Gli eventi che seguirono la fine della Seconda Guerra Mondiale e il motivo per cui il 10 febbraio è divenuto il Giorno del Ricordo dei massacri delle foibe
Di: Marina Storti
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Nel 2005, gli italiani celebrarono per la prima volta il “Giorno del Ricordo”, in memoria dei ventimila connazionali torturati, assassinati e gettati nelle foibe dalle milizie della Jugoslavia di Tito alla fine della seconda guerra mondiale.
La fine della Guerra
Nel 1943, Mussolini decretò il proprio fallimento con lo scioglimento del Partito fascista, la resa dell’8 Settembre e lo sfaldamento delle Forze Armate. Al crollo del regime, i fascisti e gli italiani non comunisti furono considerati nemici del popolo, prima torturati e successivamente gettati nelle foibe. Si stima che persero la vita circa un migliaio di persone.
Inoltre, con il crollo del Terzo Reich, non rimase più nulla che potesse fermare gli uomini di Tito e la loro polizia segreta, l’OZNA. L’obiettivo era l’occupazione dei territori italiani: nel 1945, l’esercito jugoslavo occupò l’Istria e puntò verso Trieste, territori che erano stati negati alla Jugoslavia. La rabbia degli uomini di Tito diede origine, quindi, a una lotta di sangue, degna degli orrori rivoluzionari della Russia del periodo 1917-1919. Furono almeno 20mila le uccisioni di italiani tra il 1943 e il 1947; circa 250mila, invece, gli esuli italiani costretti a lasciare le proprie dimore.
Le vittime
Le uccisioni erano crudeli: i condannati venivano legati fra loro con un filo di ferro stretto ai polsi e schierati sugli argini delle foibe; quando aprivano il fuoco, colpivano solo i primi tre o quattro della catena, che, però, precipitando nell’abisso, trascinavano con sé gli altri sventurati. Quest’ultimi erano dunque condannati a sopravvivere per giorni sui fondali delle voragini, adagiati sui cadaveri dei compagni.
Ciononostante, il dramma si concluse il 10 febbraio 1947, con la firma del Trattato di pace di Parigi. Alla fine della conferenza di Parigi, l’Italia consegnò alla Jugoslavia numerose città e borghi a maggioranza italiana, rinunciando per sempre a Zara, alla Dalmazia, alle isole del Quarnaro, a Fiume, all’Istria e a parte della provincia di Gorizia.
Il Giorno del Ricordo
Come è possibile che questa tragedia sia stata relegata nell’oblio per quasi sessant’anni? In effetti, solo nel 2004 il Parlamento approvò la “Legge Menia”. La risposta si ritrova sicuramente in una decennale tacita complicità tra le forze politiche centriste e cattoliche, da una parte, e quelle di estrema sinistra, dall’altra.
Purtroppo, come spesso accade nei crimini più violenti verso l’umanità, ci fu chi negò i fatti: i comunisti negarono, appunto, fatti che rappresentavano un tabù di cui pochi osavano parlare. Ma a noi, posteri a cui rimangono testimonianze, documenti e immagini, è affidato il dovere di parlarne, non solo per non dimenticare, ma anche per impedire che si riverifichino.
“La memoria è determinante. È determinante perché io sono ricco di memorie e l’uomo che non ha memoria è un pover’uomo, perché essa dovrebbe arricchire la vita, dar diritto, far fare dei confronti, dar la possibilità di pensare ad errori o cose giuste fatte. Non si tratta di un esame di coscienza, ma di qualche cosa che va al di là, perché con la memoria si possono fare dei bilanci, delle considerazioni, delle scelte, perché credo che uno scrittore, un poeta, uno scienziato, un lettore, un agricoltore, un uomo, uno che non ha memoria è un pover’uomo. Non si tratta di ricordare la scadenza di una data, ma qualche cosa di più, che dà molto valore alla vita.”
– Mario Rigoni Stern
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