di Andrea Panziera

Penso che una giornata come venerdì 27 settembre rimarrà impressa abbastanza a lungo nella memoria non solo dei protagonisti ma anche dei comuni cittadini e dei rappresentanti delle Istituzioni. Più di un milione di giovani in ogni parte d’Italia sono scesi in piazza per rivendicare il loro diritto ad un futuro vivibile, reclamando provvedimenti immediati per porre un freno ad una deriva ambientale sempre più evidente e generalizzata.
Gli effetti dei cambiamenti climatici non risparmiano niente e nessuno, dalla Groenlandia alle Alpi, dalla popolazione asiatica a quella africana e sono uno dei principali motivi che spingono intere popolazioni a migrare verso luoghi all’apparenza meno compromessi. Il fenomeno assume ormai dimensioni planetarie e colpisce soprattutto chi già si trova in condizioni economico – sociali al limite del livello di sopravvivenza o addirittura sotto.
Ciononostante esistono ancora drappelli di negazionisti che si oppongono alle tesi della quasi totalità del mondo scientifico, contrapponendo agli studi dei più illustri accademici delle teorie che odorano in modo molesto e insopportabile di faziosità e difesa ad ogni costo degli interessi economici delle imprese più inquinanti e dannose per l’equilibrio dell’ecosistema. Così, eventi come lo scioglimento dei ghiacciai , l’innalzamento degli oceani, l’aumento delle temperature, il ripetersi di fenomeni atmosferici catastrofici, vengono derubricati come insignificanti accadimenti già verificatisi nelle precedenti ere geologiche,destinati col tempo a stabilizzarsi senza conseguenze apprezzabili. E allora, dato che per una parte non trascurabile del potere politico e relativi cortigiani le cose stanno certamente così, perché mettere in discussione un modello di sviluppo che prevede lo sfruttamento sempre più intensivo di tutte le risorse di un qualche valore economico? Perché abbandonare l’opportunità di trovare petrolio, gas naturale ed altre fonti di energia anche nei luoghi finora inesplorati, Poli inclusi? Perché chiudere le miniere quando è ancora possibile estrarre carbone in discreta quantità? Perché fermare la deforestazione dell’Amazzonia, se si ottiene dell’ottima terra a buon mercato da destinare a pascoli e colture? E chi se ne frega di qualche migliaio di nativi pidocchiosi e incivili; non sarà certo per salvaguardare il loro habitat che va ostacolata la forza inarrestabile del progresso! E soprattutto, con che diritto si vuole impedire ad uno Stato sovrano di assumere le decisioni che ritiene più confacenti ai suoi interessi? Tra le tante mi viene a mente una risposta: perché ogni generazione ha il dovere di garantire a quella successiva che farà di tutto per lasciarle in eredità un mondo non peggiore di come l’ha trovato e sta avvenendo esattamente il contrario. E poi, perdonatemi, preferisco di gran lunga marciare al fianco dei giovani gretini dal cuore verde e dal volto trasparente piuttosto che arruolarmi nelle milizie starnazzanti e paonazze guidate da attempati personaggi, a cui lascio a Voi piena libertà di aggettivazioni.!