione è diventata un’arte deliberata e un organo regolare del governo popolare. Nessuno di noi è in grado di vederne tutte le conseguenze, ma non è azzardato pensare che la conoscenza dei modi per creare il consenso altererà tutti i calcoli politici e modificherà tutte le premesse politiche”.
Secondo l’autore, nessuno conosce la realtà in prima persona; al contrario, tutti la percepiscono solo attraverso ciò che viene loro raccontato da terzi. Successivamente, ognuno elabora nella propria testa le immagini fornite dai media, che, a lungo andare, condizionano i soggetti nei rapporti con il mondo esterno. Questo meccanismo, talvolta, crea ostacoli tali da limitare la capacità di ciascuno di giudicare i fatti in maniera obiettiva e senza ansie. Infatti, la paura stessa degli eventi che abbiamo appreso attraverso i mezzi di comunicazione potrebbe, in qualche modo, “minacciare” la vita abituale.
La funzione del giornalismo
Da un lato, il giornalismo dovrebbe farci conoscere il mondo, ampliando in tal modo la nostra cultura; dall’altro, dovrebbe aiutarci nello svolgimento delle nostre mansioni quotidiane.
Poniamo un esempio concreto: se leggessimo un pezzo giornalistico su un personaggio storico o la recensione di un libro, sicuramente questi due elementi non ci aiuterebbero nella nostra vita di tutti i giorni, ma di certo farebbero bene all’anima, accrescerebbero la nostra conoscenza; se, invece, ci trovassimo di fronte a un articolo riguardante lavori di asfaltatura in una certa zona della città, questo ci farebbe desistere dal passare in quel determinato quartiere per evitare lunghe code.
Non bisogna scordare, in aggiunta, che il giornalista dovrebbe fungere da “cane da guardia del potere”. Sarebbe suo compito pungolare i governi, le amministrazioni e i politici, spingerli a svolgere più adeguatamente le loro funzioni, così da migliorare le condizioni di vita dei cittadini.
Ipotizziamo che ci sia una scuola materna che necessiti di lavori di manutenzione, che il Comune di riferimento sia alquanto latitante, sordo alle richieste dei genitori, o che addirittura non trovi il tempo di montare i giochi da giardino acquistati con i soldi dei genitori stessi. In questo caso, cosa dovrebbe fare un giornalista? Dovrebbe forse parlarne pubblicamente, in modo che il Comune in questione possa “giustificare” le proprie mancanze e darsi da fare per apportare delle migliorie.
Il giornalismo oggi
In questi ultimi mesi, tutti i quotidiani si sono concentrati sul Covid-19 e hanno offerto ai lettori ogni possibile risvolto sull’andamento della pandemia. Ma la domanda che mi sono posta spesso è la seguente: proprio tutto ciò che è stato scritto e detto era ed è utile per la nostra vita? O siamo tutti diventati bulimici di notizie, talvolta anche non del tutto vere o provate?
Qualche giorno fa, ascoltando il morning show di Radio 24 Uno, nessuno, 100Milan, condotto dal brillante e arguto Alessandro Milan, ho potuto riflettere approfonditamente sull’argomento, anche basandomi su alcune sue considerazioni. Non sarebbe meglio se, anziché far parlare ogni giorno innumerevoli virologi, che spesso si contraddicono fra loro creando panico e confusione nella popolazione, ne venisse scelto uno, uno soltanto, come portavoce di tutta la comunità scientifica? Ciò probabilmente calmerebbe gli animi dei già lungamente provati cittadini, che ormai non sanno più che pesci pigliare.
La seconda riflessione riguarda la quantità di notizie che tutti i giorni arrivano alle orecchie della popolazione. Personalmente, ritengo che spesso si usino titoli sensazionalistici per attirare l’attenzione dei lettori, senza tuttavia pensare al fatto che questi possano causare preoccupazioni inutili e dannose.
L’informazione dovrebbe essere dosata, misurata e in quantità sufficiente, in modo tale da confezionare una notizia appetitosa e digeribile. Se una serie di news diventa indigesta o suscita sentimenti ansiogeni, forse è meglio gustarla a piccole dosi o, ancora meglio, cambiare cibo per un po’. Anche la mente, a volte, ha bisogno di andare in vacanza. E… beata lei.